cry baby

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I ricordi di cui ero circondata erano tanti.
Talmente tanti da non farmi chiudere occhio per tutta la notte.

Il continuo flusso di pensieri è sempre stato uno dei miei problemi più grandi.

Non che a me non piacesse.

Ma non mi faceva dormire.

Erano tante le notti da bambina, in cui mi ritrovavo con gli occhi spalancati e le lenzuola fin sopra la testa.

Le motivazioni erano tante:

Avevo paura del buio e soffrivo perennemente d'ansia, sin da bambina.

La nonna è stata una delle poche persone che mi è stata vicino in questi periodi bui e stanchi della mia vita.

Era l'unica persona che non reputava la mia ansia sensata.

Era una delle poche persone che rimaneva con il libro aperto e lo sguardo stanco sulle parole e,con un timbro di voce stanco e quasi inesistente fuoriuscire dalle sue labbra.

Non sempre tutto andava come io mi aspettavo.

Più grande diventavo, più queste piccolezze si trasformarono in cose più grandi e preoccupanti.

Incominciai a gestire l'ansia e l'insonnia a soli 15 anni.

Le tisane e le camomille erano interminabili. Come la musica classica, d'altronde.

Tonnellate erano i libri sulla mia scrivania. Alcuni terminati e altri interminabili.

Attorno ai 17 riuscì a tenerla in pugno, crollando una settimana dopo aver smesso di preoccuparmi.

Gli esami erano alle porte e la mia ansia era lì, a tenerle aperte.

La caffeina non è mai stata la mia preferita, fino ai 18.

Firenze e vari motivi mi portarono ad esserne ossessionata.

La notte era diventata il mio unico e solo momento della giornata dove potevo stendere le gambe sul divano e rilassarmi per cinque minuti.

La vita lassù era abbastanza impegnativa: erano molti i giorni in cui il capo, del posto dove lavoravo, mi dava la notte.

Lavorare di notte era più bello e rilassante, tranne quando si trattava di tornare a certi orari la mattina, soprattutto quando il pomeriggio stesso sarei dovuta essere nello stesso posto, e rifare gli stessi orari della sera precendente.

Diciamo che non mi annoiavo mai.

Mi ritrovai distesa sul letto, con la testa tra le nuvole e il cellulare che suonava.

Decisi di ignorarlo, all'inizio, per poi cambiare idea quando la suoneria, una volta chiusa la chiamata si ammutolì, tornando con la sua tiritera una seconda volta.

Sbuffai, alzando il busto dal materasso, prendendo il telefono.

Notai il nome di Oliver sullo schermo, rispondendo:

<<ANDREAAAAAAAAA, buongiorno fiore di loto>> mi scappò una risatina nervosa.

<<Oliver! finalmente ti fai sentire!>> lo sentii sbuffare <<pensavi di esserti liberato di me con tanta facilità?>>

<< Se dovesse essere così, allora mi dispiace >>

<< Peccato! >> Sbuffai.

<< Cosa ti porta ad essere sveglio a quest'ora del giorno? >> Chiesi subito dopo.

<< Che or- sei esagerata. Hai voluto l'amico che soffre di d'insonnia, ora te lo tieni>>.

Una risata scappò dalle mie labbra.

Used to be my boyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora