Capitolo 13

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Giro la testa da una parte e dall'altra, cercando di riprendermi dal sonno. Sento un respiro atterrare sul mio viso e, lentamente, apro gli occhi. C'è una figura nera su di me che mi sta fissando. Spaventata, apro la bocca per gridare ma non ho nemmeno il tempo per farlo che sento due mani stringermi il collo. La mia gola si chiude all'istante, sempre di più, man mano che costui applica forza. Cerco di respirare, parlare, fare qualcosa ma quando muovo le gambe mi accorgo che quest'uomo è a cavalcioni sul mio stomaco. Le mie mani acquistano vita e vanno ad afferrare i polsi del mio assalitore. Il buio non mi permette di distinguere la sua figura, ma so esattamente chi è. Riconosco la sua forza, come le sue mani, i suoi ringhi e il suo odore.

È tornato.

Quando l'oppressione sul mio petto cresce sempre di più, gli graffio le mani con le unghie nel tentativo di liberarmi. Serra ancora di più la sua presa su di me, emettendo un suono rude di dolore. Mi lascia. Cerco di riprendere fiato ma non ci riesco. Cerco di tossire, ma sento le sue mani ancora su di me.

-Stupida disgraziata!- Lo sento lontano, ma credo abbia gridato.

La testa mista andando in fiamme e le mani, che tentano ancora di salvarmi dalla sua presa, sono gelide.

Non sento più nulla.


La tosse mi assale ed è così che mi risveglio. Una lieve luce filtra dalla finestra e illumina di poco la stanza. Lentamente, mi metto seduta e respiro affannosamente. È quando deglutisco che il dolore incomincia a farsi sentire. Come se, di nuovo, qualcuno mi stesse stringendo alla gola. Muovo un po' la testa, ma fermo immediatamente i miei movimenti. Mi giro verso il comodino e prendo il cellulare per vederne l'orario e, cavolo, sto facendo tardissimo. Mi alzo in fretta e vado verso l'armadio: opto per un jeans blu e una camicetta nera a fiori rosa e rossi ma, quando arrivo in bagno e mi guardo allo specchio, sono costretta a tornare indietro. Faccio un grido soffocato dal dolore e mi tappo la bocca. I miei occhi spalancati fissano il mio collo, sulla quale sono ben visibili i segni violacei delle dita del mio Uomo e al centro un unico livido. Tremando, con le lacrime agli occhi, torno all'armadio e prendo un maglioncino rosso col collo alto.

Mi preparo il più veloce possibile ed esco di casa con un pensiero in mentre:

Voleva davvero uccidermi?


Arrivo in classe quando la lezione di Matematica è quasi finita, ma la professoressa si distrae dalla rabbia quando le consegno il quaderno con tutti gli esercizi svolti correttamente e con ordine.

Durante il cambio d'ora, Lucia butta qualcosa nel pattume per poi fermarsi al mio banco.

-Come mai in ritardo?

-Oh, Dio –Mi lamento, coprendomi gli occhi con le mani- Stamattina mi sono svegliata tardissimo. Credo di non aver nemmeno messo la sveglia ieri sera –Torno a guardarla- Ti stanno bene i capelli lisci. Ti fanno... diversa- Le sorrido.

-Lascia stare –Mi ferma, esasperata- Mi sono svegliata alle cinque per farmeli. Ci ho messo due fottutissime ore.

-Ci credo.

-La prossima volta li lascio ricci. Ma... -Mi fissa, incuriosita- questa voce da fumatrice? Da dove l'hai tirata fuori?

-Mi... -Tossisco- Mi fa malissimo la gola. Devo aver preso freddo ieri- Distolgo lo sguardo dal suo per guardarmi un po' in giro.

-Sestai cercando il tuo ragazzo, –Sospira- è in fondo alla classe cheti guarda mentre Francesco gli sta parlando.

'Francesco gli sta parlando'.

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