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Venti e cinquantadue, domenica.

Tamburellai le dita sul piatto ancora vuoto e controllai per l'ennesima volta l'orologio sulla parete. Quasi le ventuno e ancora neanche l'ombra di Taehyung.

Mio padre parve notare la mia attesa e sbattè una mano contro il tavolo in legno, facendo trasalire Namjoon al mio fianco.

«Smetti di muovere la gamba in quel modo, mi da sui nervi.» Roteai gli occhi per aria e non lo sscoltai.

Volevo ribattere che qualsiasi cosa facessi gli desse sui nervi, anche il mio respirare. Eppure lo tenni per me, non era la serata giusta per creare un'altra inutile discussione.

Mi voltai ancora, la porta in vetri era ancora chiusa e non si notava alcun movimento dall'altra parte. Dopo quella mattina, Taehyung era stato convocato nell'ufficio di mio padre, avevano discusso a lungo e poi era tornato da me. Mi aveva baciato una guancia e mi aveva sussurrato di essere puntuale per la cena della sera, e che lo sarebbe stato anche lui.

Controllai lo schermo del cellulare, magari aveva lasciato una nota o qualche piccolo messaggio. Niente, neanche lí.

«Mangia, si raffredderà.» Negai col capo e non staccai lo sguardo dalla porta, sperando che da un momento all'altro si sarebbe aperta e sarebbe comparso nel suo totale splendore.

«Mangia.» Non mi voltai e sospirai alla sua insistenza, lui allora continuò a parlare. «Il Signorino Kim staserà non sarà con noi.»

I miei occhi furono subito sui suoi, scuri e quasi assenti. Stava leggendo il quotidiano nell'attesa delle pietanze e non osò guardarmi.

«Dov'è?» Chiesi con un tono più alto del previsto, l'idea che non mi avesse avvisato mi suonava strano. Taehyung non l'avrebbe mai fatto. «Ho chiesto dov'è.»

«Sei proprio un ragazzino viziato.» Rise a bassa voce e chiuse il giornale davanti a sè. «Ora capisco perchè tua madre ti ha lasciato tra le mie mani.»

Mi alzai e nel farlo rovesciai la sedia, ma non me ne importò. Camminai finchè non fui viso contro viso e strinsi la cravatta tra le dita. Le guardie si mossero agitate e fecero per braccarmi le braccia, ma mio padre sollevò un dito per aria e le fermò.

«Non parlare di lei.» Dissi a denti stretti e lui rise ancora una volta, di gusto. Avrei tanto voluto spaccare quella faccia sadica. «Dimmi dov'è Taehyung.»

E mentre osservavo i suoi occhi vitrei, ricordai il dettaglio di quella mattina. Qualcuno aveva visto la scena di noi due assieme, ancora spogli di vestiti e mezzi ansimanti. L'idea che avesse raccontato tutto a mio padre mi fece salire il sangue al cervello.

Lasciai andare lui e mi diressi verso Namjoon, che indietreggiò sino ad inciampare sui propri stessi passi. «M-Mi scusi Signorino Jeon, io..»

Balbettò e ricapì che la mia idea non era tanto infondata. Feci un'altro passo in avanti e Jimin mi bloccò le braccia dietro la schiena.

«Signorino Jeon si calmi, cosí peggiorerà le cose.» Strattonai ed urlai, ma non mi lasciò. Mio padre si alzò, fece due passi in mia direzione e sollevò una mano in aria, colpendomi in pieno viso.

«Desideravo soltanto un figlio obbediente, ed invece me ne ritrovo uno ingrato che non porta rispetto neanche a sè stesso.» Strinse le mie guance con forza. «Se quella donna non ti avesse lasciato in mia custodia, ti ritroveresti in un posto squallido circondato da gente come te.»

«Come me come, papà? Gay?» Mi schiaffeggiò ancora e tirai su la testa, guardandolo.

Fece per dire qualcosa, poi ci ripensò e rise. I suoi occhi erano intrisi di pura follia e mi tirò i capelli, lasciando che lo guardassi ancora. «Vuoi sapere dov'è, eh?»

Fece segno a Jimin di scortarmi fuori dalla stanza e lui obbedí, spingendomi dalle spalle verso il piano inferiore. Cercai di strattonarmi ma ottenni soltanto delle spinte in cambio.

Ci fermammo davanti ad una grande porta dov'era solito non lasciare che accedesse nessuno, poi aprí e sentí il sangue raggelarsi.

Taehyung era disteso su un fianco, cinque uomini lo stavano colpendo senza sosta sul corpo già martoriato. Il suo viso era coperto dalle ciocche ma potei scorgere una grande quantità di sangue fluire dalla sua testa. Era inerme, gemeva soltanto a bassa voce, sfinito.

«Lasciatelo! Lasciatelo stare!» Urlai con tutta la voce che avessi in corpo e strattonai cosí forte Jimin che riuscí a liberare le braccia.

Inciampai e corsi verso Taehyung, ma non feci in tempo a prendere il suo volto tra le mie mani che venni trattenuto ancora. «Lasciatemi!»

«Se solo voi due mi aveste ascoltato non saremmo mai scesi a questi compromessi.» Parlò mio padre, girandomi intorno. Poi si inginocchiò e mi strinse le guance. «Sta a te decidere.»

Capí subito cosa intendesse e spostai lo sguardo su Taehyung. Aveva aperto di poco gli occhi e delle calde lacrime erano scorse lungo le sue guance. Sentí il cuore rallentare a quella scena e mi ritrovai ad annuire ed ad urlare ancora una volta.

«Va bene, cazzo. Hai vinto! Andrò a studiare in America come hai sempre voluto e assumerò un'altra guardia del corpo. Ma cazzo, lascialo in pace! Smettila!»

Mi ascoltò, si alzò con un sorriso e fece segno agli uomini di smettere. Taehyung stramazzò per terra e prima di richiudere gli occhi, mi sorrise e mi mimò con le labbra un «Ti amo.»

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