Epilogo

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Sono morta.

Me ne ero fatta una ragione dal momento in cui avevo chiuso gli occhi.

Sono morta.

Vedevo ancora gli occhi lucidi di Newt, che mi guardava come se stesse osservando il mondo cadere e frantumarsi in mille pezzi. Un'altra volta. Come se non ne avesse già passate abbastanza. Doveva soffrire, era come se quello fosse sempre stato il suo unico scopo in tutta la sua esistenza. Soffrire per il bene di qualcun altro. Soffrire per il bene più grande. Farsi le spalle larghe per il bene di tutti, sopportando pesi che un ragazzo della sua età non dovrebbe nemmeno conoscere. Cosa aveva fatto di tanto grave?

Sono morta.

E non avevo potuto fare altro che lasciarmi andare, anche se volevo lottare per la mia vita, ma non ne ero stata in grado. Avevo lasciato indietro le persone che amavo.

Avevo lasciato indietro i miei amici. Forse avevo lasciato indietro una famiglia. L'unica che avevo, l'unica che sentivo come tale.

Forse.

O forse no.

Riaprii gli occhi. O almeno, credevo di averlo fatto.

Ero morta.

Avevo davvero aperto gli occhi, o era solo uno stato conscio di una vita dopo la morte?

Nessuna risposta, la mia mente era completamente vuota di qualsiasi spiegazione che potesse essere minimamente... accettabile, o comunque degna di essere definita tale.

Quindi, che cosa era successo? L'avevo fatto davvero? Avevo aperto gli occhi?

Vedevo tutto buio attorno a me. Nemmeno uno spiraglio di luce. Non un rumore.

Niente.

Il vuoto più totale.

Ero viva o ero morta?

Passai le mani lungo il mio corpo. Ero nuda. Completamente nuda. Sentii la mia pelle liscia. Sentii le cicatrici. Sentii il mio corpo.

Ero sdraiata su una superficie fredda. Poco dopo mi misi seduta. Dovevo capire cosa mi era successo. Cosa stavo vivendo, ma, soprattutto, se stavo effettivamente vivendo.

Dove mi trovavo? Ero forse nel Limbo? Era questo che c'era dopo la morte? Il nulla più assoluto?

«Salve, signorina Elizabeth.» Una voce riecheggiò nel vuoto. Allora non ero completamente sola, no? Era una voce di un uomo. Non sapevo da dove venisse.

«O forse dovrei dire "Bentornata a casa"? Si starà probabilmente chiedendo dove si trova, perché è al buio, cosa sta succedendo... è semplice. Si trova nella base della C.A.T.T.I.V.O.. Ora la prego di coprirsi con il telo che sta sotto di lei. Entrerò nella stanza per darle qualche delucidazione.» Era una voce nell'oscurità.

Sentivo il mio cuore battere così veloce che riuscivo a sentirlo nelle orecchie.

Telo? Non vedevo nemmeno me stessa, come caspio potevo vedere un telo?

Cominciai a tastare la superficie sotto di me. Per un bel po' non trovai nulla, ma quando finalmente la individuai, mi coprii alla svelta.

Ed allora le luci si accesero di botto.

Mi guardai le mani. Erano bianchissime. Ero completamente bianca.

E quel posto... io l'avevo già visto. C'erano luci al led, computer, sedie...

Io c'ero già stata.

Le porte automatiche alle mie spalle si aprirono.

Entrò un uomo che doveva avere una cinquantina d'anni e indossava un camice da scienziato. Indossava degli occhiali e teneva in mano una cartellina. Sembrava proprio il classico ritratto dello scienziato, ma non aveva un aria particolarmente seria.

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