Capitolo 16

13 2 0
                                    

Il primo appartamento che visitammo sembrò a tutti troppo piccolo e Christopher sosteneva che il riscaldamento era talmente malandato che non era sicuramente a norma. Il secondo invece ci piacque così tanto che chiamai il proprietario e lo affittai a tempo indeterminato pagando i primi tre mesi di affitto mentre Christopher pagò i tre successivi così che Carl avrebbe dovuto pagare le bollette soltanto per sei mesi. L'appartamento era al secondo piano del palazzo munito di ascensore ed era completamente arredato, aveva un bagno e una camera da letto, una cucina e un salotto openspace, uno sgabuzzino e una piccola stanza che avrebbe potuto usare per qualsiasi svago, lui diceva di volerci mettere una libreria.
<Dobbiamo andare a prendere la mia roba dall'hotel, così posso sistemarla qui> disse Carl parlando con Christopher, il quale annuì spostando lo sguardo su di me.
<Voi andate, io do una spolverata qui, così quando arrivate dovrai solo riporre le tue cose nell'armadio> li tranquillizzai e poi avrebbero anche avuto modo di parlare liberamente senza di me a portata d'orecchio. Christopher prese la giacca e in gesto fluido se la infilò impedendomi di continuare ad ammirare i suoi bicipiti eroticamente grossi. Uscirono di casa e mi lasciarono nella nuova casa di Carl ad occuparmi delle pulizie. Scesi e andai nel supermercato accanto a comprare del detersivo per i pavimenti, un moccio, una scopa, dello sgrassatore e qualche prodotto che rimuovesse la polvere dal legno, visto che tutti i mobili dell'appartamento erano in mogano. Con le mani piene di sporte della spesa, la scopa e il moccio presi l'ascensore e salii nell'appartamento con le chiavi che mi avevano lasciato e cominciai a spazzare raccogliendo tutta la polvere che si era accumulata sulle piastrelle bianche. Accesi la musica sul mio mp3 che portavo sempre in borsa e lo posai sul tavolo lasciando che Justin Timberlake mi facesse compagnia. Dopo che terminai di spazzare in tutta la casa passai il moccio con il detersivo che odorava di menta dando all'appartamento un odore di freschezza a dir poco spettacolare, tutte le finestre e il balcone erano aperti lasciando che il pavimento si asciugasse con più rapidità. Mi ricordai che non avevo preso il detersivo per il bagno e scesi di nuovo nel supermercato sotto il palazzo e rimediai, l'mp3 cambiò genere musicale passando a LeAnn Rimes e mentre pulivo il bagno partì Can't Fight The Moonlight e cominciai ad urlare a squarcia gola intonando le sue parole. Amavo quella canzone. Stavo ballando fingendo che la scopa mi facesse da microfono quando alle mie spalle sentii delle fragorose risate e mi girai di scatto sorprendendo Carl e Christopher a fissarmi divertiti e tutti il mio sangue affluì sulle mie guance facendomi arrossire senza ritegno, Carl sussurrò qualcosa nell'orecchio del figlio che mi guardò e tornò serio lasciandosi sfuggire un quasi accennato sorriso, mi chiesi cosa avrebbe mai potuto dirgli, ma non glielo avrei certamente chiesto.
<Questa casa risplende July> disse Carl in tono sorpreso.
<Non dovevi> aggiunse. Spensi l'mp3 e riposi la scopa nello sgabuzzino.
<Mi sono divertita> lo rassicurai sorridendo, Christopher raggiunse il padre posando sul tavolo una busta ricolma di piatti, bicchieri e posate di plastica.
<Lo abbiamo notato> sospirò con tono scherzoso. Arrossii ancora, in sua presenza non facevo altro ormai. Gli feci la linguaccia e lui alzò un sopracciglio scatenando la risata di Carl che si sedette sul divano cercando di tornare serio. Era stata una bella giornata, una giornata che mi aveva aiutata a dimenticare tutti i problemi per un po' e mi aveva fatto vivere una normalità decisamente felice.
<Dovrei tornare al campus adesso, chiamo un taxi> informai i due uomini allontanandomi dalla cucina e dirigendomi verso quella stanza che Carl era deciso a trasformare in una libreria. Composi il numero, ma Christopher mi prese il cellulare dalla mano e lo cancellò tornando a guardarmi.
<Ti accompagno io, hai già speso abbastanza> dichiarò ridandomi il cellulare. Il suo viso era teso, come se fosse tornato ad essere arrabbiato e tutta quella gioia che aveva sul viso mentre rideva di me fosse sparita, dissolta nel tramonto.
<Non devi> dissi.
<Voglio> rispose uscendo dalla stanza e prendendo la giacca di pelle nera. Carl si alzò dal divano e ci venne incontro accompagnandoci alla porta del suo nuovo appartamento.
<Ciao ragazzi> disse abbracciandoci, mi sorrise e mi ringraziò mentre Christopher varcava la soglia della porta, lo seguii e Carl richiuse la porta. Era arrivato il momento che temevo di più, il restare da sola con lui che sarebbe tornato ad odiarmi con facilità molto sicuramente. Mi aprì la portiera della sua auto in un silenzio spaventoso ed io salii lasciando che fosse lui a richiudere la porta. Salì anche lui e mise in modo continuando a stare in silenzio, cominciai a chiedermi se mi avrebbe rivolto la parola e mi risposi da sola capendo che toccava a me parlare.
<Mi dispiace> sospirai guardandolo mentre serrava la mascella. Non rispose e continuò a guidare, la strada era lunga fino al campus e non avevo intenzione di passarla tutta in un silenzio così poco piacevole.
<Parlami ti prego> lo implorai continuando a guardarlo, spostò lo sguardo su di me ed io gli sorrisi con sguardo innocente, inizialmente non sembrò ricambiare, ma poi il suo sguardo si addolcì facendomi sobbalzare sul sedile, sembrava quasi che si sentisse in colpa per qualcosa.
<Per cosa esattamente?> mi domandò riferendosi alle mie scuse. Certo, avevo molte cose da farmi perdonare. Alzai gli occhi al cielo perché sapevo esattamente cosa stava cercando di fare, voleva che gli elencassi tutti i motivi per i quali mi dispiaceva.
<Per aver portato qui tuo padre senza dirtelo, per averti lasciato andar via quando Nathan si era presentato alla mia porta, per aver pensato che fossi tu a spacciare droga, ma soprattutto per averti detto quelle cose> sospirai <cose che non pensavo assolutamente> aggiunsi. Si fermò l semaforo rosso e si voltò a guardarmi facendomi arrossire ancora. Non riuscivo a decifrare il suo sguardo, non riuscivo a capire cosa stesse pensando e fu una cosa che mi diede abbastanza fastidio visto che con Nathan non succedeva mai, sapevo esattamente cosa pensava.
<Hai dormito nel mio letto?> chiese cogliendomi alla sprovvista. Aggrottai le sopracciglia chiedendomi perché quella domanda, lui alzò un sopracciglio attendendo una risposta.
<Sì> affermai colpevole.
<Era comodo e ho cambiato le lenzuola se questo ti può consolare> aggiunsi, cercando di tranquillizzarlo visto che aveva ancora la mascella serrata. Sorrise.
<No, non mi consola> rispose.
<Non ho nessuna malattia grave, non capisco quale sia il problema> mormorai mentre lui ripartiva nella luce verde del semaforo mentre il buio cominciava ad avvolgere la città.
<Oh non capiresti il problema neanche volendo Scricciolo> il mio cuore saltò un battito, erano passate solo due settimane eppure mi era mancato tutto questo, tutto quanto di lui mi era incredibilmente mancato.
<Spiegamelo> lo esortai.
<Il fatto che tu abbia dormito nel mio letto d'infanzia mi eccita, da morire> impallidii smettendo di respirare, una strana sensazione mi invase lo stomaco e un sorriso ebete minacciava di spuntarmi sulla faccia, ma feci di tutto per trattenerlo.
<Perché non ho nessuna malattia grave?> chiesi sussurrando imbarazzata. "Ma che razza di domande fai?" chiese la mia vocina interiore sempre pronta a farmi sentire una stupida. Rise cambiando marcia.
<Perché sei tu> e questa che razza di risposta era? Probabilmente se fosse stata Ashley a dormire nel suo letto si sarebbe eccitato di più.
<Ashley come sta?> domandai cercando di cambiare argomento. Christopher tornò a guardarmi con uno sguardo interrogativo e assente.
<Perché mi chiedi sempre come sta? Se vuoi proprio saperlo chiedilo a lei> dichiarò tornando a guardare la strada, ormai il buio era ovunque e i fanali dell'automobile illuminavano la strada accompagnati dai fanali delle altre auto.
<Beh, mi sembrate molto intimi, perciò chiedo a te> lo informai. Come, non era evidente che erano intimi?
<Non siamo intimi, ci ho fatto sesso un paio di volte tutto qui> disse in totale tranquillità, rabbrividii ricordando le immagini di loro due nel bagno dei ragazzi. La conversazione prese una piega fin troppo spiacevole per il mio povero cuore. Appoggiai la testa al finestrino cominciando ad osservare le altre auto e i paesaggi che offriva la bella San Francisco.
<Cosa ti ha sussurrato tuo padre prima?> cedetti alla curiosità e sbottai con quella domanda. Un piccolo sorriso innocente e sincero gli illuminò il volto arrivando agli occhi, forse non avrei dovuto fare quella domanda, probabilmente era una cosa tra loro.
<Che sei una ragazza da sposare> rispose tornando serio e ingranando la marcia. Sbiancai all'idea che Carl si era fatto della situazione, sicuramente non immaginava quanto fosse complicata la situazione, probabilmente non lo immaginava nemmeno lo stesso Christopher, nessuno dei due poteva sapere che Juliet non ero davvero io e probabilmente nessuno dei due mi avrebbe più guardata in faccia se avessi ammesso che durante quel periodo avevo mentito su chi realmente fossi ed ero scappata tre anni fa da una realtà che con la consapevolezza di oggi avrei affrontato.
<Mi dispiace che si sia fatto questa idea di... noi> balbettai e lui serrò ancora la mascella.
<Già, certo che ti dispiace, tu sei alla ricerca di un Nathan solo un po' meno noioso> fece un sorriso amaro e afferrò il volante con entrambe le mani stringendolo talmente forte che le nocche gli diventarono bianche come quando mi aveva afferrato per il polso quel pomeriggio.
<Accosta> gli intimai, si voltò verso di me con aria scombussolata.
<Accosta> replicai con tono più duro e deciso. Christopher si fermò nel parcheggio di un supermercato chiuso ed io scesi dalla macchina sbattendo la portiera alle mie spalle. Cominciai a camminare su e giù per il parcheggio vuoto mentre le persone che passeggiavano nel marciapiede mi osservavano incuriosite, Christopher scese ance lui dalla macchina, la chiuse a chiave e venne verso di me.
<Cosa succede?> chiese mentre io continuavo a camminare avanti e indietro cercando un modo per fargli capire che non volevo Nathan, che volevo lui, ma non potevo perché ero una bugiarda, perché non ero la persona che lui credeva che io fossi, volevo essere convincente, ma non avevo idea di come riuscirci.
<Scricciolo, cosa succede?> ribadì piantandosi davanti a me e scrutandomi intensamente. Cercai le parole che mi erano rimaste intrappolate in gola, provai a spostarmi, ma lui mi aveva incatenato con lo sguardo ed era troppo vicino perché io potessi formulare una frase senza boccheggiare o balbettare. Feci un passo indietro e lui ne fece uno avanti. Alzai gli occhi al cielo, non mi stava affatto aiutando.
<Non voglio nessun Nathan> urlai facendo un altro passo indietro. Spalancò gli occhi e mi raggiunse velocemente, certo, lui era lato non sarebbe stato un problema per lui avvicinarsi così.
<E allora cosa vuoi?> disse continuando ad avvicinarsi, questa volta restai ferma anche perché dietro di me c'era la macchina e non avrei avuto modi di continuare ad indietreggiare. Abbassai lo sguardo.
<Non lo so> mentii. Christopher continuò ad avvicinarsi sempre più lentamente fino ad essere talmente vicino che potei aspirare il suo profumi divino misto al fantastico odore della schiuma da barba.
<Sì che lo sai> sussurrò appoggiando la sua fronte alla mia. Sostenni il suo sguardo mentre le mie gambe minacciavano di cedere, leggendomi nel pensiero mi avvolse il braccio attorno ai fianchi circondandomi completamente e non permettendomi di fuggire o di muovermi o anche solo di respirare.
<Dimmelo Juliet, che cosa vuoi?> eh sì, in quel momento sembrava proprio un Christian Grey con gli occhi verde prato. Mi venne da ridere, ma visto il momento inopportuno mi trattenni e abbassai lo sguardo per poi pentirmi e tornare a guardarlo.
<Voglio solo essere felice, ma non ci riesco> confessai, serrò la mascella ma non si mosse e continuò a fissarmi con quel suo sguardo imperscrutabile.
<Perché non ci riesci?> chiese interrompendo il contatto tra le nostre fronti. No, no, no torna qui ti prego, pensai mentre si allontanava definitivamente da me. Fui io stavolta ad avvicinarmi a lui che aveva assunto un'aria ostile. Proseguii ad avvicinarmi continuando a mantenere i miei occhi nei suoi.
<Perché non ho te> sbottai mentre lui abbassava lo sguardo. Tornò di scatto a guardarmi come se avessi appena detto la sciocchezza più grande dell'universo. Smise di indietreggiare e mi inchiodò con lo sguardo facendomi quasi paura.
<Io non posso renderti felice, non so come si fa, non so nemmeno come rendere felice me stesso> rispose. L'aria in quel parcheggio si fece sempre più fredda e lo stesso freddo che novembre portava con sé lo vidi negli occhi del ragazzo di cui mi stavo innamorando per davvero.
<Tu che cosa vuoi Christopher, dimmelo tu cosa vuoi?> gli chiesi, nel pronunciare il suo nome per intero serrò la mascella, ma poi abbassò lo sguardo riflettendo e tornò a guardarmi con quel suo sguardo seducente e terribilmente meraviglioso.
<Voglio te, nella mia vita voglio te> disse alzando gli occhi al cielo e ridendo di sé stesso nervosamente. Quelle parole mi entrarono dentro senza chiedermi il permesso e lasciandomi di stucco. Possibile che entrambi volessimo le stesse cose e nessuno dei due avesse il coraggio di prendersele. Dovevo parlargli di Claire, dei miei genitori, dovevo raccontargli tutto altrimenti non avrei potuto vivermi lui come volevo e lo volevo, volevo vivere Christopher Hope più di qualsiasi altra cosa. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai più forte che potei, lui si irrigidì e poi ricambiò il mio abbraccio avido d'amore con la stessa avidità. Avevo dato per scontate troppe cose nel corso della mia vita, cose che puntualmente avevo perso e non avevo la minima intenzione di perdere quel ragazzo, non avrei mai permesso che qualcuno me lo portasse via, nemmeno il mio passato. Smisi di pensare a Brandon, a Camille, a mia madre, a mio padre, smisi di pensare a Nathan, a Carl e smisi di pensare a me. Mi concentrai ad imprimere nel mio cervello e nel mio cuore la sensazione che provavo nel stare tra le sue bracci perché sapevo che dopo che la verità sarebbe venuta fuori lui mi avrebbe evitata come la peste visto che non avevo fatto altro che mentire sulla mia identità. Sciolsi quell'abbraccio prendendogli la testa tra le mani e lo baciai con tutta l'avidità che c'era dentro di me, ero avida, avida di lui e della sua essenza. Arretrammo di qualche metro finchè la mia schiena non tornò contro la sua auto, le nostre labbra erano infuocate e lo stesso calore che si propagavano a vicenda mi arrivò fino all punta dell'alluce, gli tirai i capelli spingendolo verso di me, non avendo mai abbastanza di lui, non c'era più alcun dubbio, lo volevo, certo che lo volevo come avrei potuto non volerlo. Era bello come il sole, intelligente, misterioso e stronzo, mi faceva battere il cuore talmente forte che minacciava di uscirmi dal petto ogni volta che mi guardava, che mi sfiorava, che mi toccava, ogni volta che lo pensavo. Mi baciò con forza come se avesse un disperato bisogno di me, di questo, gli infilai una mano fredda tra la giacca di pelle e la maglietta nera sfruttando il suo calore, mentre l'altra mano era ancora tra i suoi riccioli scuri. Ansimò nella mia bocca quando il freddo della mia mano venne a contatto con il suo corpo stuzzicando ogni corda del mio essere. Impressi nella mia testa ogni singola sensazione anche di quel momento e staccai le mie labbra dalle sue respirando profondamente e sentendo subito la mancanza della sua bocca sulla mia. La sensazione delle sue dita premute a forza contro i miei fianchi restò anche quando rilassò i muscoli lascandomi salire in macchina. Salì anche lui dopo qualche minuto, entrambi stavamo ancora respirando affannosamente e fuori il buio si ere impadronito della città di Berkeley senza pietà.
<Devi parlare con tuo fratello> disse Christopher rompendo il silenzio che era spiccato nell'abitacolo. Brandon, certo, dovevo parlargli.
<Non fermarti al campus allora> risposi tranquillamente. Presi il cellulare dalla borsa e chiamai Camille dicendole che sarei tornata tardi visto che stavo raggiungendo Brandon e avevamo tante cose di cui parlare, la avvisai che probabilmente non sarei tornata affatto. Christopher si accigliò quando chiusi la telefonata con quell'affermazione.
<Rimani a dormire?> chiese dubbioso.
<Beh, tecnicamente è anche casa mia> lo informai ricordando che sul contratto Brandon aveva fatto mettere anche il mio nome.
<Lo so, ma il divano è scomodo> protestò.
<Non dovrai dormire sul divano Chris>
<Lo so, ma non voglio che ci dorma tu, dormirai con me se vuoi restare> sbarrai gli occhi, dormire con lui? Cosa? Perché? Oddio no.
<Perché?> balbettai.
<Perché io non dormirò sul divano e tu nemmeno, quindi avendo un letto grande ci stiamo in due. Tuo fratello ha un letto grande anche lui, ma non dormirai con lui anche se è tu fratello> reclamò. Sorrisi al pensiero che non voleva che dormissi con un altro ragazzo, nemmeno mio fratello.
<Dormiremo e basta> gli intimai. Gli si dipinse un sorriso ebete sulla faccia.
<Certo, che altro potremmo mai fare?> chiese guardandomi divertito. Sostenni il suo sguardo e alzai le sopracciglia cercando di ricordargli cosa fanno i ragazzi e le ragazze trovandosi nello stesso letto, al buio, di notte.
<Non farò sesso con te Scricciolo> dichiarò tornando a guardare la strada. Sbiancai, non mi trovava attraente per caso? Nathan diceva che lo ero. Lo guardai torva.
<Mi piaci troppo per farlo così> "mi piaci troppo anche tu" disse la mia voce interiore ed io annuii.
<La tua vocina interiore?> chiese. Lo guardai e annuii anche a lui. Ricordandomi che gliene avevo parlato quando ero ubriaca, ma lui non voleva dirmi cosa gli avevo detto.
Stronzo.

Non è logica è istinto Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora