Capitolo 11

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Metto via i libri in modo meccanico, senza nemmeno prestare attenzione al titolo o se siano o meno di mia conoscenza. Non è da me, decisamente. Di solito mi appunto ogni titolo sconosciuto che contenga una trama che mi appassiona, accarezzo il libro prima di riporlo e resto a guardarlo per qualche secondo con gli occhi che brillano. Forse è un po' patetico, nemmeno infantile, ma proprio patetico e problematico, aggiungerei, ma mi viene naturale, per me è come se ognuno di questi volumi celasse una miniera d'oro, mi sento in dovere di proteggerla e mi sento fortunata a poterla tenere tra le mani. Ma oggi sono in un altro pianeta, completamente. Certo, mi capita spesso di viaggiare un po' tra le nuvole, raggiungendo pensieri, idee che probabilmente resteranno per sempre irraggiungibili nonostante la mia determinazione. Ma oggi è diverso, sto letteralmente vivendo un sogno da cui ho paura di svegliarmi da un momento all'altro e ne sono terrorizzata. Continuo a cercare ossessivamente il contratto nella borsa, con la paura che possa sparire da un momento all'altro e intanto mi interrogo su come tutto questo possa essere anche solo possibile.

«A cosa pensi?» mi chiede Riccardo facendomi sobbalzare.

Alzo la testa dagli scatoloni e ritorno alla realtà. Lui è appoggiato al muro e mi osserva. Chissà da quanto tempo è fermo lì. Mi sorride e la sua espressione non è rancorosa o arrabbiata, presumo non ce l'abbia con me per la sera in discoteca. Non mi sono ancora scusata con lui anche se non so bene il perché, ho cercato di evitarlo il più possibile. Mi sento strana quando c'è lui nei paraggi, sento qualcosa che non so spiegare, che non ho mai provato prima e che di certo non è niente di buono e positivo. Aspetta che gli risponda, sempre con quell'aria rilassata in volto e quegli occhi che esprimono tanta purezza che sarebbe impossibile mentirgli.

«Oh ciao, non ti avevo visto» dico solo.

Lui si avvicina e si siede accanto a me, sul pavimento. Abbiamo tutti una postazione su cui lavorare ma non so perché ma io preferisco stare seduta per terra, nell'orario dopo la chiusura, è come se mi sentissi una principessa nel suo palazzo magico colmo dei tesori più preziosi e voglio esserne sommersa, voglio che mi avvolgano completamente. Sicuramente un altro mio comportamento poco usuale, se voglio essere carina con me stessa definendolo così, ma più di tanto non mi importa, perché mi fa sentire me stessa e soprattutto felice.

Fingo di non prestargli attenzione e continuo a sistemare i libri ma lui mi posa la sua mano sulla mia, come a dirmi di fermarmi e non so perchè ma al solo percepire quel tocco mi blocco, in quel preciso instante. Tengo ancora in mano un libro, ha la copertina con sopra disegnato un gatto, presumo sia un libro per bambini ma non ci do molta importanza. Guardo prima la mia mano, coperta dalla sua e poi mi volto verso di lui, mi sorride, tranquillo, ancora. E' piuttosto frustrante vederlo sempre così calmo e positivo, sembra quasi non provenga da questo Pianeta.

«Puoi parlare con me» dice soltanto.

Distolgo nuovamente lo sguardo dal suo volto e torno ad armeggiare coi libri.

«Non ho niente da dire» rispondo.

«Davvero? Perché ti comporti così adesso?»

«Così come scusa?» rispondo evitando il suo sguardo.

«Così da stronza, insomma cosa ti ho fatto?»

A sentire quelle parole mi volto verso di lui. "Finalmente" avrei voluto dirgli, "finalmente hai fatto cadere quella facciata da mi scivola tutto addosso e sono sempre tranquillo, felice e gentile con tutti." Ma invece dico:

«Mi disp...ah al diavolo, hai capito cosa voglio dire»

«Sì, ma non voglio le tue scuse, solo sapere che cosa è successo»

«Niente, assolutamente niente. Sono solo un po' stressata, a contrario tuo a quanto pare, ma come fai ad essere sempre così tranquillo?»

«Non sono...aspetta, non ci provare. Non sposteremo l'argomento su di me. Vuoi dirmi che ti succede?»

Come un'illusioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora