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Dieci del mattino, domenica.

Non parlò, nè sollevò lo sguardo in mia direzione una singola volta. Dall'accaduto di poche ore prima ricapì che quell'azione l'aveva lasciato senza parole.

Non si era lamentato della mia presenza, si era semplicemente sdraiato per terra e aveva dormito lì, al freddo e lontano da me. E se pur l'idea di usare la violenza con lui non mi entusiasmava affatto, percepivo che fosse l'unico modo utile per farmi ascoltare.

Alle dieci e trenta suo padre entrò in stanza, borbottò qualcosa su degli allenamenti di nuoto settimanale e sparì di nuovo.

Parve ascoltarlo in silenzio e alla sua uscita dalla stanza si alzò e prese un borsone dall'armadio. Verificò che ci fosse il contenuto necessario all'interno, poi andò verso la porta.

Lo precedetti e aprì la porta al posto suo. Lo vidi guardarmi di sbieco, una frazione di secondo che mi bastò per capire che stesse tramando qualcosa.

Dall'aria difatti non sembrava affatto infastidito o irato per quel mio schiaffo, anzi mi risultò parecchio tranquillo e cauto. Forse anche fin troppo.

Lo seguì in totale silenzio ai due piani superiori e le vasche olimpioniche si pararono dinanzi a noi. Ai lati, le porte erano inesistenti e a sostituirle, dei grandi archi con la vista all'esterno e al prato verdastro e ben curato.

Quando riportai lo sguardo in sua direzione indossava soltanto uno striminzito costume nero, aderente sulle cosce possenti e tatuate. Mi soffermai a guardarlo forse anche fin troppo e poco dopo il suo corpo sparì dentro l'acqua.

Presi posto di fianco alla vasca principale, osservandolo immergersi in profondità. Un minuto, e della sua testa neanche l'ombra. Due minuti mi parvero forse anche fin troppi e cominciai a chiamarlo a gran voce.

«Jungkook.» Un ennesimo richiamo, ancora nessuna risposta.

«Jungkook. Smettila di scherzare e vieni fuori.» Eppure qualcosa mi intimava di gettarmi.

E quasi lo feci, mi tolsi di getto la giacca e la lanciai per terra, incurante che si bagnasse. Prima ancora di raggiungerlo però, emerse e mi schizzò una grande quantità d'acqua addosso.

«Jungkook! Dove sei Jungkook! Sentiti, quasi frignavi.» La sua risata profonda rieccheggiò tra le pareti, sembrava sereno e divertito più che mai.

«Pensavo stessi annegando.» Risposi infastidito da quel suo continuo deridermi, passandomi una mano sul vestito oramai matido d'acqua.

«Avanti smettila e vieni a fare un bagno.»

«Non è da regolamento.»

«Mio padre non è qui.» Fui tentato davvero di ascoltarlo e di raggiungere quella vasca fresca ed invitante, ma ero lì da poco meno di un giorno e non potevo rischiare il posto per una mia voglia improvvisa.

Non feci in tempo a negare che sentì la sua mano afferrarmi la caviglia e trascinarmi in acqua lì con lui. Emersi poco dopo, i vestiti pesanti erano incollati al corpo e le ciocche grigie in disordine sulla fronte.

Quando anche la sua testa riemerse fuori, i suoi occhi si posarono sul mio petto e rimasero ancorati, come avesse visto qualcosa di magnetico.

Abbassai lo sguardo e seguì la traiettoria del suo, capendo cosa stesse fissando. La camicia aveva assunto una trasparenza tale da rendere il mio petto quasi a nudo, e lui sembrava divorarselo con gli occhi.

Dieci e cinquantre, domenica.

Immaginavo stesse pensando ai pro e ai contro della situazione nello raggiungermi, perciò decisi al posto suo. Lo spinsi in acqua, riemergendo qualche istante dopo lui.

Mi portai i capelli indietro con un gesto veloce della mano ed in maniera inevitabile, i miei occhi si posarono sul suo corpo.

Da sotto gli abiti succinti fantasticavo sul come potesse essere grande il suo petto eppure vederlo lì, azzerava ogni mio pensiero.

Era bello da togliere il fiato.

Mi mossi in avanti, leggero e cauto, e a mia gran sorpresa non si scostò. Neppure quando poggiai una mano sulla sua vita e risalì lento fino al petto.

Non socchiuse gli occhi, nè disse niente che potesse farmi intendere che gli dispiacesse. Lo sfiorai ancora e lessi nei suoi occhi lo stesso mio desiderio ardente di fare sesso lì, in acqua.

Qualcosa sembrava frenarlo dal lasciarsi andare completamente al mio tocco ed immaginavo che la sua posizione glielo impedisse, eppure sapevo che quelle mie attenzioni lo incuriosivano a dir poco.

«Devo andare a cambiarmi. Esci in fretta, ti aspetto di sotto.» Sembrò leggere i miei pensieri, poi di scattò si allontanò e uscì dalla piscina.

Gli abiti erano pesanti e larghi sul suo corpo, mentre lo guardavo allontanarsi verso lo spogliatoio.

E li pensai che se non potevo combatterlo, potevo godermi il divertimento fin quando sarebbe durato.

Mi sarei fatto desiderare così tanto da fargli perdere la ragione.

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