Fui costretta ad aprire gli occhi vista la luce fortissima che mi colpiva in pieno viso. Ero nella stessa posizione nella quale mi ero addormentata, ma non c'era alcun tipo di calore umano tra le morbide lenzuola bianche, allungai il braccio e la mia pelle calda si scontrò con il gelo delle lenzuola che non mi avvolgevano. Grugnii in un lamento assonnato e mi voltai mettendomi a sedere. La stanza era illuminata dal sole del mattino, le pareti bianche risultavano più candide colpite dalla luce accecante che entrava dalla finestra, davanti al letto le ante dell'armadio erano aperte e mostravano la varietà dei colori del guardaroba di Christopher. Spostai lo sguardo verso la porta del suo bagno e mi accorsi del rumore dell'acqua che scorreva nella doccia, la porta era socchiusa e si riusciva a scorgere il vapore impossessarsi della stanza.
Sorrisi, inevitabilmente.
Scostai le lenzuola facendo il minimo rumore e toccai il pavimento freddo con i piedi diretta verso la cucina, mi fermai davanti all'armadio e non riuscendo a resistere al mio perfezionismo chiusi le ante poi mi voltai verso il letto e scosti le coperte aprendo le finestre in modo da cambiare aria. Il rumore dell'acqua che scorreva si placò così corsi in cucina a preparare il caffè. Mentre prendevo la moca dal ripiano più alto della credenza, munita di sedia in cui ero dovuta salire per poterci arrivare, il profumo di Christopher avvolse la stanza accompagnato da una risata divertita che riscosse ogni corda del mio corpo facendomi sobbalzare.
<Se mi avessi aspettato avrei tirato giù io il caffè> disse con voce roca e capii che stava sorridendo. Non mi voltai scendendo dalla sedia perché avevo paura di ritrovarmelo troppo vicino da poter resistere al richiamo del suo profumo misto all'odore di schiuma da barba.
<Sono abbastanza grande da occuparmi da sola del caffè> lo informai continuando a guardarmi i piedi mentre riportavo la sedia al suo posto.
<Ma non abbastanza alta> rispose avvicinandosi. Lo sentii procedere verso di me senza il bisogno di vederlo, il mio corpo reagiva in modo indipendente quando ero vicina a lui. Più si avvicinava, più il suo profumo si intensificava, più le mie gambe minacciavano di lasciarmi.
<Il vino buono viene dalla botte piccola> mi affrettai a rispondere cercando di mantenere l'attenzione sul caffè che avevo in mano. Il calore del suo braccio mi sfiorò la pelle rilasciando un formicolio che raggiunse l'alluce dei miei piedi nudi. Mi scostò i capelli dal lato sinistro della testa e si avvicinò al mio orecchio facendomi sobbalzare, di nuovo.
<Anche l'aceto> mi sussurrò. Feci per voltarmi e lui mi sfilò il caffè di mano e si voltò in modo fluido verso la macchinetta riempendola di moca,
<Visto che Mr. Io sono alto e tu no è deciso a non farmi fare il caffè, l'aceto nella sua piccola botte si va a fare una doccia> affermai osservando il suo fondoschiena ondeggiare in piccoli movimenti rotatori. Mi voltai andando a prendere il cellulare nella borsa per accompagnare la mia permanenza in bagno da un po' di musica. Estrassi l'apparecchio dal taschino e procedetti verso il bagno di Christopher. Il rumore dei suoi passi mi seguiva e quando ero ormai giunta a destinazione mi voltai per chiudere la porta e incontrai i suoi occhi luminosi.
<Dovresti lasciare la porta socchiusa, così esce il vapore e non ti si appanna lo specchio> disse annuendo con sguardo deciso e furbo, troppo furbo per essere convincente. Alzai un sopracciglio e lui fece lo stesso lasciandomi intravedere la scintilla che gli attraversò lo sguardo rendendo i suoi occhi più luminosi di quanto già non fossero.
<Potrei...> cominciai avvicinandomi e accorgendomi con piacere che aveva smesso di respirare.
<Ma preferisco aprire la finestra, poi credo che farò una doccia fredda> lo informai facendo un passo indietro e chiudendo velocemente la porta. Quel mio atto di coraggio e spavalderia nei suoi confronti aveva stupito anche me, mi appoggiai con la schiena alla porta del bagno e lasciai che il mio corpo scivolasse giù finendo con il sedere avvolto dai suoi boxer per terra.
<Sei ingiusta Scricciolo> rispose da dietro la porta.
Sorrisi e mi alzai per non fargli capire che la mia voce veniva dal basso, più in basso.
<Sono amante della privacy> annunciai tornando seria.
<Anche io, ma non della tua> rispose immediatamente facendomi sorridere di nuovo. Gesù, quella gioia, quella felicità colmò per un attimo la voragine che avevo nel petto facendomi sentire completa, tutta d'un pezzo, lui mi aveva fatta sentire come Nathan non era mai riuscito a farmi sentire in nove mesi di relazione. Lo sentii allontanarsi dalla porta e cominciai finalmente a svestirmi per poi infilarmi nella doccia dall'acqua fredda, ghiacciata che lasciava la mia pelle comunque bollente.
Sei accaldata Mrs. acidità? Chiese la mia vocina interiore. no, non ero accaldata, il caldo era dovuto al sole, non era colpa mia, né tantomeno di Christopher Hope.
Oh continua pure a convincerti di questo, insisté.
Una volta finita la doccia e lavati i denti uscii dal bagno con i capelli bagnati e avvolta solo da un asciugamano, recuperai altri boxer e il reggiseno che avevo indossato il giorno prima -visto che era ancora pulito- e, stavolta, indossai una maglietta bianca che mi arrivava alle ginocchia. Uscii dalla camera e Christopher si voltò verso di me immediatamente ed ero piuttosto sicura di non ver fatto alcun rumore e che quindi non mi avesse sentito arrivare.
<Quella maglietta è un po' trasparente, non credi?> domandò squadrandomi da capo a piedi con sguardo voglioso.
Voglioso? Oddio.
<La maglietta è tua, prenditela con te stesso se indossi cose trasparenti> gli intimai sorridente. Ricambiò il mio sorriso piegando un solo angolo della bocca verso l'alto.
<Ammettilo, lo fai apposta> mi incoraggiò tornando a guardare il telegiornale alla tv.
<Tu lo fai apposta, compri queste magliette, così le ragazze che vengono a letto con te se le possono mettere, e tu dicendo loro che sono sexy hai un pretesto per farci sesso, ancora> stabilii procedendo verso la dispensa per prendere qualcosa da mangiare, il divano emise qualche strano rumore e poi le due braccia robuste ce mi avevano tenuta al caldo durante la notte mi afferrarono le spalle e mi fecero voltare facendomi incontrare gli occhi più verdi e magnetici che avessi mai avuto il piacere di conoscere. Mi guardava con sguardo assente e scrupoloso, mi faceva sentire quasi stupida, poi alzò il sopracciglio e l'angolo della bocca destro in un secondo e i suoi occhi assunsero un'espressione divertita.
<Credi che faccia indossare le mie magliette a tutte le ragazze che mi porto a letto per riportarmele a letto?> domandò sorridendo.
<Si> affermai. Fece scivolare tra le sue mani la tazza che avevo afferrato poco prima e in un movimento, che non saprei come descrivere vista la velocità con cui venne fatto, mi ritrovai con la pancia sulla sua spalla larga e la faccia di fronte al suo bel fondoschiena.
<Mettimi giù, pervertito!> urlai battendo con le mani sulla sua schiena, rise. Il suono più bello del mondo, ma non mi interessava, volevo scendere.
<Pervertito?> chiese con la risata di poco prima ancora impressa nella sua voce. Mi sistemò con dolcezza sul materasso del suo letto e la maglietta mi risalì sulla pancia scoprendomi le gambe e mostrando quanto bene mi stessero i suoi boxer. Mi affrettai a tirare giù la maglietta sentendomi completamente in imbarazzo da mezza nuda. Christopher mi bloccò le mani sopra la testa e si mise a cavalcioni su di me imprigionandomi al materasso con gli occhi.
<Mai nessuna si era messa le mie magliette> ansimò continuando ad avvicinarsi a me. Non pensavo, non riuscivo a pensare mi stavo perdendo dentro di lui, forse nessuna si era messa le sue magliette, ma sicuramente più di una ragazza aveva finito per provare qualcosa per lui, come poteva non essere così?
<Mai nessuna era stata nel mio letto> boccheggiò ancora. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, quello sguardo che si era fatto improvvisamente serio, quello stesso sguardo che mi faceva sentire più viva che mai.
<Mai nessuna è entrata nel mio bagno> continuò. Volevo fermarlo, volevo dirgli di smetterla, perché anche se nessuna aveva fatto le cose che lui aveva lasciato fare a me, l'idea di lui con qualche sciacquetta mi gelava il sangue.
<E non ho mai immaginato i miei vestiti addosso ad una ragazza se non a te, non ho mai immaginato una ragazza se non te. Cosa mi stai facendo Scricciolo?> terminò domandando. Mi si bloccò del tutto il respiro all'udire quelle parole, volevo baciarlo, volevo solo baciarlo e fargli capire come mi sentivo con lui senza il bisogno delle parole, perché con le parole non ero mai stata brava e nonostante tutto le parole certo non bastavano a descrivere un sentimento così forte, così possente dentro di me.
Ero condannata da quando lo avevo conosciuto.
Riuscii a liberarmi della sua presa e mi aggrappai al suo collo in modo da avvicinare la sua bocca alla mia il più possibile, ma lui restava rigido, vigile, come se qualsiasi cosa facessi non avesse effetto in quel momento su di lui. Il suo sguardo era spento, non riuscivo a vedere nessuna luce in lui, ma il suo posto lo aveva preso un qualcosa di buio di misterioso e per quanto ammetterlo mi è difficile quel lato di lui mi attraeva più di qualsiasi altro.
<Christopher, ehi> lo richiamai cercando di capire cosa lo tormentasse in quel modo. Distolse lo sguardo da me e in gesto fulmineo si alzò in piedi scendendo dal letto, io ero ancora sdraiata lì nella posizione in cui lui mi aveva lasciata. Chiuse la finestra impedendo al sole di spargere il suo calore all'interno della stanza. Si voltò verso di me, ma non mi guardò nemmeno di sfuggita, estrasse dal comodino un libro e si sedette sul letto cominciando a leggere. Lo osservai in ogni piccolo movimento senza muovermi, senza emettere il minimo suono. Alzò gli occhi al cielo e ripose il libro nel cassetto lasciando che i sui occhi vagassero nel vuoto della sua camera da letto.
<Christopher> lo chiamai alzandomi e sedendomi a cavalcioni si di lui in modo che gli fosse inevitabile guardarmi.
<Guardami> dissi prendendogli la faccia tra le mani e cercando il suo sguardo. Lo guardavo, ma lui non era presente, sembrava quasi impaurito.
<Sono qui, guardami ti prego> sentii il bisogno di rassicurarlo e lui emise un risolino nervoso e ripieno di rabbia. Non capivo, un momento prima stavamo chiacchierando senza l'ombra di un problema e quello dopo lui sembrava essersi perso in sé stesso. Continuai ad osservarlo incitandolo con gli occhi a dire qualcosa, a spiegarmi cosa stesse succedendo, ma lui non parlava e mi guardava senza vedermi davvero. Un moto di rabbia cominciò a salirmi dentro e capii che Juliet non bastava a farlo venir fuori, c'era bisogno dell'intervento della vera me e sprigionai Claire in tutti i suoi istinti repressi. Gli tirai uno schiaffo facendo scoccare la mia mano sulla sua guancia e lui si riscosse stupito osservandomi sorpreso. Eccolo lì.
<Buongiorno, allora qual è il problema, parlami o giuro che la tua faccia tra un tra sarà viola> lo minacciai. Era stato uno schiaffo di incitazione, certo non gli avrei fatto del male, ma avevo bisogno che lui credesse che lo avrei fatto se non mi avesse parlato.
<Sparirai, come ha fatto lei> sputò acido. Ci misi qualche secondo per assimilare del tutto la sua frase e il mio cervello riuscì ad elaborare i dati solo dopo che vidi una piccola luce accendersi dentro di lui. Si stava aprendo con lei.
<Lei, tua madre?> domandai per essere sicura che avessi capito bene.
<Tutte le donne che amo spariscono, un motivo ci sarà> sospirò. Cercai di non soffermarmi sulla parola "amo" cercando di reprimere un sorriso, sicuramente non si riferiva a me. Gli presi la testa tra le mani infilando le mie dita sottili tra i suoi capelli scuri.
<Io non sparirò, non potrei neanche volendo, non lo capisci?> confessai. Le mie due personalità si fusero in una sola lasciandomi capire che non ero mai stata Juliet, ero sempre rimasta io solo con un altro nome. Avevo cercato di ritrovare Christopher ed ero finita per ritrovare me stessa.
Mi guardò e potrei giurare che i suoi occhi mi sorrisero.
<Perché? Perché non ci riusciresti?> chiese sbattendo più volte le palpebre.
Gran bella domanda esordì la voce del mio subconscio e non potei fare altro che essere d'accordo con lei.
<Perché ci ho provato, ho provato a lasciarti alle spalle, ma mi sono ritrovata a casa di tuo padre senza nemmeno saperlo. Per quanto io provi a starti lontana, a reprimere quello che provo per te, tu ti fai strada nei miei pensieri e quando penso di poter conviverci ti guardo e non riesco a fare a meno di te> quella piccola lucina nei suoi occhi prese il possesso di tutto il suo corpo e lui si accese sotto il mio sguardo, sotto il tocco delle mie mani e in un secondo solo le sue labbra furono sulle mie premendo con forza, sfoderando un bisogno insaziabile di quel contatto. Ogni singola parte di me prese fuoco quando le sue mani si posarono sui miei fianchi, ondeggiai in avanti cercando di avvicinarmi a lui il più possibile e nel farlo imbattei nella sua erezione che mi spinse a volere quello che mai prima di quel momento avevo voluto. Tutto, tutto quanto di lui, volevo tutto ciò che poteva offrirmi, volevo sentirlo in me fisicamente quanto lo sentivo emotivamente, si era insinuato nel mio cuore come una tempesta e non ne era più uscito e per la prima volta in tutta la mia vita desideravo sentirmi piena completamente e in tutti i sensi possibili.
Mentre con una mano mi stringeva i fianchi con l'altra attirava la mia bocca contro la sua con più forza tenendola tra i miei capelli, le nostre lingue si intrecciavano l'una con l'altra fuori dal nostro controllo, era tutto fuori dal nostro controllo ormai. Staccò la sua bocca dalla mia e respirò profondamente appoggiando la sua fronte sul mio petto.
<Se non ci fermiamo subito finirà che non ci fermiamo più> ansimò tornando a guardarmi.
<Bene, perché non ho nessuna intenzione di fermarmi> dissi respirando affannosamente. Lo volevo davvero, volevo tutto di lui e nonostante non sapessi se sarei mai riuscita a fare a meno di lui non volevo perdermi niente e non riuscivo ad immaginare di perdere la verginità con qualcuno che non fosse Christopher Hope. Mi guardò sorpreso e mi travolse facendomi rotolare sotto il suo corpo fiondandosi di nuovo sulla mia bocca e prendendone pieno possesso. Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai senza respiro con le gambe intrecciate alle sue e le mani tra i suoi capelli morbidi, afferrò i lembi della mia maglietta e mi guardò come per chiedermi il permesso ed io mi limitai ad annuire, tirando su le braccia ed aspettando che lui me la sfilasse. Dopo che mi ritrovai in reggiseno e boxer afferrai anche io la sua maglietta cercando di copiare i gesti che lui aveva appena fatto e gliela sfilai con più foga, sfiori con le mani fredde ogni suo muscolo tracciando con le dita il contorno di un tatuaggio che non avevo mai notato prima, era un piccolo simbolo tatuato sul fianco sinistro, sembrava un piccolo ing e yang, lo sentii tremare sotto il tocco gelido delle mie dita e ammirando il suo corpo bellissimo mi sentii troppo poco per lui. Tornò a baciarmi con più ardore mentre con le mani armeggiava con il gancio del mio reggiseno che in attimo mi venne sfilato dalle braccia, era tremendamente esperto, nemmeno io riuscivo ad aprire il gancio con tanta facilità. Buttò il reggiseno a terra e si fermò a guardarmi con le pupille dilatate dall'eccitazione.
<Sei bellissima> ansimò. Mi spogliò della mia anima mentre lentamente procedeva a piccoli passi verso i miei seni, baciava in modo dolce e al tempo stesso ardente ogni centimetro del mio corpo ed io mi abbandonai al calore che ormai si era impossessato di me.Ci ritrovammo nudi avvinghiati l'uno all'altro sotto le lenzuola candide, il dolore che avevo provato quando era entrato dentro di me fu indescrivibile, ma penso che fosse dovuto al fatto che era troppo grande, davvero troppo enorme per me. Mi sentii improvvisamente in colpa per avergli donato la mia verginità senza nemmeno dirgli la verità su di me, un senso di colpa che non accennava a scomparire. Guardai la piccola sveglia sul comodino che segnava le undici del mattino e senza dire niente mi alzai dal letto nella mia completa nudità e mi fiondai in bagno per farmi una doccia e lavare via il senso di colpa che non mi dava tregua. Christopher mise le mani sotto la sua testa e si alzò leggermente per guardarmi camminare verso il bagno, lasciai la porta socchiusa stavolta, non per invitarlo ad entrare, ma per lasciare che il vapore non appannasse lo specchio, ovviamente. Lo sentii ridere quando capì che non avrei chiuso la porta e risi anche io stupita dalla mia stessa spavalderia, non ero mai stata così, non mi ero mai lasciata andare con nessuno, perché probabilmente nessuno ne valeva la pena, ma lui sì, Christopher ne avrebbe sempre valso la pena, ora potevo dire che mi aveva rubato anima e corpo. L'acqua della doccia non bastò a lavarmi via il senso di colpa, ma lo repressi, lo spostai in un angolino e lascia che la gioia di quella giornata incredibile prendesse il sopravvento e mi ritrovai a cantare a squarcia gola Can't Fight The Moonlight sotto il getto caldo dell'acqua. Quando uscii dalla doccia trovai posati sul Vater il mio reggiseno, un nuovo paio di boxer e un'altra maglietta bianca, alzai gli occhi al cielo ricordando il mio commento sulle sue magliette bianche e dopo essere uscita dal bagno trovai il mio bel Christopher immerso nella concentrazione di chi cambia le lenzuola, inutile dire con quale goffaggine le stesse cambiando.
<Lascia stare, sei impedito, ci penso io> mormorai prendendogli dalle mani l'orlo delle lenzuola. Lui mi guardò con un sorriso e corse in salotto, cambiai velocemente le lenzuola immergendo il suo letto nel nero più oscuro. A quanto pare Christopher era un ragazzo che non conosceva mezze misure in fatto di lenzuola. O bianche o nere e a quanto pare io ero innamorata di quel Christopher più di quanto mi piacesse ammettere.
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Non è logica è istinto
ChickLitJuliet è una ragazza semplice e comune che frequenta la Berkeley University insieme a suo fratello. Si è impegnata molto a creare quella realtà frivola che le calza a pennello e che la fa sembrare come tutte le altre ragazze della sua età; purtroppo...