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Dodici e ventidue, lunedì.

«Prenda pure posto.» Seguì con lo sguardo la mano callosa che indicava la soffice poltrona grigia e negai col capo.

Rifiutai la sua offerta con un lieve sorriso, la schiena ritta e le mani unite sulla schiena. Mi mossi appena sui talloni, decisamente a disagio. Lui parve percepire la mia tensione e tossì due volte.

«Signorino Kim, sa perchè l'ho chiamata qui?» Non dissi niente, la risposta era più che palese.

Affollai la mente di pensieri e di scusanti che avrei dovuto utilizzare in quell'occasione tanto scomoda, ma nulla sembrava andar bene. Nel momento in cui trovai qualcosa da dire, il Signor Jeon mi precedette.

«L'ho chiamata per ricordarle l'appuntamento delle ventuno. Ricorda, no? Glievo avevo accennato ieri al suo arrivo.» Tutti i miei dubbi crollarono all'istante e dovetti tirare un sospiro di sollievo.

«Corso di tiro, ricordo.» Sfilai l'agenda classica dalla tasca della giacca e lessi il contenuto. «Piano secondo, terza porta a destra. Il Signorino Jeon ha la sua prima lezione per imparare ad usare le armi da fuoco.»

Lo vidi annuire e mi limitai a sorridere un'ennesima volta. Misi via l'agenda e restai inchinato per alcuni istanti, poi mi risollevai e gli diedi le spalle per andar via. Eppure prima ancora che potessi uscire dalla stanza venni richiamato.

«Un'ultima cosa prima che vada.» Si alzò e fece due passi in mia direzione. Restai rigido mentre mi camminava affianco e si fermava poco dietro di me. «Sa bene perchè l'ho assunta.»

E capì subito cosa intendesse. «Il suo scopo è rimetterlo in riga, non esserle amico.» La pesante mano si posò sulla mia spalla e le dita la strinsero, così forte che pensai potesse romperla da un momento all'altro. «Non tollero quel genere di avvicinamento da parte sua. Non sia gentile con lui, nè lo accontenti in nulla. Ha bisogno di ricordare che lei è la sua guardia del corpo, non un amico con cui divertirsi. Capisce cosa intendo, no?»

Dovetti annuire e accontentare la sua richiesta, e lui fece un'altro passo verso la porta. Lasciò andare la mia spalla non prima di avergli lasciato una pacca amichevole sopra.

«Se non riuscirà a mantenere il suo ruolo, sarà sostituito.» Non aggiunse nient'altro, non ce ne fu di bisogno.

Venti e cinquantaquattro, lunedì.

Sei minuti prima dell'incontro, eravamo già li. Taehyung aveva insistito tanto per farmi essere puntuale e addirittura, eravamo riusciti ad essere in anticipo.

Al ritorno dall'ufficio non aveva aperto bocca, neanche quando avevo detto delle ridicole battute sui suoi capelli. Non commentò, non rise, non sbuffò. Niente, sembrava fosse diventato di ghiaccio.

«Che ti ha detto mio padre?» Domandai ancora una volta e lui ancora una volta non rispose.

Evitò il mio sguardo mentre camminavamo l'uno di fianco all'altro, come se non esistessi. Mi aprì la porta e mi fece segno di entrare per primo. Annuì soltanto e lo precedetti.

Dovetti indossare delle enormi cuffie per evitare l'impatto degli spari ed una protezione per le mani. Presi una Glock 19 e la impugnai, cercando di mirare verso l'obiettivo ad un paio di metri di distanza.

Sparai tre volte ed il bersagno in gomma non fu neanche sfiorato. Sbuffai e Taehyung si mosse al mio fianco. Dietro di me, poggiò le mani sulle mie e le sistemò all'altezza delle labbra.

«Rilassa la mano e tienila ferma, muovi soltanto l'indice una volta che sei sicuro di mirare l'obiettivo.» Potè sentire il suo fiato caldo sul mio orecchio e socchiusi gli occhi, godendomi quel tepore.

«Rimani concentrato qualsiasi cosa accada. Non lasciarti distrarre da niente. Spalle rigide, braccia tese e gambe divaricate.» Ma ero già più che distratto a causa delle sue labbra a pochi centimetri dalle mie.

Voltai il viso d'un lato e le nostre labbra si sfiorarono. Si immobilizzò e strinse la mascella, socchiudendo gli occhi. Probabilmente stava reprimendo la voglia di baciarmi, o di prendermi a pugni.

«Adesso prova a sparare.» Disse soltanto, senza neanche riuscire a guardarmi in viso.

Con l'aiuto delle sue dita sulle mie, premetti il grilletto e colpì due volte su tre l'obiettivo, una sul petto ed una sulla fronte. Lo sentì sorridere da sopra la mia spalla.

«Niente male.» E al suo commento mi girai ancora, viso contro viso.

Mi morsi il labbro inferiore sotto i suoi stessi occhi, che parvero divorarmi. Poi il suo viso si avvicinò e non aspettai oltre, spingendomelo contro.

Strinsi i suoi capelli tra le dita mentre muovevo le labbra contro le sue, che erano più dolci e soffici di quanto fantasticassi. Gemetti quando strinse il mio fianco cosi forte e aprì gli occhi, trovandomi dinanzi la creatura più sensuale e affascinante che potesse esistere.

Taehyung aveva gli occhi socchiusi, le lunghe ciglia poggiate sulle guance arrossate. La fronte era rilassata cosi come le sopracciglia e le labbra, premute contro le mie, gonfie e lucide.

Le morsi e si staccò, poggiando la fronte contro la mia. Sospirò e trattenne quello che mi parve un singhiozzo, poi aprì gli occhi. Mi guardò a lungo e quando provai ad avvicinarmi ancora una volta, mi allontanò dalle spalle.

«Non possiamo.» Mormorò a bassa voce, ma sembrò più una frase per autoconvincersi.

Lo spinsi nuovamente contro le mie labbra e lo baciai ancora, e lui corrispose. Succhiò la mia lingua e morse la mia bocca che oramai sapeva di lui, poi si staccò ancora e si allontanò.

Mi guardò, gli occhi lucidi. «Non possiamo.» Ripetè come un mantra. «Perderò il mio incarico se continueremo così.»

Un'istante dopo uscì dalla stanza e mi lasciò li, interdetto e con la mente soffocata da mille pensieri.

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