Ospiti inattesi

118 8 3
                                    

"Ti farà un po' male." lo mise in guardia Menodora.
"La mia memoria non funziona come dovrebbe, ma credo di essere stato ferito altre volte. E sono certo di non essermi mai messo a piangere."
La battuta strappò una risata alla giovane, che strinse con forza le bende sul braccio di Eracle.
"È meglio che per qualche giorno tu non faccia sforzi." sentenziò appena ebbe terminata la medicazione.
Il figlio di Zeus alzò un sopracciglio "Non dirai sul serio, spero. Avrei qualche difficoltà a combattere con un braccio solo."
"Ci penseremo noi a difenderti. Sappiamo batterci, come hai visto."
Eracle cercò con gli occhi l'appoggiò di Alphaios, il quale, distogliendo lo sguardo, inizio a rigirarsi tra le mani il bastone, come fosse l'oggetto più misterioso e raro del mondo.
"Nikandros, mi auguro tu non sia d'accordo con tua sorella."
Il giovane alzò le mani, come per arrendersi "Io non mi metto mai contro Menodora. È impossibile vincere contro di lei."
L'eroe alzò gli occhi al cielo "Padre, piuttosto mandami contro Tifone in persona, ma non lasciarmi alla mercé di questi ragazzini!"
I prìncipi risero di gusto. Alphaios invece reagì in modo inaspettato, puntando il bastone sotto il naso di Nikandros "Non scherzate con gli dèi! Il loro potere è grande, e le loro vie inesplicabili. Essi hanno già tracciato il nostro percorso. Dobbiamo venerarli e avere fiducia nella loro saggezza!"
Nikandros si schermì "Ma io non ho detto nulla..."
Il vecchio si allontanò, arrabbiato, scomparendo tra il folto del bosco.
Il gruppo aveva trovato una piccola radura ai margini di una foresta di larici in cui accamparsi e accendere un fuoco, utile per scaldarsi e cuocere qualche provvista.
Nessuno aveva più menzionato il villaggio, dopo essere scampati all'attacco di Teumessia, per quanto fosse evidente che l'orrore e le domande che l'accaduto aveva generato negli animi di Eracle e dei suoi amici li avrebbero accompagnati a lungo.
Alphaios aveva proposto di incendiare il villaggio, e così avevano fatto, perché lasciare i cadaveri insepolti era segno di mancanza di rispetto per i morti, oltre a rivelarsi una fonte di epidemia.
Notando che il silenzio era calato attorno al focolare, Nikandros cercò un argomento di conversazione con cui risollevare l'umore degli altri.
"Quel vecchio è veramente un brontolone. Adesso capisco perché era da solo. Chi lo vuole uno così?"
"Hai ragione. - gli diede corda Eracle - Non so se ha mai avuto moglie e figli, ma nel caso sono di certo scappati a gambe levate."
Menodora sorrise "Siete due pettegoli."
"Io? - l'eroe fece finta di offendersi - ha cominciato lui."
"Si, ma tu sei peggio di me."
Eracle scimmiottò il tono grave di Alphaios "Questi giovani non hanno rispetto per i saggi anziani!"
Nikandros cercò di trattenersi, ma poi esplose in una risata senza freni.
"Siete due idioti!"
La voce che aveva parlato era quella bassa e profonda di un uomo.
Eracle scattò in piedi, ma ciò che gli mostrarono gli occhi, tra le guizzanti ombre proiettate dal fuoco, lo indussero a non intervenire.
Un coltello era poggiato sulla bianca gola di Menodora. La mano che sorreggeva l'arma apparteneva a uomo alto e possente, i denti scoperti in un ghigno soddisfatto.
"Torna seduto, se non vuoi che tagli la gola a questa bella giovane."
"Eracle!" lo chiamò Nikandros.
Anche lui era immobilizzato. Un secondo aggressore gli teneva le braccia bloccate.
L'eroe non poteva reagire senza mettere in pericolo la vita dei ragazzi.
"Che cosa volete?" domandò, cercando di dominare la furia crescente.
"Fratello mio, - disse quello col coltello al compagno - credo che questo sia il nostro giorno fortunato. Io direi che ci siamo imbattuti in una delegazione di nobili. Guarda i finimenti dei loro cavalli. E le provviste! Finalmente possiamo riempirci lo stomaco. Mi chiedo solo questo gruppo di stolti dove credesse di andare in tempi come questi, nei quali nemmeno il più potente degli eserciti osa uscire dalle proprie mura."
Nessuno rispose.
"Fratello?"
L'uomo che aveva catturato Nikandros cadde a terra come un sacco vuoto.
Prima che i presenti realizzassero l'accaduto, il fuoco si spense.
Eracle comprese di dover sfruttare l'occasione. Con un solo balzo superò la distanza che lo separava dal brigante che minacciava Menodora, afferrandogli il polso e torcendolo fin quasi al punto di rottura. L'uomo urlò per il dolore, cadendo in ginocchio e lasciandosi sfuggire il coltello.
In quel momento, proprio come si era spento, il fuoco si riaccese.
"A quanto pare mi sono perso qualcosa..." commentò Alphaios, tornato d'improvviso dal suo breve esilio volontario.
Un brigante giaceva svenuto, a terra, accanto a Nikandros. L'altro, inginocchiato di fronte a Eracle, gli mostrava la mano offesa. "Abbiate pietà, eravamo solo affamati. - piagnucolò - Lasciateci andare via, non vi daremo più fastidio, vero Passalo?"
Il fratello non si mosse, ancora incosciente. "Passalo?"
"No temere, sta solo... dormendo. Ma quando si sveglierà avrà un gran mal di testa, a giudicare dal bernoccolo che gli sta crescendo sulla nuca." ridacchiò Alphaios.
"Sei stato tu?" chiese Eracle.
"Io? Sono solo un povero vecchio, come potrei abbattere un uomo così grande?" rispose l'anziano, malizioso.
"Credo tu sia molte cose, ma di certo non un povero vecchio."
Il vecchio si strinse nelle spalle. "Sistemiamo questa coppia di malviventi."
Quando Passalo riprese conoscenza, pochi minuti più tardi, aveva l'espressione di uno che non poteva credere di essere legato come un agnello sacrificale.
Il gemello, che aveva detto di chiamarsi Acmone, gli stava accanto, impossibilitato a muoversi perché trattato da Eracle allo stesso modo.
"Cosa ne facciamo?" disse l'eroe, mimando l'espressione più feroce possibile, anche se i due briganti gli trasmettevano un senso di ilarità che non riusciva a giustificare.
"Potremmo ucciderli, sacrificandoli agli dèi. Non sono granché, in effetti, ma sempre meglio di niente."
"Vi prego, non fatelo, siamo solo due poveri affamati..." iniziò Passalo, prima di essere interrotto da Eracle "Risparmiaci la recita, ci ha già provato tuo fratello."
Avvicinatosi alla propria spada, poggiata su una roccia, decretò la condanna dei due ladri "Basterà un colpo secco."
Acmone guardò la lama affilata, mentre lacrime - false? - iniziarono a rigargli il viso.
"Povera madre! Come farai ora, senza i tuoi figli? Tu, inferma, morrai di fame e sete, nell'attesa che i tuoi amati ragazzi tornino a portarti quel poco che riuscivano a procurare. Oh crudele destino, cosa ti ha mai fatto una donna così tenera e dolce, timorata degli dèi? Attenderai vanamente, madre mia, fino a quando scenderai agli inferi e conoscerai, finalmente, la struggente verità."
"Mai visto un attore tanto consumato." sentenziò Alphaios, per nulla commosso.
Eracle si accostò a Passalo, pronto a calare la spada sulla sua testa.
"Non vorrete farlo veramente? - saltò su Menodora, scandalizzata - Non è nobile giustiziare due uomini indifesi. Lasciateli andare."
Il vecchio sbuffò. L'intervento della principessa aveva vanificato la recita che stava mettendo in atto col figlio di Zeus. Perché entrambi erano convinti che i briganti avessero qualcosa da nascondere.
"E sia. Ma li porteremo con noi. Non si sa mai, potrebbero tornarci utili."

Il giorno dopo, quando il gruppo partì, nessuno, nemmeno i due nuovi elementi che seguivano, appiedati e legati, Eracle e compagni, si accorse di ciò che li scrutava, nascosto tra il folto degli alberi.

Liberate Prometeo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora