Capitolo 15. Quel giorno divennero amici

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ATTENZIONE: alto contenuto di disagio e cose che potrebbero far commuovere


Non vi consiglio di salire su un motoscafo se alla guida c'è un certo William Sherlock Holmes con tendenze suicide.

Il punto è che stiamo facendo il giro della costa, e l'inglese si era offerto di mettersi dietro il timone divertendosi a spingere sull'acceleratore neanche stessimo alla Formula Uno di motoscafi "presi in prestito", mentre quell'altro se ne stava spaparanzato accanto a me sul divanetto dicendo qualche cosa assolutamente inutile. Il panorama dei suoi addominali in bella vista non mi dispiaceva affatto, ma stavo veramente per vomitare.

E non chiedetemi con quale criterio legale Holmes sapeva manovrare una roba simile a quell'età, perchè non lo so nemmeno io. E sinceramente meglio così.

- Sherlock...-, biascicai aggrappandomi alla ringhiera per non volare via. Voleva ucciderci, quel ragazzo voleva ucciderci.

- Suvvia Irene, non stiamo neanche andando velocemente-, ridacchiò il francese dandomi una pacca sulla spalla. Voi scherzate, io qua sto per vomitare tutto ciò che ho mangiato negli ultimi quattordici anni della mia vita.

Mi portai una mano alla bocca e pensai di essere sul punto di morire. Solo allora Arsène inclinò la testa di lato inarcando un sopracciglio: -Stai bene? Sei un po' verde-

Oh, quanto avrei voluto affogarli tutti e due.

Cercai di ignorare la nausea e mi sporsi con fatica verso Holmes per picchiettargli un dito sulla sua spalla. Si girò guardandomi in cagnesco.

-Dove stiamo andando esattamente?-, biascicai tenendomi il braccio sullo stomaco. Lui distolse lo sguardo, tenendo le mani salde sul timone.

- A controllare una cosa-

Come sempre molto chiari, grazie.

Finalmente il motoscafo cominciò a rallentare, e con mio grandissimo sollievo capii che ci stavamo dirigendo verso a un molo, quindi finalmente riuscii a tirare un sospiro pieno di sollievo. La riva si fece sempre più nitida e mi accorsi che non ero mai stata da quelle parti, anzi, per essere precisi era decisamente lontano dal faro e dal mio hotel in generale. Una fila di case basse colorate poco lontane dalla spiaggia attirò la mia attenzione e finalmente capii: non ci trovavamo più nella parte dell'isola riservata e attrezzata per i turisti.

Attraccammo e quasi baciai le assi di legno del molo quando sentii la rassicurante stabilità sotto ai miei piedi. Anche Lupin scese dalla barca e si posizionò accanto a me con uno sbadiglio mentre aspettavamo Sherlock. Si guardò le unghie laccate di nero e mi lanciò un'altra occhiata indecifrabile, e sembrò sul punto di dirmi qualcosa di importante, ma scosse la testa e afferrò al volo il mazzo di chiavi che gli lanciò l'amico. Quell'ombra malinconica che aveva oscurato i suoi bei lineamenti scomparve come se non ci fosse mai stata.

- Come prima ho anticipato, Arsène ha trovato alcune informazioni davvero molto interessanti in questi ultimi giorni sul nostro morto. Noi andremo a verificarle-, disse a un certo punto l'inglese facendo un cenno verso le abitazioni, per poi praticamente spingermi verso la passerella davanti a noi che dondolava sopra l'acqua. Mi voltai e rimasi sorpresa nel vedere che Lupin non si era mosso dal posto.

- E tu...-

- Qualcuno dovrà pur fare la guardia a questo gioiellino, no?-, curvò le labbra nel suo solito sorrisetto e scrollò le spalle. Certo che era proprio strano. -E poi vi raggiungerò tra poco-

- Dai andiamo, Irene-, sbuffai e seguii Sherlock roteando gli occhi al cielo. Ero costretta a stare da sola con quel sociopatico e sopportarlo per non so quanto altro tempo. Che bello.

Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora