06|Un fantasma per amico

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Gabriel's POV

Tirai fuori l'arco all'istante afferrando una delle frecce dalla faretra. Feci pochi passi all'indietro iniziando a girare su me stesso. Sapevo che sarebbe comparsa da un momento all'altro convincendomi a restare qui dentro per sempre. Ma non dovevo dimenticare qual'era la mia missione. Aiutare Gerard era la mia priorità.

Spostai lo sguardo su ogni angolo che mi era possibile raggiungere con la vista, ma di Idris e Althea non c'era nessuna traccia.
Tutto intorno a me sembrava essere silenzioso, immobile, le tracce delle fratture sul terreno erano scomparse, la nebbia si era dissolta, non c'era una sola foglia che si muovesse.
Per un momento temetti che il tempo si fosse fermato, ma probabilmente era solo un'illusione.

Presi un respiro e rimisi l'arco in spalla iniziando a camminare e tracciando dei solchi per terra dietro di me aiutandomi con la freccia.
Camminai per quelle che probabilmente erano ore e per l'ennesima volta mi girai iniziando a scavare un buco a terra.
Spostai lo sguardo a qualche metro più in avanti dove si trovava quello che avevo fatto precedentemente, ma non vidi nulla. Aggrottai le sopracciglia, la stanchezza si faceva sentire e la mia vista ne stava risentendo.

Continuai ad avanzare fermandomi qualche secondo ad osservare il buco che avevo appena creato, ma anche questo era scomparso.
Decisi così di appoggiare la punta della freccia direttamente sul terreno iniziando a formare una linea continua che si allungava ad ogni passo che facevo, ma ogni volta che mi voltavo questa sembrava avere sempre la stessa lunghezza.
C'era qualcosa che non andava.
Rifeci gli stessi movimenti più volte sperando di catturare con lo sguardo quello che stava succedendo dietro di me.
Ma quando restavo fermo, la linea non cambiava le sue misure.
Ricominciai a camminare e questa volta voltai la testa senza fermarmi. Fu lì che la vidi.

A pochi passi da me una figura minuta stava ricoprendo con le sue piccole mani i segni sul terreno. Era appoggiata sulle ginocchia mentre con le mani spostava la terra avanzando.
Spostò qualche volta lo sguardo verso le mie gambe che continuavano a muoversi e compiaciuta si rimise all'opera.
I suoi capelli mossi sembravano di un biondo sbiadito come il resto dei colori che la contraddistinguevano.
Gli occhi un tempo di un verde brillante erano spenti e le mani si erano sporcate di terra.
Mi chiesi perché lo stesse facendo e mi si formò un groppo in gola al suo ricordo.
Ricordai tutte le volte in cui mi aveva chiesto di giocare con lei perché non voleva uscire all'aperto come tutti gli altri bambini. Odiava sporcare i suoi vestiti di terra e solo l'idea degli animaletti che poteva trovarci le faceva ribrezzo facendola desistere da ogni suo tentativo.
E ora si trovava davanti a me con le mani sporche di terriccio e il vestito bianco con una macchia di sangue al centro del petto. Avevo fallito. Non ero riuscito a proteggerla.

Si alzò nuovamente con il viso soddisfatto, ma quando fece per rimettersi a terra e cancellare un altro punto, notò la mia espressione.
Sussultò scomparendo dalla mia vista, mossi la testa alla sua ricerca. Dovevo parlarle. Lei doveva sapere che durante questi cinque anni non l'avevo mai dimenticata.

La vidi con le gambe che penzolavano da un ramo alto, mentre con una mano sul mento mi fissava.
Inclinò la testa come a chiedermi cosa dovesse fare, ma senza aspettare una vera risposta me la ritrovai nuovamente davanti.
Mi abbassai alla sua altezza inginocchiandomi davanti a lei.
Mi osservò per qualche secondo per poi abbracciarmi.

«Lavinia, io...»

«So che non è colpa tua» mi interruppe prima che potessi completare la frase.

«Mi dispiace così tanto, non avrei dovuto lasciarti sola, se solo quella notte fossi rimasto con te avrei potuto fermarli»

«Eri una guardia reale, non potevi rifiutarti»

Figli delle OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora