Capitolo XXV

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Era passato più di un mese dalla festa e né Heath né Joyce avevano parlato di ciò che era successo.

Non per qualche scusa o vergogna, ma perché ormai presi da altre cose ben più importanti.

Il capitano Sebastian li rendeva partecipe ogni settimana dei progressi che l'investigatore assunto da lord Byron stavano facendo per trovare la figlia di Joyce.

E Joyce era impegnata con il progetto della protesi, anche se Heath continuava a dirle di non entusiasmarsi troppo.

Ma lei aveva fatto ricerche, aveva mandato missive a medici e artigiani esperti ed era giunta alla conclusione che di poteva fare.

E quella mattina era eccitata proprio perché dalla Capitale sarebbe arrivato un noto inventore che aveva progettato una protesi in legno davvero innovativa.

Tutti erano emozionati dalla notizia e lady Astrid avrebbe perfino voluto assistere all'incontro.

Ma Heath era stata irremovibile, non voleva nessuno intorno per quella giornata, oltre a Joyce.

Ed infatti stavano aspettando da soli il loro ospite, nella vecchia casa del custode.

C'era silenzio tra di loro, mentre gustavano un tè caldo davanti al camino.

Joyce aveva paura di innervosirlo con la sua gioia e le sue aspettative, perciò non apriva bocca ed evitava perfino di guardarlo.

Sapeva che avrebbe visto nei suoi grandi occhi solo eccitazione.

Ed Heath diventava decisamente scorbutico quando notava troppo entusiasmo intorno a sé.

Dal canto suo, Heath, evitava di parlare perché era in tensione. E molto scettico.

Tutti si aspettavano grandi cose da quell'incontro e lui non voleva deludere nessuno.

Non voleva deludere se stesso, prima di tutto.

E proprio per questo cercava di non darsi troppe aspettative.

Era diventato piuttosto bravo a fingere con se stesso e con gli altri, e quindi all'apparenza poteva anche sembrare indifferente.

La verità era che sperava funzionasse. Sperava di poter tornare a camminare su entrambe le sue gambe.

Ma non lo avrebbe ammesso a nessuno. Neanche a se stesso.

Così quando il loro ospite arrivò, direttamente dalla Capitale, senza neanche fermarsi a riposare un po' alla pensione del paese, non sapeva proprio cosa aspettarsi.

L'uomo, il signor Paul Thibott, fu accompagnato all'interno della casa da un domestico.

La prima impressione fu abbastanza strana.

Forse perché l'uomo non aveva proprio l'aria di essere un tipo affidabile eppure Heath, non appena lo vide, pensò che era così che immaginava un inventore.

Capelli all'aria, senza neanche paura di rimetterli al loro posto, vestito un po' sgualciti, pieni di pieghe e indossati con strani accostamenti di colori e grossi occhiali che coprivano tutta la faccia.

Con sé portava una valigetta grande e dall'aria pesante e si presentò con una leggera balbuzie.

Sembrava a disagio ma allo stesso tempo euforico di fare provare le sue protesi ad un cliente.

«Buongiorno, non vedevo l'ora di mostrarvi le mie protesi», confermò lui non appena venne invitato nel salone che era stato preparato apposta per lui.

«So che ci saremo dovuti vedere questo pomeriggio ma non sarei riuscito a riposarmi... Così ho pensato che sarebbe stato meglio vederci subito».

The sad gentlemanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora