08|Gli acrobati di Soleil

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Avevo solo due cose in testa: la prima era la probabile scomparsa del gruppo all'interno della foresta e la seconda era Gerard. Il ragazzo sembrava essere stranamente calmo da quando eravamo tornati all'interno della stanza dopo la cena e mi chiedevo se chiuso nel suo silenzio non stesse meditando a come uccidermi una volta per tutte.

Ero seduta sul bordo del letto aspettando che fosse lui a mettere fine a quel silenzio opprimente, ma sembrava non volerne sapere.

Solo poche ore prima avevo proposto di raggiungere la foresta e trovare i ragazzi, ma lui si era rifiutato categoricamente e il tutto era sfociato in una discussione.

Sospirai teatralmente alzandomi in piedi e iniziando a camminare per la stanza.

«Hai finito? Mi dai sui nervi» il tono arrogante che lo contraddistingueva non mancò di presentarsi.

«Ma se sei di spalle» obbiettai incrociando le braccia.

«Questo non significa che non senta la tua presenza fare avanti e indietro come un grillo»

Emisi un suono di scherno ondeggiando le mani di fronte a me: «Possa lei perdonarmi, Mr. Sensibilità a mille»

Si voltò lentamente alzando un sopracciglio: «Hai finito?»

La sua indifferenza mi fece infuriare ancora di più. Sembrava che nulla lo toccasse minimamente e la cosa mi portava a detestarlo. Questo ragazzo non aveva sentimenti.

«Dove vai?» mi chiese passandosi due dita sulle palpebre vedendomi aprire la porta.

«A cercare i tuoi amici» calcai di proposito sull'aggettivo possessivo.

Sapevo che con le mie limitate conoscenze di questo mondo non sarei arrivata lontano, ma quello che mi interessava realmente era una sua reazione. Da quando eravamo arrivati in questo posto sembrava essere diventato un vaso vuoto di qualsiasi emozione.

«Uscire la notte senza pensare a quello che potrebbe accadere è un vostro tratto comune a quanto pare» stava forse facendo riferimento ad Oniride?

«Non preoccuparsi dei propri amici è qualcosa che invece ho riscontrato solo in te»

«Te lo ripeto per l'ultima volta: non usciremo a cercarli»

«Perché?» urlai con tutto il fiato che avevo in gola.

«Il fuoco fatuo si è spento» disse con calma.

«E allora?» il suo tono di voce continuava ad infastidirmi.
Tutto di lui mi infastidiva a partire dalla sua calma di fronte alle mie urla.

«E allora... ci perderemmo anche noi! Non è un gioco Selene e non tutti sono deboli come te. Non tutti hanno bisogno di essere costantemente salvati e guidati. Loro sanno come cavarsela e noi li aspetteremo qui»

«Io non sono debole» scandii le parole per fare in modo che gli entrassero bene in testa.

Senza neanche che me ne accorgessi si era avvicinato pericolosamente mettendo una sua mano sulla mia spalla: «Ah no? E se non sei debole, cosa sei?» i suoi occhi vennero attraversati da una striatura rossa così velocemente che non fui sicura di quello che avevo appena visto.

Aprii la bocca per parlare, ma da questa non uscì neanche un suono.

«È forse forte la parola che cerchi?»

Logicamente se non ero debole ero forte. Aveva ragione sarebbe stata quella la parola più adatta, ma lo ero davvero?

Anzi, sarebbe stato più giusto chiedermi come fossi in realtà.

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