Camille partì con due ore di ritardo rispetto all'orario previsto per la partenza e mi ci volle un'ora e mezza per convincerla ad andare anche senza di me. Brandon era arrivato poco dopo con un mazzo di margherite (il mio fiore preferito) per scusarsi, ma dopotutto non nulla di cui preoccuparsi visto che la colpa era solo mia. Tirai su col naso un paio di volte e poi mi alzai dal letto cercando nell'armadio di Camille il pigiama di flanella che ha sempre accompagnato noi ragazze nel cammino attraverso la depressione. Abbassai tutte le tapparelle, incapace di sopportare quella luce che rispecchiava l'esatto opposto del mio umore. Più giravo per la stanza e più mi sentivo un pattume ambulante, ma il lato divertente della cosa era che avevo immaginato già tutto, avevo visto nella mia mente dozzine di scenari possibili di Christopher che scopriva la verità, ma quello che era successo era molto lontano da ciò che avevo immaginato. Non saprei descrivere il modo in cui mi sentivo, perché onestamente non lo sapevo nemmeno io, l'unica cosa che ero in grado di descrivere era la totale assenza di lacrime. Forse il dolore era troppo forte, forse ero caduta in profondo senso di apatia o forse sapendo che la colpa era mia stavo già cercando di andare avanti e perdonarmi con quel senso di preservare me stessa che mi accompagnava dalla nascita.
Sentii il cellulare trillare e sapendo che era solo Camille che voleva assicurarsi che stessi bene lo lasciai squillare pensando di mandarle un messaggio più tardi, ma quando presi in mano il cellulare per fare ciò che avevo programmato notai che sulla schermata era apparso un messaggio da un numero sconosciuto.Numero sconosciuto 12:03 p.m.
Sono James Turner, mi perdoni per il disturbo. Volevo avvisarla che sono in città per affari e pensavo di illustrarle personalmente il contratto di cui abbiamo parlato via mail.Sobbalzai e corsi davanti allo specchio per studiare la situazione, due occhiaie gigantesche mi circondavano gli occhi color petrolio e le guance rosse donavano al mio viso un aspetto imbarazzato. Il cellulare trillò di nuovo riscuotendomi dai pensieri e corsi a rispondere a Mr Turner.
Camille 12:13 p.m.
Mia madre mi ha detto di dirti che le manchi e mio padre aveva già portato delle Margherita nella stanza degli ospiti come benvenuto e tu hai osato lasciarli insoddisfatti e lasciare me in questo manicomio che sarebbe sopportabile solo in tua presenza. AIUTO!!!Sorrisi, sapendo che l'intento del messaggio era proprio quello, ma fu un sorriso che durò solo qualche secondo e poi tornai alla normalità del vuoto con cui dovevo imparare a convivere.
A Camille 12:15 p.m.
Sto bene e mi hai fatta sorridere, contenta? Ora smetti di lagnarti e corri dai tuoi fantastici genitori. VIVA I THOMPSON!!!Le intimai e poi tornai al messaggio di Mr Turner a cui dovevo ancora rispondere. Registrai il suo numero in rubrica leggermente titubante sul nome da scrivere, ma alla fine optai per James Turner, dopotutto si chiamava così.
A James Turner 12:18 p.m.
Sarei molto felice di incontrarla per esaminare il contratto. Mi dica luogo e ora e le farò sapere se sono disponibile.Aspettai sulla chat e la risposta non tardò ad arrivare.
James Turner 12:19
In questo momento sono al campus, se anche lei è qui può comunicarmi il numero del suo alloggio la raggiungo.Per un attimo mi domandai cosa sarebbe successo se fossi andata a Las Vegas con Camille, ma la cosa passò in secondo piano quando mi ricordai delle mie condizioni.
A James Turner 12:20
Stanza 223 (ala femminile, ovviamente)Mi infilai velocemente un paio di leggings neri e una felpa azzurra abbastanza larga da distogliere l'attenzione dal mio viso arrossato e a chiazze ornato di occhiaie profonde quasi quanto la voragine che Christopher aveva lasciato due giorni prima.
Bussarono alla porta prima che potessi terminare la trasformazione della stanza e renderla accogliente o anche solo presentabile e mi resi conto che mi ero lasciata andare troppo in quei giorni. Aprii la porta e davanti a me si materializzò un James Turner in tenuta da tempo libero, indossava un paio di Jeans blu e un maglione nero, con una mano stingeva una cartellina gialla e con l'altra si tolse gli occhiali da sole di marca neri che donavano al suo sguardo un'aria più intimidatoria.
<Prego, si accomodi> lo esortai facendomi piccola vicino alla porta per lasciarlo passare, nel farlo l'ondata di un profumo costoso, ma dolce invase subito l'intera stanza. I suoi occhi intensi color nocciola si posarono su di me e ne sentii il peso ancor prima di voltarmi. Osservò la camera che da un lato era colorata e dall'altra apatica, di un color latte decisamente comune.
<Particolare scelta di colori> dichiarò in tono fermo e tremendamente formale, avrei voluto dirgli che potevo dire lo stesso delle sue calzature viste le sneakers nere e consumate che indossava.
<Io e la mia coinquilina abbiamo due personalità differenti> mi limitai a rispondere in tono altrettanto formale. Non osai immaginare casa sua, ero sicura però che fosse asettica, proprio come lui si presentava agli occhi degli altri. Con un gesto fluido della mano mi passò la cartellina gialla lucida che doveva contenere il contratto di cui avevamo parlato. La aprii e ne esaminai il contenuto rileggendo più volte le clausole e termini, ridacchiai individuando un errore di grammatica che persino un bambino avrebbe evitato.
<Qualche domanda?> chiese con sguardo corrucciato, lo osservai cercando di capire se valeva la pena avvisarlo dell'errore, ma feci di no con la testa sapendo che sarebbe stato maleducato da parte mia nei confronti di colui che sarebbe potuto diventare il mio capo.
<Crede di accettare?> chiese ancora, stavolta con una nota di timore nella voce, era assurdo come in soli tre giorni si fosse convinto che sarei diventata l'avvocato spettacolare di cui parlava nelle sue mail.
Esitai.
<L'offerta scade il primo gennaio, giusto?> domandai cercando di interpretare la sua espressione corrucciata e pensierosa, in quel momento avrei tanto voluto essere nella sua testa e poter sentire cosa pensasse, oppure avere il dono di leggere le menti come nei film di fantascienza e capire in che direzione corressero i suoi pensieri.
<Esatto, come le avevo già comunicato> dichiarò mantenendo il suo tono formale che mi dava i brividi.
<Per allora avrò una risposta> lo informai e un piccolo ghigno gli apparve sul viso, un ghigno che respinse subito, ridacchiai ancora.
<Tenga pure il contratto, nel caso voglia esaminarlo più attentamente, io ne ho una copia> mormorò avvicinandosi alla porta per lasciare la stanza.
<La mia assistente ha trovato un appartamento, vicino allo studio che potrebbe essere di suo gradimento> aggiunse poi uscendo dall'uscio della porta.
<Ne ho già uno, ma grazie> lo ammonii e questa volta si lasciò andare ad un vero e proprio sorriso, uno di quelli che ti mozzano il fiato solitamente, ma ero troppo chiusa in me stessa per apprezzare il gesto. Contraccambiai il sorriso e ci salutammo.
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Non è logica è istinto
Chick-LitJuliet è una ragazza semplice e comune che frequenta la Berkeley University insieme a suo fratello. Si è impegnata molto a creare quella realtà frivola che le calza a pennello e che la fa sembrare come tutte le altre ragazze della sua età; purtroppo...