Capitolo 23Carol tornò in salotto rapidamente e con il respiro affannato, nonostante non avesse affatto corso. «Anastasia non è in camera.» Annunciò non senza panico.
Immediatamente anche Alex si alzò dalla sedia ed andò a verificare, andando a cercare anche in bagno e nel piccolo ripostiglio accanto alla camera da letto. L'appartamento era piccolo, non era possibile che la ragazza fosse ancora lì dentro dopo aver controllato in tutte le stanze.
«Avresti dovuto chiuderla a chiave in casa!» Rimproverò Taylor cercando dietro le tende, dentro i ripiani della cucina -tante volte si fosse nascosta in qualche nascondiglio impensabile come spesso faceva Taylor quando era piccola e non voleva sentire le urla dei suoi genitori o non voleva che loro la trovassero per chiederle scusa e farle false promesse.
Nathan si mosse rapidamente, chiudeva il gas e metteva via quello che stava preparando per pranzo, mentre si difendeva con non poco nervosismo nella voce. «Per darle l'impressione di essere passata da una prigione all'altra? No, grazie, l'intento era quello di arruolarla come nostra complice, non come prigioniera.»
«Non ha senso litigare ora, dobbiamo trovarla.» Si mise in mezzo Edward, non voleva che la lite degenerasse e lui dovesse prendersi le botte come la scorsa volta.
«Esatto.» Intervenne Mike con voce pacata, calma. Quando Alex e Carol tornarono in salotto, riprese a parlare. «Dove potrebbe essere andata? Dobbiamo ritrovarla prima che qualcuno la riconosca, avete detto che la sua faccia era su tutti i giornali, no?»
Carol annuì, mangiucchiandosi le pellicine delle dita. «Hai ragione, potrebbero riconoscerla a breve e la potrebbero portare alla polizia, di cui non sappiamo se possiamo fidarci.»
Taylor deglutì, non riuscendo a distinguere l'istituzione della polizia dalla figura materna: davvero non poteva fidarsi della madre? «Alla centrale hai notato qualcosa di diverso, Mike? Forse della confusione, della tensione?»
Mike scosse la testa con una certa sicurezza, benché non ci avesse pensato molto. «Sono stato subito convocato nell'aula dell'interrogatorio con un paio di poliziotti e tua madre, poi sono stato rilasciato e dopo poco mi hanno fatto uscire, ma era tutto regolare, quasi noioso.» Raccontò tranquillamente toccandosi di tanto in tanto i capelli biondicci.
«Okay, va bene, occorre comunque dividerci.» Suggerì Alex prontamente. «Dobbiamo controllare alla centrale e nella palazzina.»
Carol ripensò alla conversazione avuta quella mattina con Anastasia a colazione, alle sue domande riguardanti la famiglia, il mancato coinvolgimento della polizia. Carol cercò di immedesimarsi nei panni di quella ragazzina di sedici anni, strappata via dalla sua famiglia in un giorno qualsiasi della sua vita da normale adolescente: cosa potrebbe volere di più, una volta ottenuta la libertà?
«Andiamo anche a casa della madre.» Propose Carol con un tono talmente autoritario che il messaggio passò come un ordine.
Alex annuì, concordando con quanto appena detto. «Sicuramente è nostalgica di casa.» Come poteva non esserlo d'altronde? «Allora dividiamoci in tre gruppi; io andrò alla centrale, qualcuno dovrà recarsi alla casa di Anastasia con Nate e, infine, qualcuno deve restare in zona per raccogliere informazioni da coloro che avrebbero potuto notarla questa mattina.»
Taylor si affrettò a prendere il posto di raccoglitrice di informazioni, non voleva in alcun modo vedere la madre. Temeva che, vedendola, sarebbe crollata o avrebbe compiuto altre cose sciocche. Edward si aggregò subito a lei, dunque ci fu un momento di tensione ed imbarazzo quando furono Mike e Carol a dover decidere.
Carol voleva andare a casa di Anastasia, certa che la ragazza fosse lì per riconciliarsi con la sua famiglia, ma agli occhi di Mike quello poteva essere frainteso. E non avrebbe neanche potuto spiegare il perché fosse così certa che la ragazza fosse lì, dato che Mike non sapeva che Carol avesse passato la notte da Nate e che quindi era stata l'ultima a parlare con Anastasia quella mattina.
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Isabelle e Carol
Romantik[COMPLETA] Il terrore che provava Nate lo aveva completamente congelato. Sentì gli occhi pizzicargli e il naso pungergli. Dio, non era quello il momento per piangere. «Carol, piccola, sono io.» Aveva detto Nate col suo miglior tono di voce basso e...