Capitolo 14. Incidente di percorso

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Dire che non avevo sniffato la giacca di Arsène Lupin sarebbe come dire che agli uomini non manca qualche rotellina.

Sì, okay. So che potrebbe sembrare un tantino inquietante, ma ammettiamolo, chi non snifferebbe la camicia di un figo come lui? Ecco, lo faremmo tutti. Posso infatti dire che a differenza di molti miei coetanei Lupin si lavava e sinceramente ero intenzionata a scoprire la sua marca di bagnoschiuma...

Ma passiamo oltre.

Appena uscii fuori dal tendone incontrai il signor Nelson che mi aspettava ormai da un pezzo con le braccia enormi incrociate. Rivolse un'occhiata interrogativa al mio cambio di stile, ma stranamente non disse niente, limitandosi a fare qualche commento sullo spettacolo e chiamare un golf cart dall'albergo. Fuori era buio pesto e probabilmente era l'una passata, ma il flusso di persone che passeggiavano per il lungomare e le spiagge illuminate non era diminuito nemmeno un po'.

La hall invece era deserta e persino la suite che condividevo con i miei genitori era vuota. Non erano ancora rientrati: meglio così. Chiusi la porta della mia stanza a chiave dopo aver salutato Orazio, e mi buttai sul letto ancora vestita.

La luce calda della lampada sul comodino aveva creato ombre enormi sulle pareti, e io mi misi a fissarle sorridendo pensando alla serata. O almeno...la seconda parte della serata.

I ricordi e le sensazioni erano ancora fin troppo vividi nella mia testa perchè riuscissi solo a chiudere occhio, e ben presto mi tornarono in mente le parole di Sherlock riguardo al poker. Perchè voleva sapere se io sapessi giocare? ...no.

Sgranai gli occhi.

Non potevano davvero voler intrufolarsi al Black Lotus. No, vero? Prima pensavo stessero solo scherzando, sul serio.

In cuor mio però sapevo ormai la risposta a questa domanda per lo più retorica e sbuffai. Sherlock era sembrato serissimo al riguardo. I miei però non mi avrebbero lasciata andare, sicuro, non c'era nemmeno da discutere o chiedere. E poi non ero mai sgattaiolata fuori di casa, figuriamoci di notte, quindi non ero esattamente un'esperta in materia.

Sbuffai e feci scivolare le mani nelle tasche della giacca, cercando il biglietto da visita che avevo mollato da qualche parte. Le mie dita sfiorarono però non solo il cartoncino in questione.

Devo farmi i fatti miei, devo farmi i fatti miei, devo farmi i fatti miei...

Senza pensarci due volte rovesciai tutto sul copriletto.

Oltre il biglietto da visita, sul mio letto cadde anche una cartolina di medie dimensioni stropicciata. La girai e scoprii che era indirizzata a una certa Marie de Vaudron-Chantal. L'immagine sulla facciata era una semplice foto aerea di un paesaggio tropicale e sul retro non c'era alcun testo, escluso il nome destinatario e un indirizzo parigino. Chi era e perché non aveva mai inviato quella cartolina?

Mi sentii in colpa a fare certe domande. Non avrei dovuto frugare nelle tasche ma...ma non lo avevo fatto a posta, no? Riposi l'oggetto al suo posto e mi promisi di non farne parola con lui. Ci mancava solo che mi prendesse per una ragazzina impicciona.

Appoggiai la giacca sullo schienale di una sedia e strinsi nel palmo della mano il biglietto. Forse sarei dovuta documentarmi, ma il letto era troppo comodo e le mie palpebre erano pesanti. Avrei cercato domani, sì.

Quella notte sognai di essere una equilibrista che camminava instabilmente su un filo sottilissimo. Sotto di me c'era solo un abisso nero.


Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora