Squarci di verità

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Il fuoco del braciere guizzava spandendosi verso l’alto in ondeggianti lingue rossastre. Le ombre danzavano scostanti sulle colonne del tempio dedicato a Hestia, come allegri ballerini incuranti del male che minacciava di distruggere il mondo. Invece il futuro non era mai stato così oscuro e la dea aveva condotto Eracle e Alphaios in quel luogo sacro affinché potessero trovare consiglio e armonia. Il suo tentativo però non stava sortendo l’effetto sperato. Attorno alle fiamme, padre e figlio si squadravano silenziosi, dopo le rimostranze di Eracle a Zeus che non gli si era manifestato da subito. L’eroe guardava il pescatore con rimprovero, mentre negli occhi di Alphaios si leggeva dispiacere misto a fierezza.
“Non devi prendertela. – intervenne Hestia – Egli ha agito per il meglio, proteggendoti”.
Eracle storse la bocca, come fosse appena stato costretto a ingurgitare cibo avariato “Nascondermi la sua identità mi avrebbe protetto? E da cosa?”
“Figlio, – rispose Alphaios, la cui voce ora possedeva una regalità che aveva tenuto celata sino ad allora – non sono in possesso dei miei poteri. In questo momento non sono Zeus, il signore dei fulmini, sovrano dell’Olimpo, re degli déi, ma solo un semplice pescatore. Un mortale. I nostri nemici non devono sapere chi sono né dove mi trovo. Nasconderti la mia natura ti ha impedito di compiere passi falsi”.
“Grazie della fiducia, padre! – sputò fuori – Adesso mi sento molto meglio”.
Hestia cercò di calmare gli animi “Non è il momento di litigare, ma di restare uniti. Dovete decidere cosa fare, déi e uomini attendono il vostro aiuto”.
La tranquillità che irradiava la dea bastò a rilassare l’animo esacerbato del figlio di Zeus, il quale meditò sul da farsi.
Le parole di Austro avevano aggiunto alcuni tasselli al panorama, senza però riuscire a fornire un quadro sufficientemente completo della situazione.
“Cosa proponi di fare?” chiese Eracle al vecchio.
Alphaios si strinse nelle spalle “Se avessi il mio aspetto divino non avrei dubbi, ma così – e indicò il suo corpo – non so proprio come essere d’aiuto”.
“E se scalassi l’Olimpo?” propose l’eroe.
“Non sappiamo con chi avresti a che fare. Ormai mi sembra evidente, e le mie condizioni lo confermano, che la mia stirpe è stata sconfitta. Da solo contro qualcuno in grado di battere Poseidone, Ares, Atena e gli altri non avresti scampo”.
“Allora andiamo ad attaccare le armate oscure che assediano Sparta. Con l’elmo di Ade potrei fare strage di nemici”.
“Sei forte, ma ricordati che l’arroganza è il peccato che commette ogni essere vivente che si crede invincibile. Io ne so qualcosa”.
“Quindi? Sei solo capace di dirmi ciò che non possiamo fare?”
Alphaios lo guardò di traverso “Naturalmente no. La strada più ragionevole da percorrere è quella di cercare alleati, o provare a liberare almeno Atena, anche se solo parlarne mi par folle”.
“Ti ho già detto che sono pronto a scalare l’Olimpo. Troverò la loro prigione e…”
“Il monte su cui noi déi dimoriamo non è una prigione. È un altro il luogo nel quale confiniamo i nemici più pericolosi”.
Hestia, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, si portò una mano alla bocca, tremante “Vuoi dire che…”
In quel momento una raffica di vento sollevò alte vampate dal braciere, fin quasi a lambire il soffitto. Le correnti presero a forzare la forma del fuoco, fino a fargli prendere un consistenza fluida, alimentata dalla stessa aria. Alla stregua di quanto aveva fatto Austro quando si era manifestato, un altro vento soffiò, questa volta dentro le fiamme, plasmando la figura di un essere alto e robusto, con il cranio completamente rasato e un viso tondeggiante racchiuso tra due orecchie leggermente troppo grandi.
“Ti ho trovata, Hestia! – disse con una voce simile allo schioccare di un ciocco di legno – Vengo a informarti che l’Olimpo è usurpato! Kratos e Bia hanno tradito, appoggiati da altri déi minori. Il signore del fulmine è caduto, e gli Olimpi sono stati scaraventati nel Tartaro, ove saranno facile preda dei titani. Io sono qui perché ho fatto una promessa ad Atena, ma non pensavo che ciò che ella temeva sarebbe mai accaduto. La figlia di Zeus mi ha detto di riferirti di cercare Eracle, ma noto che sei stata più rapida di me”.
“Borea!” esclamò Hestia.
Il vento del nord si produsse un inchino. Poi la sua attenzione venne attirata da Alphaios, tanto che il fuoco, per un istante, sembrò cristallizzarsi.
“Sì Borea, – confermò il vecchio – i tuoi sensi non ti ingannano. Sono Zeus. Ti prego di dirmi tutto ciò che sai”.
“Ti credevo perduto… non so come facesse a saperlo, ma Atena aveva previsto che sarebbe accaduto qualcosa di grave sull’Olimpo, assegnandomi il compito di recuperare la tua egida e di portarla a Eracle. Purtroppo ciò non è stato possibile, perché lo scudo è nascosto nel tuo palazzo, dove io non sono potuto penetrare. Qualcosa ha preso possesso del tuo regno”.
“Intendi Kratos?” domandò l’anziano, nelle cui parole vibrava uno sdegno tangibile.
“No, qualcosa di più pericoloso… più subdolo. Mi ha terrorizzato. Ho fatto appena in tempo a scappare. Malauguratamente la mia missione è portata a compimento solo in parte”.
“Non temere, – lo rassicurò Eracle – abbiamo altre armi a nostra disposizione”.
“Non si tratta di quello. Dopo essere fuggito, sono andato alla ricerca di Prometeo, che, secondo le indicazioni di Atena, dovevo pregare di raggiungere Eracle, ma, nonostante abbia percorso la Terra in lungo e in largo, di lui non v’è traccia”.
“Perché avresti dovuto trovare Prometeo?” chiese Alphaios.
Gli occhi di Borea assunsero un tono tanto rosso da virare al nero “Il titano ama gli uomini, e conosce molti segreti divini. Forse ciò che sa può esservi d’aiuto”.
Hestia allungò la mano verso l’apparizione infuocata “Se voi venti ci aiutate…”
In un turbine, Borea abbandonò il braciere, mentre le sue parole riecheggiavano nel tempio “Noi dobbiamo fuggire. Abbiamo già rischiato molto. Buona fortuna”.
“Aspetta!” gridò inutilmente Hestia. Borea se n’era andato.
“Vigliacco” esclamò Eracle.
“Non essere troppo severo nel tuo giudizio, – lo ammonì la dea – i venti sono nati per esser liberi e, per quanto la cosa possa non farci piacere, anche egoisti. Soffiano quando vogliono, e si calmano quando ritengono di doverlo fare. È la loro natura”.
“Forse hai ragione, ma mancano due venti all’appello. Mi chiedo quali armi e quali compiti abbia assegnato loro Atena”.
“Lo sapremo presto. Nonostante la loro incostanza, essi sono certamente i più adeguati, dopo Hermes, a recapitare un messaggio o un dono”.
“Io invece mi chiedo chi sia il nostro vero nemico. Non posso pensare che le mie guardie del corpo si siano comportate in modo tanto riprovevole. Qualcuno ne controlla le azioni. Ma di chi si tratta? Forse nemmeno io stesso posso ambire a tanto”.
“Bene, adesso sapete cosa fare” chiosò Hestia.
Gli altri due la osservarono con aria interrogativa “Ah, déi beati, a volte voi uomini avete così poco intuito… cercate Prometeo!”

Liberate Prometeo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora