Capitolo 3

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Mary si sedette al tavolo di metallo, battendoci ritmicamente ma in modo distratto la moneta svizzera. Entrò un poliziotto ad accompagnare Moriarty, lo fece sedere e uscì. Ci fu un attimo di silenzio.
- Ma come siamo cresciuti - commentò poi l'assassino - Dopotutto è qualche anno che non ci si vede -
- Chissà perché - disse Mary sarcastica riponendo la moneta in tasca e raddrizzandosi sulla sedia.
- Forse perché è qualche anno che marcisci qui dentro - disse poi freddamente.
- Ma no, ma no. Io sono un uomo libero -
- Permettimi di farti notare la situazione: io sto tranquillamente su una sedia dalla quale mi posso alzare quando mi pare e piace. Anche tu sei seduto su una sedia, e sarebbe pure la stessa, se non fosse per tre graffi in più sullo schienale. Quindi, in quanto a sedie siamo uguali. Abbiamo anche lo stesso tavolo. Peccato che tu hai delle manette ai polsi e non puoi alzarti quando ti pare e piace, puoi alzarti solo quando lo decido io -
Mary parlò senza mai riprendere fiato e sbattendo una mano sul tavolo sulle ultime parole. Moriarty l'aveva osservata con la stessa espressione, in parte annoiata e in parte divertita per tutto il tempo, e continuò anche per qualche secondo dopo che la ragazza aveva finito di parlare, finché non si decise ad aprire bocca.
- Gran bel discorso, peccato che non parlavo di me in particolare, bensì del mio pensiero: il mondo è pieno di miei 'seguaci'. Quanti ce ne hai tu, invece? - Si fece sovrappensiero e per una manciata di secondi contò sulle dita, impiegando fin troppo tempo.
- Ops, sono solo tre - disse alla fine.
- E poi sono tutti maschi, dovresti riportare qualche donna nel gruppo - aggiunse con il suo solito tono, che dava poco peso alle frasi importanti e tanto a quelle futili.
Mary corrugò la fronte. La curiosità ebbe il sopravvento sull'orgoglio:
- Riportare? – chiese.
- Ma sì, riportare. Insomma, la tua 'omonima' - calcò con una smorfia su questa parola - non la puoi riportare...-
- Mary Wheeler? – La madre di James.
- Sì, lei. Come dicevo, lei è morta una ventina di anni fa, se non sbaglio, ma tua madre potresti sempre riaccoglierla in famiglia anche dopo tanto tempo -
- Smettila di dire stupidaggini e passiamo alle cose che dovevo chiederti - tagliò corto Mary.
- Stupidaggini? Ma... oh no - disse poi trionfante, accennando a un odioso ghigno falsamente apprensivo.
- Non penserai che... oh, non penserai ancora che tua madre sia morta? -
- Mia madre è morta -
- Oh, proprio come temevo, povera piccola, ancora ti raccontano la fiaba che ti raccontavano dieci anni fa? Andiamo, ti hanno parlato di una "malattia sconosciuta", non sono neanche riusciti a inventare una scusa decente -
- Non c'è nessuna fiaba, mia madre è morta e tu lo sai bene... -
- Daisy Lenning non è morta - disse Moriarty a voce alta, con un tono improvvisamente freddo e serio.
- Mi dispiace, ma si dà il caso che lo sia – lo corresse Mary tendando di calcare su un tono ironico per nascondere la tristezza.
- È uno di quegli agenti di polizia che lavorano in incognito e partecipano a spedizioni pericolose e simili. Sai, quelli che si vedono nei film -
- È morta -
- Le avevano detto di non rimanere incinta, eppure lo ha fatto ed eccoti qua, dopodiché è stata chiamata per un incarico d'urgenza -
- È morta -
- ...e non è più tornata. Chissà, forse sì, è morta, ma all'estero, facendo il suo lavoro -
- Il suo lavoro era dirigere una biblioteca, non... qualunque cosa tu stia dicendo. È morta -
- Come ho detto, è possibile, io personalmente non ho più avuto sue notizie, non che mi interessasse tanto, però... -
- È MORTA! -
Moriarty incrociò le braccia sul tavolo metallico, sorridendo.
- No, non lo è - disse tranquillamente - e tu lo sai bene, vero? Perchè riesci a capire quando le persone mentono o no e capisci benissimo che io non lo sto facendo. Daisy Lenning non è morta – scandì alla fine.
- Provamelo - disse Mary con amarezza.
- Chiedi a tuo padre - Moriarty rispose immediatamente.
Passarono dei lunghi secondi. I due si guardavano con dignità, nessuno abbassava lo sguardo, i volti di entrambi erano privi di emozioni. Dopo un po' Mary si accomodò sulla sedia, appoggiandosi sullo schienale, ma facendo attenzione a non distogliere lo sguardo da quello di Moriarty.
Prese fiato con calma forzata e parlò:
- Benjamin Kansees -
- Non l'ho ucciso io - fu lui ad abbassare lo sguardo con disinvoltura.
- Ma non mi dire, pensavo che fossi evaso di prigione nottetempo, l'avessi ucciso e fossi tornato in cella di tua spontanea volontà -
- Che mente rigida che hai, non lasci spazio all'astratto, è tutto concreto per te: come dicevo prima, io sono il mio pensiero, che si espande nelle menti delle persone, nei miei 'seguaci'. E no, nessuno di loro lo ha ucciso -
Mary sapeva che non stava mentendo. Eppure non se lo spiegava. Si disse che probabilmente era solo un bravo attore, che sarebbe bastato scavare un po' più a fondo per scoprirne di più.
- Provami che non stai mentendo -
- Come vuoi: intanto, come ho detto prima (comincio a pensare che non mi ascolti) tu sai quando le persone mentono, e poi io non uccido i bambini -
- Tu cosa? - Mary era interdetta.
- Io le persone che hanno meno di diciotto anni non le uccido -
Mary rise ironica:
- Sì, certo, e a me piace quando la gente mi chiama "Mary Margaret" -
- Cosa credi, che non abbia principi morali solo perché sono un assassino? Io non uccido i bambini -
- Ah no? - Chiese Mary divertita.
- Ti dico di no! Ma non mi senti? Se non ci credi pensaci, quando mai ho ucciso un bambino? - disse Moriarty stizzito.
- Avrei qualche esempio. Giusto per citare una persona di dieci anni che hai provato ad uccidere... Mary Holmes? -
- Se Mary Holmes è davanti a me, viva, in questo preciso istante, è molto probabile che io non l'abbia uccisa, non pensi? -
- Sei anni fa, 2004, British Museum, hai provato ad uccidermi -
- Non che io ricordi. Pensavo di aver ucciso qualcun altro... - Mary roteò gli occhi.
- Ma certo! – si illuminò Moriarty - Mikey Holmes. Come ho potuto dimenticarlo! Comunque sia, come hai detto tu, ho ucciso lui, non te -
- Lascia che ti rinfreschi un po' la memoria: mi hai puntato contro una pistola e hai detto che se mio zio non avesse rivelato niente di quello che volevi sapere, avresti premuto il grilletto - puntualizzò Mary - E così è stato, peccato che Mycroft si è messo davanti a me -
- E il fatto che abbia avuto il tempo per mettersi davanti a te non ti dice che era tutto calcolato? Avrei potuto benissimo sparare più velocemente e tu saresti già morta. Sapevo benissimo che avrebbe fatto quello che ha fatto -
- Ma lui ti serviva, ti serviva vivo! - Disse Mary portando avanti le spalle come faceva sempre quando voleva capire qualcosa.
- No che non mi serviva. Avevo altre fonti per scoprire quello che stavo chiedendo a lui. Certo, saperlo da lui sarebbe stato più facile, ma poi siete arrivati voi e non ho resistito -
- Resistito a cosa? -
- A fare scena. È questo l'obiettivo della maggior parte degli assassini: fare scena -
L'espressione di Mary si fece inorridita.

- Come ti dicevo -continuò Moriarty - io i bambini non li uccido -
- Avrei un altro esempio - disse Mary con tono di superiorità.
- Sentiamo -
- Lascia che mi ricordi il nome... Oh sì! Il tuo 'omonimo' - Disse poi sarcastica, calcando sulla parola omonimo come Moriarty aveva fatto poco prima
- ...James Watson -
Moriarty guardò in alto tentando di ricordare.
- Ah, giusto, ora ricordo – disse poi incoraggiato da quel minimo lampo di tristezza che aveva colto negli occhi di Mary - Non ho ucciso neanche lui-
- Ma non mi dire – commentò Mary - Ci hai provato, è stata una coincidenza che tu non ci sia riuscito -
- Se avessi voluto ucciderlo gli avrei sparato alla testa, non credi? -
Mary ci aveva pensato, tante volte, ma non si era mai data una spiegazione. Cercò di non far capire che ci aveva riflettuto su in precedenza e continuò.
- Gli hai sparato alla schiena, avevi... non so, circa il 95% di possibilità di ucciderlo -
- Allora devo aver beccato quel 5%, che dici? - Disse l'assassino ridendo. Mary non rispose, impassibile, ma il tutto si faceva sempre più interessante, perché Moriarty sembrava quasi a disagio, imbarazzato. Non la guardava più, i suoi occhi sfuggivano per la stanza.
- Non avevi intenzione di colpirlo alla schiena... - dedusse lei di colpo, un sorriso beffardo che cominciava ad aprirsi sulle sue labbra – Non ci posso credere... -
- Volevo sparargli a una gamba, sapevo che aveva ancora diciassette anni – tentò di recuperare Moriarty, peggiorando semplicemente la situazione.
- Intendi dire che hai mancato il bersaglio di così tanto? - Mary stava ridendo, ridendo di Moriarty. Si stava facendo beffa di lui, adesso era lei che era dalla parte vincente, aveva lei il coltello dalla parte del manico. Continuò a ridere forte, una risata volontariamente fastidiosa. Le sembrava impossibile che Moriarty avesse sbagliato un colpo, eppure dalla sua espressione era sicura che stesse dicendo la verità. L'uomo alzò gli occhi al cielo, appoggiando con fare annoiato la testa su una mano.
Dopo un po' Mary si calmò. Aveva una domanda fissa in mente, ce l'aveva da quel giorno a Pickard Street.
- Avanti, chiedimelo - disse Moriarty di nuovo sfacciato.
- Chiederti cosa? - Mary fece finta di niente.
- Lo so che me lo vuoi chiedere. È la tua occasione, oggi è un giorno pieno di grandi rivelazioni, a quanto pare -
Mary fece un attimo di pausa. Quando avrebbe potuto chiederglielo, se non in quel momento?
- Io ero e sono per te una minaccia maggiore di quanto lo fosse e lo sia James... - cominciò con gli occhi fissi sul tavolo.
- ...Perchè ho sparato a lui? - Terminò trionfante Moriarty.
- Perchè non hai sparato a me? - Finì la ragazza come se non fosse stata interrotta.
- Cosa c'è, sei gelosa? - La prese in giro l'assassino - Alla fine sei ancora una bambina, sei così permalosa -
- Perchè non hai sparato a me? - Ripeté con calma Mary.
- Lui era più vicino - non era vero.
- Perchè non hai sparato a me? -
- Lo sapevo che sarebbe stata una grande mossa, ti sei precipitata verso di lui senza neanche badare a me, che stavo beatamente fuggendo sotto il tuo naso -
- Se avessi sparato a me sarebbe successa la stessa identica cosa -
- Su questo punto hai ragione, siete proprio carini... - i nervi di Mary saltarono:
- Perchè non hai sparato a me? - Urlò alzandosi di scatto dalla sedia.
Ci fu un attimo di silenzio. Moriarty possedeva quel silenzio, il manico del coltello era tornato dalla sua parte.
- Devo farti credere di essere invincibile, anche fisicamente. Devo avere un degno avversario, che deve pensare che niente lo può sconfiggere, e tu sei un buon candidato. E poi, a te sto riservando il grande colpo - Mary lo fissò.
- Quand'è il tuo compleanno, Mary Holmes? -
La ragazza spalancò la porta e uscì a passo svelto. Sentì la risata folle dell'assassino mentre i poliziotti lo portavano fuori dalla stanza per gli interrogatori.
- Sei ancora una bambina, Holmes! - Gridò Moriarty, e Mary previde subito quello che avrebbe detto poi: - Ma non per molto! -

La figlia di Sherlock Holmes - Word GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora