Cicotobbi x Female Reader - Dog sitter

182 10 3
                                    

(ambientato in un universo alternativo)
Era una mattinata autunnale tranquilla. Il cielo era grigio, ma le foglie arancio degli alberi ravvivavano l'atmosfera.
Camminavo a passo lento nel parco, con lo zaino sulle spalle, guardando con attenzione il dolce dondolio delle fronde che si muovevano al fruscio delicato del vento.
La musica a basso volume nelle mie orecchie si fondeva con lo scricchiolare delicato delle foglie sotto i miei piedi e l'ovattato borbottio delle persone che si godevano il sabato mattina.
Mi sedetti su una panchina lungo il sentiero, curandomi che fosse abbastanza lontana dalle altre persone, e aprii il mio libro.
Cominciai a leggere, sorseggiando di tanto in tanto dal bicchiere di carta il caffellatte che avevo appena comprato.
In poco tempo mi persi nell'atmosfera rilassante del libro, acccoccolata nel mio maglione caldo che mi proteggeva dall'aria fredda.
L'improvviso e forte abbaio di un cane mi fece alzare la testa.
Mi guardai intorno e mi tolsi una cuffietta, giusto per vedere un giovane labrador dall'aria allegra corrermi incontro, trascinando il guinzaglio.
Dietro al cane un ragazzo alto e snello dalla testa rosso fuoco, e con una voglia sulla guancia correva gridando, con un espressione impanicata sul viso.
-No Tobbi! Torna qui!-
In quell'esatto istante il cane mi saltò addosso, buttando il libro per terra e colpendo il bicchiere che si rovesciò a terra.
Il ragazzo mi si fermò davanti con il respiro affannato e il viso rosso, mentre sotto voce rimproverava il cane. Io mi alzai in piedi, raccogliendo il bicchiere ormai vuoto.
-Scusa scusami tanto non volevo!-
Disse frettolosamente senza guardarmi.
Lo guardai imbarazzata, chiudendo il libro e mettendolo nello zaino.
-Non fa nulla, non importa...- mormorai
Alzò lo sguardo e con voce convinta mi invitò a seguirlo.
-Te ne offro un altro, vieni. Non rifiutare, insisto.-
Esitai, ma quando mi porse la mano e ci guardammo negli occhi per un istante, pensai che in fondo non sarebbe successo nulla di grave.
Mi fece strada fino a un piccolo locale vicino, dalle pareti di legno, tavolini rotondi beige con sedie da giardino e vasi fioritissimi alle due grandi finestre che davano sul marciapiede. Numerosi disegni, che rappresentavano soprattutto animali, riempivano le pareti calde, insieme a piccole mensole con esposti libri e oggettini da collezione.
Lui salutò sorridente la cameriera e si sedette.
-Scusa ancora per prima... Non mi sono nemmeno presentato! Puoi chiamarmi...- esitò, come se dovesse pensarci.
-Chiamami Cico.- esclamò soddisfatto.
Sorrisi timidamente e alzai lo sguardo verso di lui.
-Io sono (t/n).-
Ordinammo due caffellate, e lui chiese una ciotola d'acqua per il cane.
-La tua faccia mi è familiare...- gli dissi sovrappensiero.
Mi guardò per un attimo confuso.
-Effettivamente anche a me sembra di averti già visto...-
Cercai di collegare e ricordare perché mi sembrasse così familiare. Quei capelli rossi e quell'aria così vivace non era una cosa così comune dopo tutto.
All'improvviso esclamò alzandosi in piedi, quasi urtando il tavolo.
-Sei quella ragazza che sta nel mio condominio che ha gli adesivi attaccati alla porta!-
Arrossii, pensando a quanto fosse strano essere riconosciuta per una cosa del genere.
Lui notando il mio rossore rise.
-Sono molto carini...-
Restammo in silenzio per un imbarazzante attimo.
-Non pensavo si potessero tenere animali domestici nel palazzo.-
-Oh, non è mio. Faccio il dogsitter, per arrotondare un po'.-
-Capito...-
-Comunque volevo dirti che suoni bene.-
Lo guardai confusa, inclinando la testa di lato.
-Ti sento suonare la chitarra, la sera.-
Mosse le mani come se stesse suonando una chitarra invisibile, e mi sorrise.
Feci un sorriso imbarazzato, mormorando un "grazie" e abbassai lo sguardo.
Nelle poche volte in cui ci era capitato di incrociarci, non avevo mai notato quanto fosse carino. Aveva degli occhi marroni molto scuri che si scioglievano in mille sfumature calde, e un dolcissimo sorriso con due fossette.
-Visto che ora ci siamo incontrati formalmente potremo avere un altro appuntamento? Intendo per incontrarci insieme e vederci...-
Lui stesso fece una faccia strana per la sua frase sgrammaticata; ci scambiammo i numeri di telefono, nonostante abitassimo letteralmente una sotto l'altro.
-So che ti ho invitata io, ma ora devo andare.-
-Certo, figurati... Non era nemmeno necessario.-
-Taci, ormai ho pagato. Verrò a chiederti lo zucchero qualche volta, ok?-
Ridemmo entrambi e ci salutammo.
Dopo poco me ne andai anche io dal locale.
Non aveva mentito riguardo al fatto dello zucchero: passava quasi tutti i giorni con scuse stupide, facendo battutine senza un senso. Mi presentò anche i suoi amici.
Una sera mi invitò ad andare con loro al parco.
-Ma è tipo il personaggio più fiero della serie.-
-Lo dici solo perché è brutto come te...-
Il suo amico mi lanciò un occhiata quando arrivai, ma trattenne una risatina senza dire nulla.
Rimasi in piedi dietro a Cico, aspettando che si accorgesse della mia presenza, mentre continuava animatamente la sua conversazione.
Ad un certo punto mi schiarii la voce per attirare la sua attenzione.
Si voltò a guardarmi, sempre con lo stesso dolce sorriso.
-Ti sei vestita come una bomboniera?-
Lo guardai fingendo un espressione offesa.
Nonostante la sua fosse una battuta per prendermi in giro scherzosamente, lo vidi arrossire e squadrarmi da capo a piedi.
-Lo sai che sei davvero tanto stupido, Cico?-
Lui lo zittì con un gesto della mano. Mi fece sedere accanto a lui.
Il terzo ragazzò si alzò pigramente, guardando prima Cico, poi l'altro compagno.
-Senti io e Ste andiamo a farci un giro, torniamo dopo eh?-
Il rosso li guardò con occhi sgranati, ma non fece in tempo ad aprire bocca che se ne erano già andati.
Mi guardò arrossendo. Io sorrisi.
-C'è qualcosa che vuoi dirmi, Cico?-
Distolse lo sguardo balbettando.
-Nono, perché, tu devi dirmi qualcosa?-
-Lo sei davvero, un po' stupido.-
Ridendo, spostai le mie gambe sulle sue, e appoggiai il viso e le mani sul suo petto. Indugiando per un istante, avvolse un braccio intorno alla mia schiena.
-Non lo devi dire per forza...-
-E invece te lo voglio dire.- deglutì rumorosamente. La sua voce era flebile.
-Te lo voglio dire che mi piace da impazzire, e che quando mi abbracci mi sento felicissimo, e che i tuoi capelli hanno un profumo fantastico. Te lo voglio dire che ti amo, (t/n).-
In risposta lo baciai dolcemente sulla guancia, mentre mi stringeva a sé.
Non c'era bisogno di parole.


Minecraft StoriesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora