15|Di sangue e dolore

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Gerard's POV

Buttai con rabbia la tenda a terra osservandola. Aveva perso la sua sfumatura azzurra per lasciare spazio a bruciature scure e buchi sparsi qua e là sulla stoffa.
Incrociai le braccia voltandomi nuovamente verso il ragazzo.

«Ho per caso interrotto qualcosa?» chiese simulando una voce serafica.

«No» risposi schietto.

«Sembri arrabbiato» Idris non demordette continuando a procurarmi un certo fastidio.

«Pensa alla tua gamba, invece di psicanalizzarmi» andai a sedermi sull'angolo del suo letto appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

Il rosso abbassò lo sguardo sul suo arto.
Dai buchi che si erano formati sui pantaloni si vedevano le vene nere, che erano salite in superficie, lentamente sparire lasciando spazio alla sua pelle rosata.

«Che velocità» sussurrò a se stesso. Prese i lembi di un buco tirandoli e strappandoli in modo da osservare meglio quello che stava succedendo alla sua pelle. L'ustione aveva raggiunto quasi il ginocchio, ma le uniche cose che potevano provarne l'accaduto stavano sparendo sotto i nostri occhi come cancellate da una gomma.

«I vantaggi di Hellebore, suppongo» parlai lentamente appoggiandomi sulla schiena con le braccia dietro la testa.

«Già» concordò annuendo. Lanciai uno sguardo verso di lui. Aveva smesso di contemplare la sua gamba dirigendosi invece verso lo scettro che poco prima aveva lanciato dall'altra parte della stanza.
Lo prese in mano ritrasformandolo in un anello e mettendolo al dito.
Lo avevo visto fare un milione di volte eppure sembrava sempre la prima. Se fossi rimasto a palazzo non avrei mai saputo che certi oggetti potessero esistere... che una persona come lui potesse esistere.

Avevo detto a Selene che la maggior parte di persone su Callisto A-17 avevano delle abilità speciali, delle doti o dei poteri. Ma Idris ne aveva fin troppe.

«Mi racconterai mai la tua storia?» chiesi incuriosito.

«È piuttosto lunga e noiosa. Nulla di così speciale o degno di nota»

«Ho tempo» insistetti.

«Ne sono più che sicuro» disse lanciando i pantaloni vicino alla tenda e mettendosi una tuta: «Ma forse sono io a non averne abbastanza» alzai un sopracciglio in risposta aspettando che continuasse a parlare per dare una spiegazione alle sue parole.

La nostra conversazione fu però interrotta da una terza voce: «Sei sempre così tragico maghetto» Gabriel si era svegliato appoggiandosi alla testiera del letto.

Idris ignorò il commento stiracchiandosi, passò una mano tra i capelli e gli spettinò leggermente.
Andò poi a sedersi sulla sedia davanti al tavolo e iniziò a dondolare su di essa spingendosi in modo che le gambe di legno anteriori non toccassero terra.

«Spero che il sonnellino ti abbia schiarito le idee principino» il rosso calcò sull'ultima parola come per prenderlo in giro.

Gabriel ghignò, senza farsi intimorire dal suo tono di voce: «Non credi di dovermi un po' di obbedienza?»

Strinsi i pugni per evitare di fare qualcosa di cui avrei potuto pentirmi, ma Idris non ebbe il mio stesso autocontrollo.

Il muscolo della sua mascella guizzò e in un lampo fu sul ragazzo prendendolo per il collo della maglietta: «Vedi di ritrovare il cervello che hai abbandonato per strada perché il tuo tono spocchioso sta iniziando a darmi sui nervi» dalla sua voce trapelava la rabbia che stava provando nei confronti di quello che era un suo amico fino a pochi giorni prima.

Mi alzai per separare i due: «Lascia stare, sta dando di matto» tirai indietro Idris facendolo ragionare. Era inutile attaccare Gabriel, ciò avrebbe portato solo a più scompensi.

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