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Sei del mattino, sabato.

Passai le dita tra i capelli arruffati, le labbra quella mattina erano secche e pallide.
Ci passai sopra del burrocacao, poi mi schiarì la gola. Bevvi un sorso d'acqua, la voce doveva essere in buone condizioni per una perfetta presentazione.

Dritto sulla schiena mi riflessi allo specchio e sospirai. Quella cinta attorno alla vita era troppo larga e stretta, quasi a mozzarmi il respiro. La camicia bianca fin troppo ordinaria e le scarpe erano piccole per la mia taglia.

Sistemai la giacca grigia sulle spalle, l'attimo dopo la porta venne aperta e tirai l'ennesimo sospiro di quella giornata.

«Taehyung, la macchina è di sotto.»

La congedai con un'alzata di capo e tornai alla figura riflessa allo specchio. Quello non ero io, quell'abito e quell'ambiente non era ciò che desideravo da piccolo eppure, era l'ultima opportunità che mi era rimasta per rincontrarlo.

Dovevo rivedere ancora una volta quei grandi occhi castani e quelle labbra sottili, e avrei fatto qualsiasi cosa pur di farlo.

Nove e mezza del mattino, sabato.

«Signorino Jeon, mi scusi.» Non ricevendo una risposta, continuò con voce leggera. «Signorino Jeon, suo padre l'aspetta nella sala principale.»

Brontolai, passandomi una mano sul volto. Alzai il capo per guardare l'orario impresso sul muro, poi tornai col capo sepolto sul cuscino.

Non feci in tempo a dire di lasciarmi riposare ancora un po', che Hyuna parlò ancora.

«Si si, mi sto alzando.»

Sbuffai e mi tolsi le coperte di sopra. Ancora con gli occhi socchiusi mi lavai i denti e pettinai i capelli. Indossai il completo beige e uscì dalla stanza.

Alla sala principale non mancava nessuno, eccetto me, che in piedi davanti la porta continuavo a sbadigliare. Mi portai una mano a coprirmi la bocca quando vidi mio padre lanciarmi uno sguardo zittente e presi posto al suo fianco.

«Spero tu ricorda perchè sei stato chiamato.» Sviai il suo sguardo e cercai quello di Hyuna nella stanza, che mi mimò qualcosa con le labbra.

Mi schiarì la gola e parlai. «Ah si, oggi arriva quello.»

«La tua guardia del corpo, Jungkook. Non quello. Esigo che tu abbia rispetto.» Non risposi, piuttosto presi la tazza tra le mani e bevvi un lungo sorso di thè caldo.

Rimasi qualche istante immerso nel sapore e nel tepore, poi bussarono alla porta.

Mio padre si alzò, si stirò la camicia con le dita e fece due passi in avanti. I suoi occhi quasi si illuminarono quando comparve una figura slanciata tra i servi.

Molto probabilmente aveva la mia età, o forse qualche anno in più. I suoi capelli sembravano consumati dalla tinta grigiastra che portava, le gambe lunghe e le mani quasi nascoste dalle grandi maniche della giacca.

Forse disturbato dal mio continuo fissarlo, spostò lo sguardo da mio padre a me, e i suoi occhi cambiarono. Sembrava fossero diventati più lucenti mentre le labbra si incurvavano in un appena accennato sorriso.

«Lui è mio figlio, Jeon Jungkook.» Non mi alzai, non finchè mio padre si voltò a guardarmi. Sospirai e feci qualche passo in sua direzione.

Il ragazzo provò a stringermi la mano e non resistetti, scoppiando in una fragorosa risata. L'idea di un coetaneo che assumeva una posizione così rigida con me, proprio non riuscivo a capirla.

«Perdonalo, ha bisogno di essere messo in riga.» Parlò mio padre e il ragazzo annuì, non staccando lo sguardo dal mio viso un solo istante.

«È per questo che ti ho assunto, Signorino Kim. Non solo voglio che tu lo protegga, ma che riesca nell'intento di addomesticarlo.»

«Non sono un fottuto animale.» Sbottai al suo fianco, poi girai di scatto il viso verso il ragazzo e lo fissai a mia volta, volevo che smettesse.

I suoi occhi erano belli sì, ma mi sentivo in soggezione ad essere fissato in quel modo. Sembrava mi stesse divorando con lo sguardo.

Lui parve capirlo e abbassò il capo, ma quel piccolo sorriso non scomparve dalle sue labbra.

«Modera il linguaggio.» Grugnì quasi in risposta, poi parve ricomporsi. Si sistemò ancora una volta la camicia e parlò ancora con lui. «Pensi di riuscire?»

Il ragazzo sembrò non pensarci neanche un istante, annuì in risposta e fece un leggero inchino. Mio padre sorrise compiaciuto e lo sorpassò, dirigendosi verso la porta.

«Ah, Signorino Kim.» Fece qualche passo indietro e parlò di nuovo. «Dormirà in stanza con mio figlio, si assicuri che non esca da solo in piena notte.»

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