«Vorrei ancora prenderti a pugni per ciò che hai fatto ieri, sappilo», sussurrai a Newt mentre lavavo le pentole utilizzate per preparare il pranzo.
Era accanto a me, poggiato al ripiano della cucina visto che Alby gli aveva esplicitamente detto di non azzardarsi a fare neanche il minimo sforzo finché quel taglio non fosse guarito almeno un pochino. Era annoiato, per cui mi seguiva come un cagnolino bisognoso di attenzioni.
«È la dimostrazione d'affetto più sincera che abbia mai sentito in vita mia», disse ridacchiando, mentre si rigirava tra le mani un coltellino svizzero trovato chissà dove.
«Sono seria!» Acchiappai la spugna metallica e cominciai a raschiare il fondo della pentola, «mi hai fatta preoccupare parecchio! Sto metabolizzando la cosa solo ora, caspio!». Ed era vero.
Era come se la consapevolezza delle cose mi fosse caduta addosso di botto. Avevo gli occhi lucidi e mi veniva da piangere.
Sin dal mio risveglio era stato così... a parte il grosso imbarazzo per essermi svegliata con lui accoccolato a me. Mi ero addormentata nel letto con lui anche se mi ero ripromessa di non farlo per lasciarlo comodo, ma sembrava comodissimo anche in quel modo.
Era stata una bella sensazione svegliarsi con la sua testa poggiata sulla spalla, sembrava dormire così tranquillo che mi attaccava il sonno solo a guardarlo.
Scossi la testa per scacciare via quel ricordo e tornare a concentrarmi sulla pentola, mentre con una mano mi sfregai il polso contro gli occhi, sentendo la guancia umida. Stavo lacrimando e non me n'ero accorta... sperai che non se ne accorgesse nemmeno lui, tanto era concentrato a giocare col coltellino.
«Poteva andare diversamente. Poteva scattare più avanti quella caspio di lama. E se ti avesse colpito più a fondo? E se la lama ti avesse tagliato la gola?!» Mi scappò la pentola dalle mani, producendo un rumore che fece girare gli altri tre ragazzi nella stanza. «Dannata pentola!», sbuffai.
Mi stavo alterando per via della preoccupazione. Era come un post-trauma, il senso di colpa cresceva velocemente dentro di me.
«Avanti, Liz, non è successo nulla di tutto questo!»
«Sì, ma se fosse successo? Non me lo sarei mai perdonata.»
«Ed io non mi sarei perdonato se ti fosse successo qualcosa, mettiamola così. Ora smettila, caspio», sbuffò.
Poggiai le mani ai lati del lavello e chiusi gli occhi, abbassando la testa. I capelli volarono in avanti, cominciai a tremare lievemente. Avevo di nuovo quella sensazione di essere prigioniera del mio corpo e cominciai ad odiarla. Lacrimavo di più di prima, ma non producevo nessun rumore, nessun singhiozzo. Tremavo al sol pensiero che quella lama sarebbe potuta affondare di più ed io non avrei potuto fare nulla, solo assistere alla scena, senza nemmeno gridare perché mi sarebbe mancata la parola. Era come se fossi rinchiusa all'intero di una scatola trasparente, con l'acqua alla gola che lentamente saliva fino al naso ed io stessi affogando, ma non avessi le forze per cercare di salvarmi.
«Ehi...» sobbalzai sentendo la sua mano sulla spalla. Girai il volto dall'altra parte, non volevo che mi guardasse e non volevo dare uno show davanti agli altri.
«Sto bene», dissi in seguito ad un sospiro, riprendendo a lavare quella pentola.
Ma stavo bene sul serio?
La preoccupazione era troppa, la cosa positiva era che avevo recuperato il controllo del mio corpo.
Il mio stomaco si strinse in sé stesso e si rivoltò, la nausea si fece forte di colpo.
Non capii se si trattasse di quella sensazione chiamata "farfalle nello stomaco" o di quella chiamata "indigestione da sbobba di Frypan". Ma era da quella mattina che provavo quella sensazione allo stomaco. Era stata una mattinata strana, a dire la verità.
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Benvenuta nella radura
FanfictionPassò un sacco di tempo prima che quel dannato rumore smettesse di darmi il tormento. «E ora?», pensai, poi alzai lo sguardo quando sentii che qualcosa, sopra di me, si stava muovendo. Della luce entrò all'interno di quella sottospecie di st...