Capitolo IV

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Il viaggio dalla Capitale fino a Plaingrass era stato alquanto tumultuoso, ma lady Joyce Whilter era abituata anche a peggio.

Passare ore in una carrozza non è certo molto piacevole, ma almeno lì non rischiava la vita ogni giorno come quando era in guerra.

E anche se nei piani aveva altro, non riusciva a smettere di sorridere mentre entravano nel caratteristico paese di Plaingrass.

Quei luoghi le ricordavano un po' la tenuta estiva della sua famiglia, un lontano ricordo dal sapore dolce e amaro.

La sua esperienza le faceva presagire che non sarebbe stato facile, eppure lei era ottimista.

E anche molto curiosa, perché come sempre non aveva avuto alcun indizio riguardo al suo paziente, a parte le informazioni relative alla sua salute.

Poteva aspettarsi di tutto, e in fondo questo era il bello.

E quando la carrozza la lasciò davanti alla tenuta dei Devenport, non riuscì a non nascondere la sua sorpresa.

Viveva nella Capitale, perciò aveva già visto la ricchezza, e lei stessa aveva origini altolocate.

Ma era così piccola quando era stata portata via, e cresciuta dalle suore, che si era completamente dimenticata come si vivesse in un luogo simile.

Lo mascherò comunque bene alla vista dei padroni di casa, i signori Devenport, che l'accolsero come se fosse un'ospite d'onore.

Un servitore le aveva già tolto l'unica valigia che aveva tra le mani ed era svanito, oltre il palazzo.

«Lady Joyce Whilter, benvenuta alla tenuta Devenport... La stavamo aspettando», esordì il padrone di casa, lord Byron Devenport, composto mentre si avvicinava e le riservava un inchino decoroso.

«Grazie per la vostra ospitalità».

«Grazie a voi per aver accettato l'incarico», aggiunse la moglie, Astrid, prima di continuare: «Mia cugina Theresa afferma che siete l'infermiera più capace del centro... E noi abbiamo bisogno proprio di un'esperta».

Dai loro volti poteva intuire la preoccupazione per l'amico e Joyce ne fu un po' sorpresa e un po' impensierita. Poteva immaginare che cosa l'aspettava ma non poteva saperlo con certezza.

E se da una parte voleva togliersi il pensiero e conoscere subito il suo paziente, dall'altra ne aveva un po' paura.

Di persone distrutte, in quegli anni, ne aveva incontrate molte e, nonostante il dolore fosse sempre uguale, le storie e il modo di reagire no.

Perciò non poteva sapere come affrontare le difficoltà del paziente fino a quando non avesse compreso appieno.

«Mi piacciono le sfide», affermò soltanto con risolutezza ma con un sorriso fiducioso.

Forse aveva fatto una bella impressione, visto che notò i due padroni di casa rilassarsi un poco. Avevano qualcuno a cui affidare un problema che, con evidenza, non erano in grado di affrontare.

I due coniugi si guardarono, in piena sintonia, prima che lui disse: «Bene, allora vi portiamo subito a conoscere Heath».

Prima con il braccio le indicò una direzione e poi si avviò lui stesso per primo, seguito dalla moglie. Respirò profondamente e contò fino a dieci, prendendo coraggio, prima di andargli dietro.

Attraversarono tutta la casa, dall'entrata alla direzione opposta, ma solo di sfuggita. Poté vedere i lunghi corridoi, gli arredi alla moda e costosi e i ritratti che dimostravano la nobiltà di quella famiglia.

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