Cattara Incontra Puzzatto

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La Cattara era una donna molto sola.
Viveva in un piccolo appartamento spoglio in una silenziosa cittadina di periferia, con l'unica compagnia del suo scorbutico marito, il quale era tanto vanitoso e strano quanto era pessimo negli affari.
I suoi parenti, più fortunati di lei, vivevano nella grande città vicina, decisamente più ricca di quel piccolo borgo squallido, pieno di case ed edifici dalle curiose forme e piene di colori.
L'unico grande talento della vecchia donna era fare affari: la maggior parte dei negozi della cittadina erano gestiti da lei; e ambiva ad espandere il suo territorio, e aprire negozi anche in altre città.
Non era una donna che si potesse definire bella, anche a causa dell'età. Il grosso naso scuro era la prima cosa che si notava sul suo viso rugoso, pieno di macchie dovute al tempo. Teneva sempre i bianchi capelli crespi tirati indietro in una crocchia rigida, cosa che le dava un'espressione ancora più imbronciata. Indossava sempre grossi abiti marroni dalle maniche lunghe e large che le coprivano le vecchie mani, e che la facevano apparire ancora più ingobbita.
Come se non bastasse, era una donna scorbutica e dalla voce forte e gracchiante, sempre pronta a ingannare i clienti per ottenere il maggior guadagno possibile. Forse era la solitudine ad averla resa così scontrosa, o forse era sola proprio a causa del suo caratteraccio.
Oltretutto, ad un certo punto si era trasferita nel quartiere una nuova coppia.
All'inizio non le importava molto, tanta gente arrivava, attratta dalla pace e dal silenzio, per poi andarsene dopo pochi mesi a causa della noia.
Ma quando arrivò il momento in cui conobbe la coppia, il suo desiderio di andarsene da quella cittadina aumentò ancora di più.
Quel giovane uomo dall'aria spavalda e abiti stravaganti sembrava impegnarsi al massimo per farla esasperare e farla andare in rovina.
Aveva iniziato dal negozio di cellurari, per poi cercare di truffarla anche negli altri.
E anche quel giorno, in cui si era come al solito alzata presto per andare a lavorare, incontrò quel giovane rumoroso.
«Buongiorno! Buongiorno! Vanno bene gli affari, eh?» Spalancò la porta urlando.
Lei rispose con un verso infastidito.
«Gnaaarh... Buongiorno...»
«Si, si, buongiorno. Allora, mi servirebbe un telefono per mio figlio Bubolo, quindi deve essere qualcosa di molto cool e molto bello»
Continuò a parlare urlando, camminando in giro per il negozio in modo nervoso, toccando tutti i cellurari in esposizione alle pareti, e marcò con particolare enfasi le parole "Bubolo" e "cool", in una maniera che le faceva venire i nervi.
«Arrrgh, smettila di toccare! Ah, siccome sei così povero, vieni sul retro che ti faccio vedere i modelli più economici»
«Ooh certo certo...» disse con aria di scherno, e la seguì sul retro.
«Dunque, c'è questo nokiat qua che viene sessanta, poi c'è-»
«No no, questi sono proprio brutti. Cioè, no, proprio no»
Lei sospirò.
«Allora, se fai tanto lo schizzinoso, c'è questo modello un po' più recente che viene un po' di più ma-»
«No no, facciamo un'altra volta va'» la interruppe di nuovo, e così dicendo uscì dalla stanza.
Sbuffò esasperata, tenendosi il ponte del naso con le dita, per poi seguirlo nella stanza principale del negozio.
«Vabbè vabbè, ci vediamo un altra volta. Arrivederci, ciao!»
Uscì gridando e sbattendo la porta.
La donna si appoggiò mollemente al bancone del negozio, con lo sguardo percorse stancamente le pareti del negozio, riflettendo sulla sua attuale condizione. Notò ad un certo punto, che su una parete mancava un telefono, che era sicura ci fosse stato, prima.
Strinse i pugni e ringhiò al soffitto.
«Maledetto!»

In preda alla rabbia decise di sciogliere la tensione facendo una passeggiata nel bosco.
Uscì dal negozio e passò dietro a questo, imboccando lo stretto sentiero del bosco.
Camminò lentamente, inspirando con calma l'aria fresca che odorava di corteccia terra umida. Il fruscio leggero delle fronde era accompagnato da un continuo miagolio. Quel bosco era una casa per numerose colonie di gatti selvatici, che di tanto intanto si addentravano nella città per frugare nei bidoni dell'immondizia.
Ad un tratto sentì però un miagolio acuto, che sembrava quasi distorto, distante dagli altri. Seguì la direzione da cui proveniva il suono, e accanto al tronco di un albero, sdraiato per terra, vide una creatura grossa come un vitello. Il pelo sporco aveva mille sfumature, dal rosso al blu, ed emanava uno strano vapore verde scintillante.
Prigramente alzò lo sguardo triste verso la donna, ed emise di nuovo quel miagolio acuto, ora molto più forte.
Lei non poté fare a meno di sorridere di fronte a quello strano animale; gli si accovacciò accanto.
«Ciao gattino, posso accarezzarti?»
Allungò la mano verso la sua testa e passò più volte le dita tra il pelo. A questo gesto il gatto socchiuse gli occhi, e cominciò a fare le fusa così forte da farle sentire le vibrazioni nella mano.
«Sei proprio bello, lo sai? Che ci fai qui tutto solo?»
Il gatto, come capendo le sue parole, si alzò sulle quattro zampe. Era così alto che le arrivava al petto, decisamente più grosso di un gatto normale.
«Come sei magro... E così sporco... Ti porco qualcosa da mangiare, che ne dici?»
Gli mostrò un sorriso sghembo, che però il gatto sembrò apprezzare.
Mentre lei si dirigeva verso il negozio, la creatura la seguiva.
La donna lo lavò e gli diede da mangiare, e in cambio l'animale le dimostrò tutta la sua riconoscenza con molto affetto.
Si sedette sugli scalini di casa sua, il gatto affianco a lei, che strofinava la testa sulla sua spalla.
«Se ti tenessi con me? Ti piacerebbe?»
Il gatto alzò la testa e la guardò come fosse d'accordo.
«Allora devo darti un nome. Sai, questo vapore che fai, è come se puzzassi perennemente!» Rise per questo, dopo tanto tempo. «Sei un gatto che puzza, un Puzzatto!»
Il gatto miagolò rumorosamente.
«Ti piace? Puzzatto? Allora ti chiamerò così.»
Quel giorno, la vecchia Cattara si rese conto di aver trovato una piccola luce nella sua triste vita.

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