Capitolo 5. John Watson pensa che io abbia rimorchiato

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- Perchè stamattina mi hai parlato in francese, se non lo sei?-

Ecco, questi sono quei momenti quando vorrei solamente scomparire dalla faccia della terra, privata della mia già inesistente dignità.

Abbassai lo sguardo, mentre ero perfettamente a conoscenza del fatto che entrambi mi stavano osservando dallo specchietto retrovisore.

- Volevo...ehm...allenare le mie conoscenze del francese-, mormorai. Arsène sembrò convincersi, mentre Sherlock si voltò verso di me lanciandomi un'occhiata carica di sospetto. 

- Studi francese?-, domandò quindi. Feci per rispondere quando mi bloccò con un veloce gesto della mano. -No, aspetta. Certo che tu non lo studi...no. Hai vissuto in Francia, presumibilmente quando eri piccola, data la tua tanto acclamata padronanza. Siccome passi le vacanze qui, devo anche supporre che i tuoi genitori sono piuttosto benestanti per permettersi l'estate alle Bahamas...quindi azzardo che in Francia ci vivevi a causa del lavoro di uno dei tuoi e quindi Parigi è una meta quasi certa. E ancora una cosa...nonostante tu abbia detto che sei americana, io posso dire per certo che vivi a Londra anche per il fatto che il tuo accento è un misto tra quello dell'Inghilterra e degli Stati Uniti, quindi sicuramente hai passato molto tempo nella capitale del Regno Unito-

Crist...iano Ronaldo. Sì, proprio lui. Decisamente.

Rimasi senza parole, letteralmente.

Ma come diamine aveva...

- Pura e semplice deduzione-, fece ancora, leggendomi probabilmente nel pensiero. Sbattei più volte le palpebre, scioccata.

Lupin scoppiò a ridere, quasi come se ciò che avevo sentito, per lui fosse la cosa più naturale e normale al mondo. -Oh, Sherlock. Non spaventarla già da adesso- 

Holmes gli diede una gomitata, ridacchiando anche lui come il primo dei ritardati, che mi duole ammetterlo, non lo era affatto.
Cominciarono a scherzare tra di loro, dimenticandosi quasi della mia presenza nel sedile posteriore del golf car, delle solite cose vuote e senza senso dei ragazzi. Bah. Maschi.

Come avevo detto in precedenza, comunque, ci lasciammo alle spalle l'intero villaggio turistico e compagnia bella, facendo spazio a un'enorme distesa di sabbia bianca. Tutt'intorno a noi non c'era praticamente niente, se non alla flora esotica locale. Passammo sotto all'ombra di un gruppo di alberi di cedro, mentre la brezza marina mi scompigliava i capelli colorati e le dune sembravano solamente ingrandirsi in un paesaggio incontaminato quasi infinito. L'acqua del mare era azzurra come il cielo, forse anche più chiara, e se guardavi verso l'orizzonte, non potevi distinguere dove cominciasse l'oceano e dove il cielo, mentre a qualche centinaio di metri dalla riva si trovavano delle isolette verdeggianti in mezzo a tutto quel blu. Era meraviglioso.

Il ragazzo alla guida a un certo punto indicò qualcosa di fronte a noi. -Eccola lì-

Non capii, all'inizio, di cosa stesse parlando e riferendo. Ma poi lo vidi. Una specie di casa diroccata sul promontorio, proprio sull'orlo, quasi a strapiombo sul mare. Anzi no. Era proprio una villa che sembrava poter crollare da un momento all'altro.
Aveva tutta l'aria di essere abbandonata da almeno cent'anni. Se non di più.

L'auto frenò.

- Casa Ashcroft-, mormorò.

- E' abbandonata?-, domandai a un certo punto.

Sherlock Holmes mi lanciò un'occhiataccia. -No, ma ti sembra per caso abitata?-

- Oh ma che lagna che sei! Neanche una domanda posso fare!-, sbottai saltando giù dal veicolo.

L'altro nascose un sorrisetto, mentre l'inglese gli puntò il dito contro, con fare accusatorio. -E non cominciare anche tu però, Arsène!-

- Arsène? Sei francese?-

Sherlock, Lupin e Io - Vacanza con delittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora