Nightmare"Non ti vergogni Tobio?"
La donna dai lunghi capelli neri lo scrutava con i suoi occhi color ghiaccio, ancora più chiari e vividi di quelli del figlio e che in quel momento sembravano esprimere nient'altro che odio."M-mamma" sussurrò il moro tra le lacrime, consapevole della pura disapprovazione che aveva suscitato in sua madre, non era diverso da una prostituta, così gli aveva detto. E adesso che quelle parole gli erano state dette dalla donna che più amava e rispettava al mondo, iniziava a crederci.
"Con tutto quello che ho fatto per te..." Iniziò, rimanendo immobile nel suo lungo vestito bianco con gli occhi incatenati in quelli blu scuro del figlio. "Non ti ho sempre insegnato i valori della famiglia? Guarda come hai ridotto quel pover'uomo di tuo padre"
Il moro si girò dietro di sé, seguendo la traiettoria degli occhi della bellissima donna davanti a lui. A terra, in un angolo c'era suo padre, miserabile e pietoso.
Le mani scarnificavano le carni del viso, portando giù lunghi e sanguinanti lembi di pelle; gli occhi, bianchi e scavati, ricolmi di lacrime e risentimento, mentre la bocca era spalancata, quasi teatralmente, in maniera esagerata a tal punto che il solo guardarlo faceva male.
L'uomo gridava, gridava dalla frustrazione, dalla rabbia, dalla delusione, fu come se Tobio in quel preciso istante fosse stato investito da tutte le emozioni negative e dai sentimenti che suo padre provava per lui, o almeno, dalla sua idea di essi.
Si coprì le orecchie con le mani, inginocchiandosi a terra dal dolore, quel suono così forte ed acuto era assordante e confusionario.
Guardò sua madre dal basso, con occhi terrorizzati, il vestito bianco candido della madre, era ora ricoperto da una costellazione di macchie rosse scarlatte, disperse qua e là sul cotone precedentemente immacolato, dal corsetto alla lunga gonna.
La donna si mosse con straziante calma, avvicinandosi al figlio a terra, si chinò in sua direzione, avvicinando le labbra al suo orecchio.
Spostò la mano del moro con tocco delicato, facendogli scappare una lacrima al ricordo di quel contatto tanto dolce quanto effimero che oramai aveva dimenticato.
Il forte frastuono si fermò di colpo, come se qualcuno avesse eliminato ogni suono dal mondo.
"È tutta colpa tua"
.
.
.Il moro si svegliò con il respiro affannoso e ci mise qualche secondo a capire dove si trovasse. Tutte le persone attorno a lui gli impedivano la vista.
Era ancora sconvolto e tramortito dall'incubo che aveva avuto, erano anni che non sognava la figura di sua madre, erano anni che non riusciva a ricreare con la sua mente una precisa immagine di lei.
"Ragazzi uscite adesso, ha bisogno di spazio" intimò il biondo e tutti lasciarono la stanza, con aria preoccupata
"Hey, è tutto apposto, sta tranquillo"
Il moro guardò confuso il coach ukai non capendo il perché si trovasse con lui, corrucciò le sopracciglia per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani che tremavano come foglie.Si toccò il viso con le mani tremanti, scoprendolo umido di lacrime.
"C-che sta succedendo, dove sono?"
Chiese il moro, scrutando con occhi terrorizzati quelli del coach della sua squadra."È tutto okay kageyama-kun, siamo nel mio appartamento, come ti senti?"
Chiese il biondo, posando una mano sulla spalla del giovane seduto sul futon a terra."I-io non lo so...sento dolore ovunque, c-come ci sono fini-"
Il moro era in procinto di chiedere spiegazioni quando i flashback della sera prima si palesarono nella sua mente, investendolo come un treno in corsa.
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•YUGEN• Kagehina Ita
Fiksi PenggemarYugen: sensazione che proviamo quando ci sentiamo in comunione con l'universo. Quando percepiamo che siamo tutt'uno con ciò che ci circonda. Perdere la cognizione del tempo e dello spazio, immersi nella bellezza. Tratto dal libro: "Quando giochi a t...