Il "Quarzo di Londra"

18 2 6
                                    

Volevo urlare al mondo quello che sentivo,

 ma sono rimasto zitto per paura di non essere capito 

(Cit. Charles Bukowski)

Era già il 5 novembre quando Diana si accorse di quanto realmente le sarebbe costato rimanere lì.

Il viaggio si basava su uno scambio con una scuola del posto e alcuni gli studenti che avevano fatto richiesta avrebbero frequentato i corsi di quella scuola. Olivier si era curato di fare richiesta sotto consiglio dello zio di Diana.

-In pratica mentre io vado a scuola voi che fate? visitate la città, andate a fare shopping per introdurvi a qualche festa?- chiesa la ragazza mentre facevano colazione -con te vengono Matt e Noah no? poi ci sarebbero dei ragazzi che da un po' ti fissano- disse Gloria seduta di fronte a lei -e devi controllarmi Noah- intervenne Emily -perché non vi siete ancora messi insieme?- chiese curiosa Gloria -non mi sembra interessato, non so-

-Ieri siete stati insieme tutto il giorno- le ricordò Diana -e quando i suoi amici l'hanno chiamato è rimasto lo stesso con te- continuò lanciando uno sguardo al tavolo dietro di loro, dove dei ragazzi, tra cui Noah, facevano colazione.

-Ma questo non significa niente, forse non voleva essere scortese e basta- disse allontanando il piatto -sì certo, come no- 

-Conoscete qualcuno che va a scuola oggi? visto che voi due mi avete abbandonata- 

-Oltre ai ragazzi conosco alcuni della 11D e della 10A, della C non conosco nessuno- le disse Gloria prendendo una fragola dal piatto -della C lei conosce tutti, c'è quel ragazzo che ti ronza intorno da un po'- esordì Emily.

-Oh Gesù santo- si alzò -vado a prendere aria. Ditemi quando vi sarete fidanzate e smetterete di concentrarvi su di me- prese lo zaino da terra e si avviò fuori dalla sala pranzo.

Percorse il lungo corridoio senza fretta, consapevole di avere a disposizione ancora un'oretta. Ad un certo punto svoltò a destra e si ritrovò davanti una scalinata; la percorse guardandosi intorno per cogliere i dettagli che la prima volta non aveva notato.

Arrivata alla fine delle scale si ritrovò in un altro corridoio e svoltò a sinistra, osservando i quadri appesi alle pareti finché non si ritrovò davanti ad un'altra rampa di scale.

Arrivata alla fine di esse si voltò verso destra e aprì la porta che si trovò davanti.

Lo vide lì, perfetto davanti a lei, uguale all'ultima volta che era stata lì.

Si avvicinò e lasciò lo zaino ai piedi della panchetta e vi si sedette, scoprì i tasti dello strumento e le spuntò un sorriso. 

Aprì lo zaino e ne tirò fuori un foglio posizionandolo sul leggio.

Non ebbe però il tempo di toccare neanche un tasto che sentì un rumore di passi e poco dopo la figura di un uomo apparve sulla soglia della porta.

-Diana- la chiamò -possiamo parlare?-

Ecco, sapeva sarebbe successo, solo che cercava di rimandare finché poteva.

Sospirò, riprendendo lo spartito e coprendo i tasti del pianoforte -quando hai imparato a suonare?- le chiese curioso con un leggero sorriso.

-Ti do 10 minuti- disse quando gli fu arrivata di fronte.

-Sì certo...ehm, lo so che quello che ho fatto non è stato giusto nei vostri confronti. Avrei dovuto parlarvene, ma erano davvero dei tempi no. Litigavo spesso con la mamma e papà non si voleva neanche schierare da una parte o dall'altra. Volevo andare a vivere con dei miei amici in una casa poco lontana se ricordi, ma loro non erano d'accordo e da allora la mamma ha cominciato a controllare le mie amicizie e lo sai com'è fatta. Mi sentivo chiuso in trappola-

ParoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora