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Ventuno e dodici, lunedì.

«Taehyung.» La mia voce aveva oramai assunto un tono quasi disperato, mentre continuavo a rincorrerlo lungo il corridoio.

Lui affrettò il passo e cercai di andargli dietro, con il petto che doleva per quanto corressi. Cercò di entrare in una stanza ma glielo impedì, afferrando il suo polso.

Lo strinsi tra le dita e lui rimase fermo, con una piccola smorfia sul viso. Non mi guardò quando lo chiamai per nome, nè quando quasi lo implorai di spiegarmi la situazione.

«Perchè ti comporti così?» Insistetti e strattonò il braccio, togliendolo dalla mia presa.

«Non possiamo, Jungkook. Sono la tua cazzo di guardia del corpo, come pensi che possa venire a letto con te?» Mai avrei immaginato di vederlo alterarsi in quel modo.

«Eppure mi hai baciato.» Ribattei, non volendo dargliela vinta.

«Ho bevuto prima ed ho perso il controllo. È una cosa che non deve più accadere.» Disse tutto ad un fiato, ma non parve crederci neanche a lui.

«Non sapevi di alcol, smettila di sparare cazzate.» Mi avvicinai e lui indietreggiò. «Se è mio padre il problema, sai che non me ne frega. Mi punirà, me ne farò una ragione.»

Cominciò a camminare avanti ed indietro, con la testa tra le mani e l'aria spazientita. Sospirò più volte e soppresse un ringhio nervoso.

«Ha ragione, sei soltanto un bambino.» Stavolta fu lui ad avvicinarsi ed io ad indietreggiare. «Non capisci le situazioni, non capisci quando si complicano e quando bisogna smettere di giocare. Pensi soltanto al sesso e a divertirti tutto il tempo.»

Quelle parole fecero più male del previsto, eppure ero abituato a sentirmele dire.

«Punirà me, non te. E non posso rischiare di perdere tutto a causa di un moccioso viziato che non sa reprimere i propri istinti sessuali.»

Avrei voluto controbattere come da abitudine. ma non uscì neanche un filo di voce. Sentì la gola bloccata, quasi come se un masso mi stesse ostruendo le vie respiratorie.

Taehyung mi guardò e per un istante, potei leggere della tristezza nei suoi occhi. Poi mi voltò le spalle e mi lasciò lì, ancora una volta, sempre più distrutto.

Dieci, martedì.

La mattina era cominciata peggio di come immaginassi. Jungkook si era svegliato con la cosiddetta luna storta ed evitava ogni mia singola parola, come non esistessi.

Mi passava affianco ma non mi guardava neppure, aveva anche preferito dormire sullo scomodo divano, lontano da me.

E per l'intera mattinata, mi limitai a tornare con il rapporto che avremmo dovuto mantenere fin dall'inizio, quello della sua guardia del corpo.

Lo seguivo ovunque andasse, come fossi la sua ombra. Mi preoccupavo che mangiasse bene ma non troppo da star male, che non uscisse a mia insaputa e con persone sbagliate.

Quella stessa mattina alle undici avremmo avuto assistere ad una riunione col padre ed alcuni uomini d'affari che, a detta dell'uomo, erano essenziali per quell'ambiente.

Così quando vidi Jungkook dirigersi verso l'esterno, fu inevitabile afferrarlo per un polso e trattenerlo.

«Abbiamo una conferenza tra meno di un'ora, devi lavarti e indossare l'abito migliore.» Come immaginai, non mi ascoltò neanche.

Uscì in giardino e si sdraiò per terra, ricoprendo i suoi vestiti di erba. Socchiusi gli occhi per sopprimere un urlo di disperazione. Ero esausto e quel suo evitarmi mi rendeva ancora più stanco.

«Jungkook ascoltami, se non saremo lì tra un'ora sai cosa succederà. Devi essere pronto in caso arrivino prima.» Continuai ma lui sorrise e mi evitò ancora.

Preso dall'impeto, raccolsi un po' d'acqua dalla fontana li vicino e lo schizzai in viso. Si alzò di scatto, innervosito e furioso. Finalmente almeno avevo ottenuto la sua attenzione.

«Ho capito cazzo, ci vado da solo. Non seguirmi.» Strinse i pugni e mi sorpassò.

«Modera il linguaggio.» Risposi soltanto, sospirando alla sua testardaggine e seguendolo in silenzio.

Quando si accorse che fossi di nuovo alle sue spalle, si fermò e serrò la mascella.

«Non ho bisogno di un fottuto cane da passeggio. Smettila di seguirmi e di stare ai suoi cazzo di ordini.» Quasi sbraitò.

«Modera il linguaggio, Jeon. Pensi che a me faccia piacere seguire ovunque vada un moccioso viziato come te, eh?»

Me ne pentì poco dopo, era la seconda volta che usavo quel termine con lui e sembrava ferirlo più di qualsiasi cosa.

«Si! Sono un moccioso viziato senza la fottuta madre!» Alzò le mani in aria ed urlò a squarciagola. «Neanche io mi sopporto cazzo, ma è colpa sua se adesso sono cosi! Non gli importa niente di me, non gliene mai fregato niente. Gira tutto attorno ai soldi e al lavoro, e tu,» Mi puntò un dito sul petto. «Sei come lui. Non ti importa di come mi sento davvero, ti comporti cosi perchè è il tuo lavoro. Ti prendi cura di me perchè sei pagato per farlo. Pens-»

Non gli diedi altro modo di parlare che afferrai le sue guance tra le mani e lo baciai.

Labbra contro labbra, cominciò a scorrergli una lacrima, poi un'altra. Era silenzioso e muoveva appena la bocca sulla mia, eppure sembrava avere disperato bisogno di quel bacio.

E non pensammo alle conseguenze, ci stringemmo soltanto e ci abbracciamo, condividendo con l'altro quel dolore e quei sentimenti repressi da tempo.

before you | taekook ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora