Capitolo 10

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12 ore dopo

- Sono impazzito! Sono volato in Egitto, così, senza pensarci... Aiuto... mai più. Non lo farò mai più, puoi starne certa -

- Oh, credimi, neanche io lo farò più - La frase era in realtà molto deprimente, ma non per James che non sapeva nulla della minaccia di Moriarty.

- Mio padre mi ucciderà... no, prima ucciderà se stesso. Mary, che ne diresti di fargli giusto una telefonata... -

- E perdere il nostro vantaggio già infinitesimale? Assolutamente no. Se li chiamassimo verrebbero qui a recuperarci, e pensi che proverebbero a risolvere il caso con noi? No, ritorno a Londra immediato. Non possiamo permetterlo -

- Ok, vediamo di affrontare la questione con calma: sono in Egitto, nessuno lo sa, mio padre impazzirà nella ricerca e quando tornerò indietro mi chiuderà in casa per il resto dei miei giorni, proprio quando cominciavo a poter valutare l'opzione di affittare un appartamento... -

- Aspetta un secondo... affittare un appartamento? - Chiese Mary improvvisamente interessata. James si fermò di scatto.

- Giusto... non te lo avevo detto - fece una smorfia rimproverandosi da solo.

- Fai finta che non l'abbia detto, ok? Lasciamo stare, al momento abbiamo altre priorità - Continuò, e sembrò stupito dal fatto che Mary stesse veramente lasciando stare. Ma la ragazza non poteva nascondere di esserci rimasta male. Ok, John era diventato veramente opprimente, ma decidere di prendersi un nuovo appartamento così, senza neanche farlo sapere agli altri, lasciando la casa dove viveva da tantissimi anni, lasciando Mary a vivere con Sherlock, nella casa confinante a quella di John, proprio nella sua ultima settimana di vita. Ma James non lo sapeva. Quello era sempre il problema: ogni volta Mary si chiedeva perché gli altri agissero in modo del tutto normale, ma non c'era da stupirsi, dopotutto per loro la situazione era normale. La ragazza si chiedeva se non avesse dovuto dire, almeno a James, quale fosse stata la vera conversazione con Moriarty. Sì, "almeno" a James. Era impossibile, non avrebbe mai tenuto un segreto del genere. Quindi ora tutto quello che dovevano fare era agire, indagare sul caso, e anche in fretta, prima che qualcuno scoprisse dove fossero.

12 ore prima

- Tutto ok? - le chiese James mentre tornavano a casa – Ti ho sentito prima che parlavi con mia nonna e non sembravi proprio serena -

- Tutto apposto, grazie - tagliò corto Mary, precisamente come aveva fatto poco prima nella stanza a Kendal Street. E James reagì perfettamente come aveva reagito prima: annuì piano, neanche provando a nascondere di non crederle minimamente, ma di nuovo senza insistere.

Quando arrivarono a casa Mary si rifugiò in fretta in camera. Aveva rischiato tantissimo, poco prima. Con Ruth si era fatta prendere dalle emozioni e aveva detto fin troppo. Avrebbe potuto sospettare qualcosa. Pensò al suo viso sveglio e abbastanza giovanile, ai capelli grigi, resti di una chioma un tempo folta e bionda. Pensò a lei e a Thomas, pensò alla stanza dove dormivano lei e James, alla palla di vetro con il camoscio. Pensò che non avrebbe mai più visto niente di tutto questo. La si poteva considerare come una malata terminale: sapeva quando avrebbe lasciato quel mondo, sentiva il giorno avvicinarsi sempre di più e la consapevolezza di ciò che avrebbe lasciato la divorava ogni ora di più, come una malattia. E non avrebbe potuto godersi a pieno quei suoi ultimi giorni, perché sapeva troppo e questo la rovinava. Avrebbe preferito l'effetto sorpresa da parte di Moriarty, non avrebbe mai dovuto andare a parlarci.

Sdraiata sopra le coperte si addormentò ancora completamente vestita.

Intorno a lei è tutto bianco, anzi forse una sfumatura chiarissima di celestino. Il silenzio più assoluto, tanto che sembra quasi di sentire un ronzio. E lei che cade, giù, giù, giù, senza atterrare. Rotea su se stessa in modo imprevedibile, a seconda delle correnti d'aria che incontra. Eppure non c'è il vento. E' come se fosse nello spazio, dove c'è il vuoto. Sarebbe meglio trovarsi lì, forse, perché almeno smetterebbe di cadere così velocemente. Così almeno può respirare, però. Ma come è possibile che respira? Ad alta quota l'ossigeno è troppo poco. Quindi è vicino al terreno, pensa. Pensa, pensa e pensa. Perfino in un momento del genere pensa. Non sa se essere contenta o spaventata di trovarsi vicino alla terraferma. Non vede la Terra, sotto di sé è perfettamente uguale a tutto il resto. Lei non vuole atterrare. Come sempre, vuole solo smettere di cadere.

Si svegliò di colpo che erano da poco passate le 3:00 del mattino. In un secondo si levò il sonno di dosso, si alzò e afferrò la valigia che aveva preparato due giorni prima. In punta di piedi oltrepassò la porta che divideva casa Holmes da casa Watson. La aprì cercando di fare il meno rumore possibile e raggiunse la camera di James. Il ragazzo dormiva profondamente con la coperta tirata fino al collo. Per lunghi minuti rimase a tormentarsi nell'indecisione, osservando James rigirarsi occasionalmente nel letto. Avrebbe dovuto chiedergli di venire? Se non avesse potuto passare almeno con lui quegli ultimi giorni che rimanevano, non avrebbe avuto senso partire. Si inginocchiò accanto al letto.

- James - bisbigliò sfiorandogli appena la spalla - Ehi, svegliati -

- Che cosa... - cominciò James a voce alta. Mary si portò velocemente un dito alla bocca per fargli cenno di parlare piano.

- Tranquillo, sono io - sussurrò - Vieni? - chiese poi, un po' spaventata da quella che avrebbe potuto essere la risposta.

- Dove? - chiese lui, ancora mezzo addormentato.

- Con me - disse Mary. James fece una lunga pausa.

- Certo - disse infine.

Mary prese un foglio e scrisse velocemente poche parole, quel che bastava per dare ai loro genitori una piccola speranza. "Stiamo bene. Siamo partiti per seguire una pista del caso Clifford. Torniamo fra pochi giorni. Mary e James".

Lasciarono la casa senza il minimo rumore.

- Siamo pazzi - disse James mentre guidava verso l'aeroporto di Heathrow.

- Siamo molte cose, ma non pazzi - ribatté Mary.

- Ok, allora siamo matti, folli e avventati, per non parlare del nostro livello di insensibilità -

- Ma ormai siamo qui... -

Poco più di mezz'ora dopo erano in aeroporto. Di voli per Giza a quell'ora non ce n'erano molti, ma ne trovarono uno economico per le 5:15. Mary si accorse che una delle persone che lavoravano dietro il bancone dove si comprano i biglietti la stava osservando. Si diresse allora verso il banco più lontano da quell'uomo.

-Salve, dovete comprare i biglietti o fare il check-in? - li accolse un ragazzo più giovane non proprio contento di fare il turno di notte.

- Comprare i biglietti, grazie - disse Mary.

- Dove volete... - in quel momento il ragazzo venne interrotto dall'uomo che prima li stava osservando.

- Konrad, c'è un signore tedesco al mio banco che non capisce una parola di inglese. Tu parli un po' di tedesco, no? Vai, qua faccio io - Konrad ubbidì e l'uomo, che a giudicare dal cartellino si chiamava Lewis, proseguì con l'acquisto dei biglietti di Mary e James. Quando, a malincuore, Mary gli ebbe detto ora e destinazione, Lewis chiese di attendere un attimo e digitò velocemente qualcosa sul computer. Poi si fermò per qualche secondo fissando lo schermo, finché non sembrò leggere qualcosa. Quando finì scribacchiò qualcosa su uno dei biglietti prima di consegnarli entrambi a Mary.

- Cosa c'è scritto? - Chiese James curioso.

- Niente - Mary se lo infilò velocemente in tasca. "Ti conviene tornare in tempo", diceva la scritta. O meglio, diceva Moriarty. Doveva aver comunicato a Lewis di lasciarli partire purché tornassero prima del 23 marzo. Questa volta per James fu difficile non insistere.

La figlia di Sherlock Holmes - Word GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora