Da quel giorno avrei dovuto fare gli straordinari nel piccolo locale dove lavoravo. Facevo un lavoro part-time, nonostante mia madre contribuisse in buona parte nelle mie spese per l'appartamento e l'università. Non mi piaceva caricare su di lei tutte le spese, perciò avevo cominciato a lavorare come cameriera in un piccolo café. Un classico.
Una collega si era trasferita, e io avrei dovuto lavorare di più finché non avessero trovato qualcuno da assumere. Anche se questo significava avere un aumento, mi toccava un turno più lungo.
Fortunatamente quelle ore in più cadevano proprio nel momento in cui c'erano meno clienti. Ad eccezione di alcuni clienti abituali, infatti, solitamente non veniva quasi nessuno.
Il primo giorno cominciai di ottimo umore. Avevo mangiato bene a pranzo, ed ero carica di energia per affrontare il pomeriggio.
Nel tardo pomeriggio entrarono tre ragazzi, dall'aria stravagante e piuttosto rumorosi.
L'altra ragazza che lavorava con me mi passò accanto, poggiandomi una mano sulla spalla, con un sorriso esasperato ma divertito allo stesso tempo:-Quei tre vengono qui tutti i giorni alla stessa ora. Sono piuttosto... Particolari. Un po' dei ragazzini.-
Poi andò lei stessa a prendere le loro ordinazioni.
Cercai di continuare a lavorare, ma il loro continuo ridere e parlare rumorosamente cominciava a irritarmi. Inoltre avevo la strana sensazione di essere osservata...
-Mi scusi?-
Mi voltai verso il ragazzo che mi aveva chiamata.
Era seduto sulla poltroncina in modo scomposto, con le gambe accavallate e un braccio verso lo schienale. Aveva i capelli tinti di un blu elettrico, e i lineamenti del viso erano affilati come quelli di un gatto. Gli occhi nocciola avevano una luce selvatica e giocosa, come se fosse davvero un gatto, di quelli allegri e con quel bagliore quasi maligno.
-Potrei avere un'altra Fanta?-
-Certo-
Mentre camminavo verso il bancone potevo sentire i mormorii del gruppetto.
-Ecco a lei-
-Grazie- Questa volta, senza il minimo pudore mi squadrò da testa a piedi.
Lo guardai a mia volta, a disagio, per un istante. A quel punto, uno degli altri ragazzi seduti al tavolo scoppiò a ridere.
-Alex, fai veramente schifo.-
L'interpellato lo guardò arrossendo, mentre anche il terzo ragazzo si metteva a ridere insieme all'amico.
Stavo tornando nel locale, intenta a tornare al lavoro per distrarmi da quello strano disagio, quando uno dei tre ragazzi mi si avvicinò. I capelli rossi erano tagliati molto corti, ma non abbastanza da impedire loro di arricciarsi sulla sua fronte e confondersi con le sopracciglia, altrettanto intense. Gli occhi scuri sembravano liquidi, di un castano profondo, e il sinistro si confondeva in una voglia scura e sfumata che formava una macchia informe dalla tempia allo zigomo. Era molto alto, asciutto e vestiva come il batterista di una band pop rock dei primi anni del 2000.
-Scusami? Eh senti, mi dispiace se mio amico ti ha fatto sentire a disagio. Voleva chiederti il numero ma è troppo tonto ed è rimasto a fissarti. È troppo disagiato per parlare con le ragazze.-
Si passò una mano fra i capelli, a disagio.
Questa volta fui io a scoppiare a ridere. Il modo in cui questo ragazzo aveva parlato del suo amico - Alex, mi sembra si chiamasse - era davvero molto tenero. Mi sentii sollevata, in un certo senso.
Mi guardò, inclinando la testa e aggrottando le sopracciglia.
Smisi di ridere, appoggiandomi una mano sulla guancia.
-Scusami scusami...-
-Posso darti il suo numero?-
A quel punto, un po' di curiosità cominciavo ad averla. Pensai che conoscere quell'Alex poteva essere un'idea carina.
-Va bene.-
Se avevo cominciato il turno di buon umore, alla fine di questo provavo emozioni contrastanti. Ero un po' nervosa, ma allo stesso tempo quel ragazzo mi aveva davvero incuriosito. Anche se inizialmente mi era sembrato un po' un maniaco.
Cercai di sopprimere gli strani pensieri che affluivano nella mia testa e mi preparai per tornare a casa. Era tardi, ma decisi comunque di scrivere al ragazzo.
"Ciao. Sono quella del bar vintage, Melody café. Sei Alex, giusto? Il tuo amico mi ha dato il tuo numero."
Con le mani tremanti digitai il messaggio, e feci un paio di respiri profondi prima di inviarlo.
Fissai il telefono per qualche secondo, mordendomi il labbro. La risposta arrivò velocemente.
"Oddio"
Solo questo. Il cuore cominciò a palpitarmi nel petto, chiedendomi se avessi sbagliato numero.
Vidi che stava ancora scrivendo.
"Ti ha sul serio dato il mio numero?"
Man mano che parlavamo la paura andava scemando. Sembrava una persona molto dolce e divertente. Gli piaceva suonare la chitarra, e qualche volta suonava con i suoi amici. Amava cucinare, il gaming e i gatti. Si era anche scusato numerose volte per essersi comportato in modo strano quel pomeriggio. Alla fine, ci accordammo per un uscita, due giorni dopo.
Quando arrivai all'entrata del parco, lui era già lì. La maglietta bianca e i bermuda beige cozzavano con i suoi capelli, due stili opposti forzati insieme.
Lo salutai timidamente.
-Ciao, Alex.-
I suoi occhi si strinsero mentre sorrideva, assottigliandosi ancora di più.
-Ciao (t/n)!-
Per un attimo rimanemmo in piedi uno davanti all'altra, in silenzio.
-Allora... Ti va di fare un giro?-
-Certo.-
Passeggiando con tranquillità attraverso il parco mi rilassai completamente. Dopo il primo attimo di imbarazzo cominciammo a chiacchierare con calma.
-Ti piace la musica?-
-Si un sacco. Tutti i generi.-
-Anche il pop degli anni sessanta?-
Annuii:-Mi piace un po' tutto ciò che è vintage. Sennò non lavorerei al Melody.-
-Allora conosco un posto carino. A proposito, mi hai detto che vai anche all'università giusto? Come mai lavori se i tuoi ti possono finanziare tutto?-
-Non mi va di farmi servire. Almeno ho l'impressione di faticare anche io, anche se mia mamma continua a pagarmi gli studi. Mi sentirei un po' in colpa a consumarle soldi senza fare nulla.-
-È una cosa molto carina. Cosa studi?-
-Letteratura. Ma non so cosa farò dopo. Vorrei fare la scrittrice.-
-È una bella ambizione. A me non piace molto leggere. Qualche volta mi capita di leggere romanzi non più di tanto.-
Feci un mugolio in risposta, senza commentare. Ormai eravamo davanti a quello che doveva essere il posto in cui mi voleva portare, supposi.
Era un piccolo negozio, l'unica vetrina presentava vinili e romanzetti rosa di quelli che probabilmente venivano considerati letture da spiaggia negli anni '90. Quadretti in pop art, gira dischi, mangianastri, e macchine da scrivere erano esposti in decorazione, formando a loro volta un quadretto con un aria di vissuto rinchiuso dietro a quella piccola lastra di vetro.
-Ti piace?-
Il suo guardo era pieno di tenerezza; probabilmente aveva notato uno sguardo strano da parte mia. Io annuii in risposta.
-Entriamo allora.-
Il campanello della porta tintinnò quando aprimmo la porta. L'interno era piccolo, ma nel suo caos era un piccolo tesoro. Scaffali su misura raccoglieva cassette su cassette, alcune di mercato, altro probabilmente erano state registrate da qualcuno per poi finire lì.
Altri contenevano vinili, infilati stretti stretti uno accanto all'altro, e catalogati per autore.
Altri scaffali avevano alcuni giradischi e mangianastri esposti, che nascondevano numerose scatole contenenti lo stesso prodotto, e infine un ultimo scaffale, più piccolo, conteneva libri di diversi generi, sparsi e in disordine.
-Quelli sono gratuiti. Ma se hai qualche libro che non vuoi più puoi portarne.-
Una voce rauca e profonda attirò la mia attenzione.
Un uomo dai capelli lunghi e neri, striati di grigio in alcuni punti, spuntò da una porticina dietro al bancone. Aveva una giacca di pelle e una maglietta rossa, e il viso bruno era solcato da fitti segni di espressione. Gli occhi felini erano castani.
-Ciao Alessandro. Ti sei trovato una donna finalmente?-
Lui sobbalzò:-Pa'! Un po' di educazione per favore. Lei è (t/n). Ci siamo conosciuti l'altro ieri.-
L'uomo ridacchiò.
-Capisco. A questo punto vi lascio tranquilli.-
Curiosai nel negozio insieme ad Alex, mentre lui mi raccontava fatti su ogni articolo che mi interessava. Quel giorno, alla fine, non comprai nulla, ma mi ripromisi di tornarvi in seguito. Mi portò poi in una tavola calda, dove insistette per offrirmi il pranzo.
-A proposito, come mai volevi così tanto il mio numero?- gli domandai addentando l'hamburger che avevo ordinato.
Lui arrossì violentemente.
-Mh... Pensavo fossi carina e volevo conoscerti... Non volevo sembrare un maniaco.-
Arrossii anche io:- ma no... Figurati...-
-Usciremo ancora vero?-
-Mi piacerebbe. È stato divertente oggi. Magari potremmo fare qualcosa di diverso, tipo andare in centro e starci tutta la giornata.-
Con un grosso sorriso tornò a mangiare. Forse era tutto troppo veloce, ma non mi dispiaceva. Anche se lo avevo conosciuto solo due giorni prima, sapevo già che presto avremmo legato molto.Salve a tutti! Chiedo scusa per le mie lunghe assenze. Potrei decidere di dare un continuo alle one shot (come mi è anche stato chiesto). Inoltre ho notato che questo libro ha raggiunto le mille letture, e vi ringrazio molto per questo! Cercherò di lavorare a qualcosa di speciale per festeggiare. Vorrei ricordare che i suggerimenti e le richieste sono sempre ben accetti, per cui se avete qualche idea potete scriverle nei commenti.
Grazie mille e buona lettura!
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Minecraft Stories
Short StoryAncora una volta ciao! ... Questa è una raccolta di storie brevi e oneshot sull'universo di minecraft e tutto ciò ad esso collegato. Accetto volentieri idee, consigli e critiche costruttive! Buona lettura!