Capitolo 15

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- Dove vuoi andare oggi? - chiese James il giorno seguente. Prima che Mary potesse rispondere qualcuno suonò il campanello. Sentirono i passi rapidi di Sherlock che andava ad aprire. Mary lo raggiunse e lo trovò di fronte alla porta ancora aperta, davanti non c'era nessuno, il campanello era stato suonato solo per attirare l'attenzione sul biglietto che era stato fatto cadere attraverso il buco delle lettere. Mary lo aprì cercando di controllare il tremore delle sue mani.

"Ti aspetto domani alle 23:00 dove tutto è cominciato"

- Dove tutto è cominciato... che cosa romantica - commentò Mary sarcastica - Aspettatevi che domani il British Museum verrà chiuso. È ovvio che verrà occupato da Moriarty per l'occasione -
Ma il biglietto non era finito e Mary si sentì mancare il fiato quando finì di leggerlo:
"Non vedo l'ora di essere un TRIO"
Sherlock impiegò qualche secondo per capire che con TRIO Moriarty non si riferiva al Trio Mascherato, ovvero al gruppo criminale di cui faceva parte nel 2007, bensì al T R I O come parola formata dalle quattro lettere rimanenti quando al nome Moriarty venivano sottratte le lettere del nome Mary. L'assassino stava assaporando al meglio quelle ultime ore che precedevano la sua vendetta.
- Domani non è il 22? - chiese James confuso, ma forse solo per rompere il silenzio.
- Vuole aspettare la mezzanotte del 23 - spiegò Sherlock senza riuscire a nascondere il tremore nella propria voce.
- Non intendi andare, vero? -
- Certo che intendo andare, non voglio immaginare cosa farà in contrario -

Passò le due giornate restanti con meno tranquillità. Non sapeva che fare: cosa si deve fare quando sai che stai vivendo le ultime ore della tua vita?

Una decina di agenti erano già appostati e nascosti al British Museum, quando arrivò da Austin la notizia che Moriarty era evaso. A quanto pare era accaduto ore prima, ma aveva bloccato la porta della cella in modo che nessuno riuscisse ad aprirla per controllare che lui fosse dentro. Aveva inoltre oscurato con una bomboletta spray la piccola parte di vetro tipica delle porte delle carceri di massima sicurezza, che permetteva ai carcerieri di controllare i carcerati.

Mary non riuscì neanche a salutare Sherlock. C'era qualcosa che la bloccava, ma non riusciva a capire se fosse la consapevolezza di non tornare più o la sicurezza di tornare viva.

Come previsto, il British Museum venne evacuato intorno alle 22, quando gli orari di visita erano già terminati. James aveva insistito di far parte degli agenti nascosti, mentre John riuscì a far ragionare Sherlock convincendolo a rimanere nella sala controllo delle telecamere. Avevano previsto che Moriarty avrebbe coperto tutte le telecamere del museo, così ne avevano aggiunte altre, più nascoste. L'unico modo per convincere Sherlock era stato fargli capire che sarebbe stato più d'aiuto nella sala controllo: da lì comunicava agli agenti tutti i movimenti nei corridoi. Ma finì per non fare niente, entrando nel panico non appena vide Mary passare dalla telecamera esterna a quella dell'ingresso.

*

Dopo aver atteso fino alle 23:45 nell'ampio ingresso del museo, Mary decise di prendere le scale per raggiungere il luogo preciso dove aveva visto Moriarty per la prima volta.

- Oh, non ce n'è bisogno - squillò una voce alle sue spalle non appena mise piede sul primo gradino. Le persone nella sala controllo non riuscirono a spiegarsi l'apparizione improvvisa e quasi magica.

- Preferisco questo ingresso... come dire... maestoso - Mary si voltò giusto in tempo per vedere il solito ghigno sprezzante di Moriarty.

- Eccoti, finalmente. Cosa vuoi? Sappiamo bene entrambi che non sei qui per uccidermi - sbuffò avvicinandosi tranquillamente all'assassino.

Moriarty sorrise - Finalmente qualcuno che conosce bene la sua data di nascita - commentò come un maestro orgoglioso.

- Era ovvio che avresti aspettato che avessi veramente diciotto anni. Tra circa ventiquattro ore, potrai farlo. Ma non un minuto prima –

- Le 23:57. Che grande ora per nascere. Che classe! Sul serio, ti ammiro –

- Non amo i numeri pari - disse Mary vaga giusto per non lasciargli l'ultima parola del discorso.

- Ma passiamo alle cose importanti: mi chiedevi perché sei qui. Bè, intanto dovevo vedere se potevo fidarmi... e a quanto pare non posso - le luci si spensero e dei fari da teatro si accesero indicando evidentemente le posizioni degli agenti nascosti. A Mary aveva stupito il fatto che non avessero ancora provato ad attaccare Moriarty, azione che cominciò infatti in quel momento. L'assassino era chiaramente imbottito di giubbotti antiproiettile sotto il suo solito completo elegante e da una distanza così ampia i colpi non gli fecero nulla. I pochi mirati alla sua testa li evitò abbassandosi come se sapesse benissimo quando e da chi sarebbero arrivati.

- Non lo farei se fossi in voi - consigliò agli agenti. In quel momento si accesero delle luci anche su altri nascondigli, occupati invece dai complici dell'assassino.

- A quanto pare neanche io mi posso fidare - commentò Mary per niente sorpresa.

- Non penso che tu l'abbia mai fatto. E soprattutto la cosa più importante per me non è la fiducia, ma la lealtà –

- Sei l'ultima persona che può parlare di lealtà - disse Mary alterando involontariamente il proprio tono dopo aver pensato che stava parlando con una persona che letteralmente sparava alle spalle.

- Non cominciamo ad arrabbiarci, ora - la zittì Moriarty - Parliamo piuttosto di sei anni fa. La prima volta che ci siamo incontrati. Il principio di tutto –

- Così poetico - commentò Mary sforzandosi di tornare a un tono normale.

- Vuoi sapere come ho fatto a scappare quel giorno? È una storia piuttosto eroica, devo dire. Avevo seriamente un'imbragatura e mentre erano tutti così concentrati su tuo zio, io puff, sono scomparso nel nulla, tirato su dall'imbragatura –

- Prima hai detto "intanto devo vedere se posso fidarmi". Smetti di perdere tempo e arriva al punto –

Moriarty sorrise amabilmente, come chi guarda un bambino piccolo mettersi le scarpe al contrario, con un misto di tenerezza e compassione.

- Userei un altro verbo, piccola Holmes. Non credo che "perdere" sia la parola adatta. Direi più che altro... "prendere" –

Stava prendendo tempo. Per fare cosa? Mary si voltò istintivamente verso il nascondiglio, ormai illuminato, di James, ma lo intravide lì, sano e salvo.

- Non credo sia di lui che ti devi preoccupare... - disse Moriarty con una risatina. Mary si sentì rizzare i capelli sulla nuca: Sherlock, e forse anche John. Non riuscì a proferire parola. Moriarty l'aveva fatta cadere dritta in trappola e lei non aveva fatto niente per evitarlo.
- Ci vediamo domani alle 21:00 a Pickard Street. Ah, vedi di venire da sola, questa volta, considerando chi c'è in questo momento a casa mia - Poi se ne andò e nessuno degli agenti osò provare a colpirlo di nuovo. Arrivato al grande portone si fermò di scatto e si voltò:

-Ah, quasi dimenticavo... – disse alzando il polso a cui portava l'orologio, che proprio in quel momento informò l'arrivo della mezzanotte con un bip - ...Tanti auguri –

- Cento di questi giorni! – Augurò poi terminando all'esterno la sua uscita di scena.

James si tolse il giubbotto antiproiettile e uscì dal nascondiglio correndo verso la ragazza.
- Li troveremo, ok? Va tutto bene, abbiamo un giorno intero - la abbracciò sperando di rassicurarla, ma lei sembrava non recepire nulla di ciò che si trovava attorno a sé.

*

Cosa avrebbero dovuto fare? Stare a casa in attesa della morte? La polizia era già alla ricerca di Sherlock Holmes e John Watson. Avrebbero dovuto richiedere adesso un posto in un programma di protezione testimoni? Troppo tardi, e soprattutto neanche quello avrebbe fermato Moriarty. Restarono nell'indecisione tutta la notte e il giorno seguente. Parteciparono ad alcune ricerche, ma era inutile: Moriarty aveva chiaramente detto che Sherlock e John si trovavano a casa sua e nessuno sapeva dove fosse casa sua. E intanto il tempo passava, in qualche modo lento e veloce al contempo, e le 21:00 arrivarono presto.

La figlia di Sherlock Holmes - Word GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora