13|Una notte di stelle e conoscenze

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Selene's POV

Avevo sentito tutto.

Ogni singola parola pronunciata da Idris e Gerard continuava a vorticarmi in testa sovrapponendosi alle immagini di quello che era successo alla locanda.

Ero rimasta in bagno accanto alla porta ad ascoltare i loro sussurri,avevo sentito un pugno schiantarsi contro la parete e quando il silenzio era tornato a dominare l'ambiente avevo deciso di rimanere lì dentro ancora per qualche minuto.

O almeno mi sembrava che il tempo trascorso fosse quello.

Gerard aveva bussato più di una volta alla porta, ma senza mai ricevere una mia risposta.

La verità era che ora che mi trovavo chiusa in questo bagno così anonimo una sensazione di angoscia stava tentando di farsi strada nel mio cuore. Non importava quante volte lo guardassi alla ricerca di qualcosa di magico. Era un normalissimo bagno.

E più lo guardavo più sentivo allontanarsi il mondo al di fuori di queste mura. Il problema era che non sarebbe mai potuto succedere.
Appena avrei aperto quella porta per l'ennesima volta sarei andata a sbattere contro quella realtà che non mi apparteneva.

Mi portai entrambe le mani alle tempie premendole come se avessi potuto raggiungere il cervello ed estirpare tutti i ricordi di quello che era successo.

Quando sentii premere le lacrime contro i miei occhi alzai la testa verso l'alto per evitare che cadessero.

Sapevo che se mi fossi permessa di farne scivolare anche solo una non avrei più smesso.

Aspettai qualche secondo in quella posizione e per l'ennesima volta sentii una mano battere contro la porta: «Selene, sei lì dentro da ore» non risposi per paura che potesse notare il tremolio nella mia voce.

«Se non esci sfondo la porta» continuò.

A quel punto tutti i miei buoni propositi sul diventare più forte si sgretolarono in mille pezzettini e le lacrime iniziarono a bagnarmi le guance.

Non volevo stare qui. Volevo andarmene. Sparire e non fare mai più ritorno.

Mi coprii gli occhi con le mani. Non tolleravo più la vista di quella finta normalità.

Il rumore della porta che sbatteva a terra frantumò quel silenzio che si era nuovamente creato. Non ebbi il coraggio di togliermi le mani dal viso. Di fargli capire che aveva ragione. Che ero debole.

Lo sentii muoversi a passi lenti nella mia direzione fermandosi a pochi centimetri da me. Due mani si appoggiarono sui miei polsi circondandoli delicatamente e spostandoli. Osservò il mio viso per una frazione di secondo prima di attirarmi tra le sue braccia.
Appoggiò il mento sulla mia testa rimanendo in quella posizione.

«Va tutto bene» disse in un sussurro mentre muoveva la mano che nel frattempo aveva portato tra i miei capelli.

Scossi la testa in senso negativo pur rimanendo appoggiata sul suo petto: «Non è vero» singhiozzai.

«Non ti succederà nulla, ti proteggerò» sentii la sua presa farsi più stretta e se possibile le mie lacrime si moltiplicarono all'udire le sue parole.

«Gabriel mi ha puntato una spada al collo. Una fottutissima spada di non so nemmeno che materiale perché non ne avevo mai vista una invita mia e voi...» la mia voce si spezzò, ma continuai a gettare fuori tutto il male che provavo: «Voi vi ostinate a non raccontarmi nulla»

Sentendo le mie parole spostò il viso di fronte al mio e con estrema calma iniziò ad asciugare le mie lacrime, ma io non mi fermai: «Una volta mi hai detto che forse l'universo voleva farmi un regalo, ma restare all'oscuro di qualunque cosa mi riguardi mi fa sentire come se stessi morendo una seconda volta e fossi obbligata a restare in piedi» presi un respiro profondo: «Può davvero essere definito un regalo questo, Gerard?»

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