Epilogo

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A mio padre non bastava il suo ricordo per dimenticare il passato, perché aveva bisogno di lei, l'unica persona che aveva davvero amato e che ormai non c'era più: Mia, sua sorella.

Ricordo ancora quando, compiuti i miei quindici anni, mio padre mi raccontò la storia due giovani innamorati che spendevano la loro vita a trovare i soldi per comprare le anfetamine con la quale avrebbero vissuto i loro momenti d'amore più intensi. Si ritrovavano in stanze grigie e di luce opaca, con la musica alta della radio accesa, bevevano vodka e mantenevano il laccio al braccio per iniettarsi quel veleno chiamato droga. Più spesso però si facevano di cocaina sotto forma di compresse, perché avevano sentito di un amico alla quale era venuta un'infezione al braccio per via della siringa.

Allora che prendevano la cocaina e la bevevano, una goccia d'acqua cadeva a terra, le loro pupille si dilatavano e presi da una sorta d'euforia, quando tutto andava bene, iniziavano a ballare a ritmo di musica con movimenti sciolti e disinvolti per la fatica e probabilmente per la perdita d'equilibrio da sballo.

Quando la luce diventava sempre più insopportabile alla vista, pian piano si fermavano e l'euforia svaniva per lasciare spazio ad una loquacità che faceva parlare loro della vita come fossero apprendisti filosofi. Ricordavano la dura severità del loro padre come una menzogna e l'innocenza della madre come pura cattiveria. Si domandavano per quanto tempo ancora dovevano vivere con i genitori per poi ricordarsi che Andrea, mio padre, aveva già un'abitazione e che Mia viveva in quelle quattro mura sudice momenti di spensieratezza unici, lontano dai famigliari e al sicuro da ingiuste prediche.

Lentamente, Mia andava consumandosi, con una figlia fra le sue braccia, continuava a lasciarsi andare tante volte fino a quando non lasciò andare me e mio padre per sempre. Lei si innalzò al cielo senza mai raggiungerlo; lui rimase in terra a fare i conti con il presente senza sua sorella da proteggere, che forse non aveva mai protetto. Guardandomi negli occhi dolci e trasparenti, lui mi parlava di lei ogni giorno, tenendomi sul letto e dimenticandosi che il suo spacciatore era fuori dalla porta di casa per vendergli altra droga. Pian piano, o quasi, spostò la sua dedizione completamente su di me, venerandomi proprio come faceva con Mia quand'erano di più tenera età.

Crescendo, ho capito che mio padre teneva qualcosa dentro di sé che gli impediva di andare avanti nel presente, che lo teneva bloccato nel passato a quando Mia era ancora viva.


Una leggera scossa risveglia i miei muscoli doloranti. Apro lentamente gli occhi, mi ritrovo sul letto e mi chiedo che cosa sia successo. Guardo l'orologio e mi rendo conto che è pomeriggio tardi. Poi mi giro dall'altra parte e vedo la schiena di mio padre prese dalle convulsioni per il leggero pianto che sta riempiendo la stanza di tristi lamenti. Mi avvicino a lui, gli poso una mano sul braccio egli do un bacio sulla guancia. Lui mi prende la mano e si gira, le da un lieve bacio sul palmo. Gli accarezzo la fronte.

Nei miei 10 anni di vita l'ho visto piangere tre volte e ogni volta è sempre più brutto, sempre più cupo.

Cosa posso fare, papà, per farti smettere e renderti felice?

Perché piangi, papà?

Mi si spezza il cuore: i suoi occhi lucidi mi guardano ed è spaventato. Perché sei spaventato, mio eroe?

-Sh... Tranquillo, papà.

Sorrido.

-Era solo un brutto sogno. Solo un brutto sogno.

Quello che vidi nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora