- Ivy Moore, Northgate Road 58, Crawley - Annunciò Sherlock controllando nuovamente l'itinerario una volta che furono rientrati in macchina. Seguirono un'ora e quarantacinque minuti di silenzio. James si era seduto nel sedile di mezzo, sostenendo che in quello laterale, dove era seduto prima, si fosse rotta la cintura di sicurezza. A Mary la cintura sembrava a posto, ma evitò di farlo notare.
Il pensiero di rivedere Ruth le aveva leggermente migliorato l'umore, era ormai dallo scorso compleanno di James che non la incontrava, perché Sherlock, a seguito di una grande litigata fra John e Mary dell'anno precedente, aveva preferito passare il Natale da solo con sua figlia nella loro casa a Keswick, nel nord del paese. Nel giardino di quella casa c'era un laghetto che si ghiacciava ogni inverno, dove Mary quando era piccola pattinava. Sherlock aveva osservato la ragazza che provava a ritrovare l'equilibrio sui pattini dopo tanto tempo che non li utilizzava: Mary non aveva fatto altro che cadere e dopo qualche minuto per la frustrazione aveva immerso la testa nella neve, tanto che era tornata in casa con le guance tutte rosse. Fu un Natale orribile.
Il momento in cui, a seguito di una curva molto brusca, James finì addosso a Mary, fu l'unica prova del fatto che in quell'auto ci fosse qualcuno oltre che aria e silenzio.
Parcheggiarono la loro auto dietro ad altre due nel vialetto della casa della migliore amica di Ivy Moore, Becky Martin. Una donna piuttosto giovane, con corti capelli mori e viso dai tratti orientali appena accennati, stava chiudendo la porta apprestandosi ad uscire di casa. Quando Sherlock uscì dall'auto mostrandole il documento Moore si immobilizzò con la mano sul portone, ancora socchiuso. Poi lo riaprì e se lo chiuse velocemente alle spalle una volta rientrata.
- Sta andando sul retro della casa - disse Sherlock cercando di aprire la porta con la sua carta di credito. Ogni tanto bussava energicamente. Mary uscì dall'auto.
- Potrebbe volerci un po', così - la informò Sherlock - Ma di lato non si può passare, la casa è attaccata a quella accanto.
James fece per aprire lo sportello ma John mise le sicure alle portiere.
- Seriamente? - James non riusciva a crederci ma nel contempo si chiedeva come avesse fatto a non pensarci prima: certo, John aveva acconsentito a venire, ma quello era tutto. Non si sarebbe spinto oltre con le concessioni. James incrociò le braccia e sbuffando si lasciò andare sul sedile.
- Guarda! - esclamò però qualche secondo dopo indicando la casa.
- Sì, certo - commentò John ironico - Un asino che vola! -
- No, Mary che vola - disse James. John alzò lo sguardo.
- Che cosa sta facendo? - chiese osservando la ragazza. Sfruttando la finestra era salita sul tettuccio del piano terra, per poi passare al tetto vero e proprio. Ora stava scivolando su quest'ultimo per arrivare al tettuccio sul retro della casa.
- Papà, apri questa porta - James tirava inutilmente avanti e indietro la maniglia. John non fece nulla.
- Togli le sicure! Non potrai continuare a fare così per sempre – Tirò alcuni colpi sul finestrino con il palmo della mano.
- Che fai, rompi il vetro? A mani nude? Ti ricordo che sono vetri anti-proiettile - John rimase tranquillamente seduto. James aprì il finestrino e ci si infilò dentro a fatica.
- Che cosa fai? - gridò John mettendo le mani sui pulsanti per chiudere i finestrini.
- Eh no. Ci sono già in mezzo - lo bloccò James - Non so quanto ti convenga -
Uscì completamente e si avvicinò a Sherlock, che ancora armeggiava con la carta di credito.
- Forse con queste sarà più facile - disse porgendogli le chiavi.
- Dove le hai trovate? - Chiese lui aprendo la porta.
- Sotto lo zerbino - rise James. Attraversarono di corsa tutta la casa arrivando nel giardinetto dietro.
- Ce l'avete fatta - Disse Mary sarcastica, inginocchiata a terra mentre teneva le braccia dietro la schiena a Ivy Moore - Mi servirebbe un paio di manette -
Sherlock disse a Mary e James di tornare all'auto mentre lui parlava con Becky Martin.
- Fantastico quello che hai fatto con il tetto - commentò James mentre scortavano Moore.
- Oh, grazie. Non era niente di che, comunque - rispose Mary, poi chiese a John di togliere le sicure per poter entrare.
- Perché avevi bloccato le portiere? - chiese mentre si sedeva.
- Lasciamo stare - commentò James sorridendo - Meglio che facciamo sedere Moore al centro, comunque, non vorrei che scappasse dal finestrino - aggiunse. Mary alzò gli occhi al cielo quando capì cosa fosse successo.
Moore non aveva ancora fiatato quando Sherlock si unì a loro.
- Becky Martin è palesemente innocente, ne sono sicuro, non ne sapeva nulla. Ah, e siamo noi che dobbiamo portare lei - Indicò Ivy - a Londra, perché a quanto pare non ci vogliono mandare qualcuno dopo "quello che gli abbiamo fatto". Se una persona è coinvolta in un duplice omicidio, anche se quella persona è la regina, io la interrogo. Quindi non possono piagnucolare così tanto per un paio di interrogatori - Si lamentò Sherlock.
- Bene, possiamo tornare a casa - disse invece John. Passò un secondo di silenzio totale.
- Cosa?! - disse James esasperato.
- Ci manca l'ultima persona, Stephen Davis - disse Sherlock.
- E' ancora presto, abbiamo molto tempo! - concluse Mary.
- Ma a cosa servirebbe? Abbiamo già un colpevole -
- Hey! - si intromise Ivy Moore.
- Si vuole definire in un altro modo? - sbuffò Mary in tutta risposta, terribilmente irritata dal fatto che si fosse aggiunta alla conversazione aumentando la confusione che già c'era in quell'auto.
- Il fatto che abbiamo già un colpevole non significa niente: anche Davis potrebbe esserlo e per quel che ne sappiamo Moore potrebbe semplicemente essersi fatta prendere dal panico, magari non ha fatto niente di male - Sherlock portò la conversazione sul lato pratico e ragionevole.
- Giusta osservazione - Commentò Ivy.
- Anche se fosse non avremmo neanche il posto dove mettere Davis - disse John, e quando James si offrì di andare in autobus lo fulminò con lo sguardo.
- È intralcio alle indagini - protestò Mary.
- Andremo a casa. Fine della conversazione - Sherlock sospirò ma fece marcia indietro per tornare al centro di Londra.
- Lo stai ascoltando sul serio? - chiese Mary allibita e arrabbiata.
- Non avremmo posto per Davis, è vero – Tagliò corto Sherlock anche se contrario a ciò che stava facendo.
Le due ore di ritorno, con l'aria di odio che aleggiava nell'auto e con Ivy Moore in mezzo a loro, furono ancora peggio dei due viaggi di andata.
STAI LEGGENDO
La figlia di Sherlock Holmes - Word Games
Bí ẩn / Giật gânUn unico caso, la morte di Catherine Clifford, una famosa giornalista ormai in pensione. Parallelamente continua però anche il caso Moriarty, assassino che i protagonisti cercano di fermare da anni. Saranno Mary Holmes e James Watson, figli rispetti...