Capitolo 7

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«Bene, eccoci arrivati davanti alla stanza del terrore!», disse Minho sfregandosi le mani appena arrivati davanti alla stanza in cui avrebbe dovuto trovarsi Justin.

«Minho, piantala con questo sarcasmo fuori luogo!», brontolò Newt, grattandosi la nuca.

Bussai cercando di non ridacchiare mentre Minho continuava a fare battutine.

«Avanti.» Un lieve sussurro, la voce di Justin, prova che era ancora in stanza.

Presi un grosso respiro, nemmeno mi stessi preparando a saltare giù da un monte.

Aprii la porta, deglutendo, «Ehi, Justin, ho qualcosa per te».

«Se è del cibo, non ho fame», disse in modo schietto.

Era ancora poggiato al davanzale della finestra e fissava fuori. Mi domandai se si fosse mai spostato da lì.

«No, non è del cibo. Ho qualcosa per te e basta, girati per favore.» Mi voltai per controllare dove fossero Minho e Newt, ma erano rimasti fuori e non entrarono. Newt aveva uno sguardo impassibile, ogni tanto sollevava lo sguardo al soffitto mentre Minho non smetteva di parlare, sicuramente continuando a fare battutine del caspio.

«Cosa mi devi dare?», disse Justin, voltandosi lentamente e massaggiandosi il collo.

Piegò la testa all'indietro, scrocchiando il collo, poi abbassò la testa e guardò ciò che tenevo tra le braccia. La maglietta sporca e strappata di George.

Sembrò quasi confuso, ma poi sgranò gli occhi, «Perché...?»

«Aspetta... Tieni questo», mi avvicinai e gli passai il foglio tutto stropicciato.

Poggiai la maglietta sul lettino rudimentale e mi sedetti su questo, mentre Justin leggeva silenziosamente. Le sue mani cominciarono a tremare, i suoi occhi divennero lucidi in poco tempo.

Sapeva che sarebbe successo. Sapeva che George era morto, dato che non era tornato dal Labirinto, ma forse quella lettera era troppo. Forse lui ci vedeva dell'altro in quelle parole, magari lui capiva più di quanto potessimo fare noi. Tra loro c'era comunque un forte legame, nonostante tutto ciò che c'era dietro.

«Vattene», disse a denti stretti.

Corrugai la fronte e schiusi le labbra, ma sollevò lo sguardo come un serpente pronto a scattare, «Vattene via. Adesso. Va' fuori di qui!».

Sgranai gli occhi e scattai in piedi, uscendo dalla stanza il più velocemente possibile.

Newt chiuse la porta lentamente, restando un paio di minuti a fissarla.

«Beh... Non l'ha presa poi così male, almeno non ti ha mangiato la testa!», esultò Minho nel tentativo di smorzare un po' di quella strana tensione che si era creata.

Nessuno rispose, ma pensai che avesse ragione.

«Siete noiosi», brontolò Minho, «non capite le mie battute».

«Non è che non lo capiamo, è che ultimamente tendi a farle leggermente fuori luogo», rispose Newt, cominciando ad avviarsi verso le scale e scendendole alla svelta

«Ehi, cerco di farvi sparire quei musi lunghi!», ribatté Minho, seguendolo giù dalle scale.

Mancavo solo io. Prima di scendere volevo provare a bussare di nuovo, ma ragionandoci su pensai che fosse un pessima idea.

Il giorno successivo sembrava che Justin avesse cancellato gli avvenimenti della sera prima.

Sorrideva a tutti con fare piuttosto spontaneo.

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