Capitolo 15

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La tempesta che si era abbattuta su Londra durante la notte sembrò attenuarsi qualche ora prima dell'alba, giusto in tempo per permettere al nuovo giorno di ripresentarsi timidamente, senza troppe pretese di illuminare quella che si prospettava una mattinata grigia e malinconica.

Quando sentì i colpi battere sulla porta in legno massiccio, James si alzò in piedi come se sotto la schiena lo avessero trattenuto delle molle cariche, pronte a farlo scattare in qualsiasi istante. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, tormentato dal bisogno costante di guardarsi le spalle, anche da se stesso se necessario. Non fosse stato per quel dannato temporale, avrebbe preferito guidare per ore fino a casa nel buio della notte, ma morire in un fosso schiacciato dalla sua stessa auto non gli era sembrata una fine degna del suo nome.

Un brivido corse lungo la sua schiena, sentendosi quasi soddisfatto di se stesso. Essere sempre un passo avanti lo illudeva di essere il padrone del suo destino, dandogli parte del controllo della situazione di cui aveva disperatamente bisogno. Impugnò la pistola che aveva lasciato sul comodino a fianco del letto, carica e pronta ad agire. Altri due colpi alla porta, più flebili rispetto ai primi tre. Diede due mandate decise alla serratura, aprendo un piccolo spiraglio tra lui e chiunque lo cercasse, quel tanto che il pesante catenaccio di metallo gli permetteva.

Hanna riuscì a scorgere i suoi occhi azzurri, illuminati dalla luce soffusa proveniente dalla abat jour nella sua stanza. Non le sfuggì neppure il luccichio del metallo provenire dalla canna della pistola. Quando James la riconobbe, spalancò per qualche secondo lo sguardo, per poi aggrottare la fronte: un misto di disappunto e confusione. La scrutò per qualche altro istante, per poi chiuderle la porta in faccia.

Hanna per poco non sobbalzò all'indietro, sentendo il freddo accumulato durante la notte sotto la pioggia calarle addosso. Una serie di brividi le percossero tutto il corpo, come a volerla risvegliare dalla sua folle idea. Se James non l'avesse aiutata, a chi avrebbe potuto rivolgersi? A Jana? Charley? Chi altro sarebbe stato disposto a sobbarcarsi il peso che rappresentava? Sentì lo stomaco contorcersi in una morsa invisibile, quasi si stesse ribellando dentro il suo corpo. Si costrinse a non andare nel panico, così di accovacciò di fronte alla porta di James, in attesa che uscisse. Lo avrebbe affrontato, forse anche implorato di aiutarla, ma qualche secondo dopo, lo sentì armeggiare con il catenaccio della porta.

Si trovarono nuovamente faccia a faccia, così come sole poche ore prima. Lui la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulla valigia bloccata tra le sue gambe. Probabilmente avrebbe pensato che fosse impazzita, e se anche lo fece, fu bravo a tenerselo per sé. James si affacciò nel corridoio, scrutando le altre due porte adiacenti alla sua. Erano chiuse, probabilmente vuote. Si assicurò più volte che non ci fosse nessuno, come se si aspettasse una qualsiasi sorta di trappola. Quando fu soddisfatto, le fece cenno di entrare, per poi richiudere di nuovo la porta della stanza con meticolosa cura.

«Forse chiedo troppo, ma saresti così gentile da spiegarmi che cosa ci fai qui?»

Hanna si scontrò con il suo stesso riflesso nello specchio appeso all'armadio, trattenendosi dal sussultare. Aveva i capelli crespi e disordinati, i vestiti ancora umidi di pioggia, la pelle tanto pallida da essere quasi cadaverica. Era un disastro, ma in quel momento il suo aspetto sarebbe passato in secondo piano. Senza neppure chiedere il permesso, si lasciò cadere sul bordo del letto, ancora ben rifatto, sentendosi tremendamente stanca.

«Me ne sono andata.»

James batte le palpebre lentamente, come a volersi prendere il tempo per elaborare quella nuova informazione. Hanna si era immaginata di dovergli spiegare ogni cosa, in dovere di giustificare quella sua folle scelta, ma dal suo sguardo, capì che non ce ne fosse bisogno. James non era Charley, non aveva bisogno di spiegazioni.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 26, 2021 ⏰

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