16

1.5K 111 15
                                    

Otto, lunedí.

L'aria fresca diede sollievo quando si infranse contro il viso, rendendo il gonfiore al di sotto dell'occhio meno doloroso.

Mi sfiorai la parte ancora sanguinosa con le dita e sussultai, poi mi voltai verso lo specchio.

L'immagine riflessa di certo non mi apparteneva. Scure iridi contornate da un colorito quasi violaceo, le labbra carnose quasi ricoperte interamente di graffi e spaccature ai lati, che bruciavano al solo contatto della saliva.

Mi toccai il fianco e sollevando il bordo della camicia, notai la presenza di alcuni ematomi. Sospirai e risistemai l'uniforme.

Pettinai i ciuffi con le dita, non che mi importasse davvero il mio aspetto. Solo, volevo che lui mi ricordasse in quel modo, sorridente e ben ordinato.

«È ora di andare.» La testa di Namjoon comparve da dietro la porta, un piccolo sorriso sulle sue labbra. Anche se non stava davvero sorridendo , gli si poteva leggere nello sguardo.

«Signorino Kim, senta.» Non ottenendo risposta fece un passo in avanti e si richiuse la porta alle spalle, forse per evitare che qualcuno ascoltasse la conversazione. «Chiedo perdono per ieri ma non avevo altra scelta se non comunicarlo al Capo.»

«Va tutto bene.» Ed invece non andava affatto nulla per il verso giusto. Quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei rivisto i suoi occhi incastrarsi ai miei e solo l'idea, mi stringeva lo stomaco.

Si inchinò e alzai una mano in aria, sviando ancora una volta l'argomento. Avrei voluto far di peggio, urlargli contro e forse colpirlo dritto in viso, poi mi resi conto che in realtà il problema ero io.

Ero entrato in quella struttura con la sola intenzione di prendermi cura della sua testardaggine e far sí, che tornasse sulla retta via. Ma alla fine mi ero fatto travolgere ed ero caduto in profondità al suo fianco, senza più la voglia ed il modo di tornare su.

Sospirai ed uscí dalla stanza, che guardai un'ultima volta. Jungkook non aveva chiuso occhio quella notte, lontano da me. Aveva dormito in soggiorno, con la testa tra le gambe a soffocare rumorosi singhiozzi.

Portai le buste contenenti i miei pochi indumenti al piano inferiore, poi attesi. In piedi, schiena ritta e mani unite dietro la schiena, che quell'uomo si facesse presente.

Poco dopo spuntò il suo sorriso dal corridoio e abbassai la testa, non riuscendo a sostenere quello stesso sguardo che il giorno precedente, mi stava osservando soffrire e chiedere pietà.

Mi fu aperta la portiera dell'auto e prima di entrare a bordo, attesi. Lui non sembrava essere venuto. Forse il padre gliel'aveva impedito o forse - pensiero che mi ferí ancor di più -, aveva preferito non rivedere più il mio viso.

Mi sedetti e sospirai, sussurrando in maniera appena udibile un «Può andare.» al tassista.

Il motore partí e prima ancora che anche le ruote facessero lo stesso, comparve in tutta il suo splendore.

Aveva corso, il suo viso era matido di sudore e le ciocche scure appiccicate alla fronte. Indossava gli abiti del giorno prima, sgualciti e con una piccola macchia di caffè sulla maglia.

Corse verso l'auto ed urlò a squarciagola che si fermasse, ma non bastò. Jimin tenne strette le sue braccia mentre si inginocchiava per terra senza forze. Mi guardò un'ultima volta, gli occhi ricolmi di lacrime tanto da essere irriconoscibili.

«Ti amo.» Mi mimò con le labbra, poi l'auto partí e non rividi più quei suoi bei occhi che mi avevano stregato il petto e la mente.

before you | taekook ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora