Capitolo 1

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DUE ANNI DOPO

Cosimo

"Ammettilo, ti sei perso" lo guardai male camminando al suo fianco "ti avevo detto che avremmo dovuto chiamare un taxi, coglione" gemetti frustrato.

"Calmati, stronzo. Sembra che tu abbia una scopa su per il culo. Non mi sono perso, solo che.." Fabio si guardò intorno cercando di riconoscere qualcosa.

"Ti avevo detto quanto avessi voglia di dormire dopo un viaggio in aereo così lungo, soprattutto prima di un concerto" alzai gli occhi al cielo mettendo le mani in tasca e fermandomi accanto a lui.

"Smettila di lamentarti ed aiutami a capire dove siamo" si lamentò guardando Google Maps sul suo cellulare. Mi avvicinai per guardare con lui cercando di capirci qualcosa.

"Perché non chiediamo semplicemente a qualcuno almeno in che via siamo? Non puoi usare una mappa senza prima sapere dove cazzo sei" mi guardai intorno cercando qualche persona. Era ora di pranzo quasi, ma non c'era anima viva in questa strada. Perché? Dov'erano tutti?

"Potremmo chiedere lì?" Fabio indicò un'insegna dall'altro lato della strada.

"Chi coglione chiamerebbe mai un bar in quel modo?" chiesi attraversando la strada con lui.

"Forse qualcuno normale che pensa che in un bar ci sia tranquilidad" fece spallucce.

"Ma nei bar c'è un casino infernale, non tranquillità. Soprattutto se la gente beve troppo" scossi la testa.

"Forse potrei mettere il nome di questo posto su Google Maps" il mio amico smanettò con il cellulare.

"Ripetimi perché siamo amici, ti prego" sospirai stancamente.

"Perché non vuoi ammetterlo, ma mi vuoi bene. Comunque non mi funziona più internet, sembra proprio che il destino ce l'abbia con noi oggi" aprì la porta spingendola "spero che il tuo spagnolo sia ancora buono" terminò entrando. Lo seguì alzando gli occhi al cielo.
Il posto era davvero troppo tranquillo per essere un bar, potevo contare su una sola mano il totale di persone sedute al bancone e ai tavoli.

"Puedo ayudarle?" un ragazzo biondo con gli occhi azzurri si avvicinò a noi con un sorriso. Alzai un sopracciglio, non era sicuramente cubano.

"Come si dice in spagnolo che ci siamo persi?" mi chiese Fabio guardandomi attentamente.

"Coglione, capisce la nostra lingua" sbuffai facendo ridere anche l'altro.

"In effetti sì, parlo più di una lingua. Sono Micheal, gestisco questo posto" strinse la mano ad entrambi e sorrise cordialmente "dicevi che vi siete persi, come posso aiutarvi?" chiese guardando il mio amico che annuì mostrandogli un bigliettino con il nome del nostro hotel. 

"Ho bisogno di bere qualcosa" sospirai, ormai consapevole che non saremmo andati via subito.

"Come avete fatto a finire qui? Siete completamente fuori strada" Micheal mi indicò uno sgabello, su cui mi accomodai subito ed andò dietro il bancone. Non aveva nemmeno del personale, qui dentro? Accidenti, era davvero un posto tranquillo.

"È colpa sua. Sono anni che veniamo qui, quindi crede di conoscere a memoria tutte le strade" feci spallucce indicando Fabio, che si sedette accanto a me e sorrise appena "non sa parlare nemmeno lo spagnolo" lo presi in giro.

"Eddai, non tutti abbiamo avuto una ragazza cubana che ci dava lezioni private" fece una smorfia "se ci fosse stata lei ora, sicuro tutti in questo bar avrebbero girato la testa per guardarla. Anzi, ovunque andassimo e sicuro non ci saremmo persi" terminò ordinando lo stesso whisky che avevo preso io. Erano passati due anni, pochi ma anche troppi da quando io ed Alex ci eravamo lasciati. Sentirla nominare, ora, aveva un effetto rilassante su di me. Faceva male sempre, certo. Ma era di meno. Mi mancava ogni minuto, ma sapevo che stava bene. O almeno solo tramite ciò che mi diceva Fabio, ed erano davvero poche le parole che usava per informarmi su di lei. Era come se non volessi dirmi tutto al 100%, ma lo capivo.

Discovered - Guè PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora