10|Guerre di cuscini e di potere

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Mi buttai sul letto coprendo la mia faccia con il cuscino.
Ero stanchissima, ma fortunatamente Gerard era riuscito a convincere Cad a tornare a casa e così ci eravamo diretti tutti e tre verso la locanda lasciandoci alle spalle il circo.

Ripensai a quello che era successo a Vivet. Quella creatura così orribile mi si era avvicinata senza nemmeno darmi il tempo di elaborare cosa stesse succedendo. Non aveva occhi, tuttavia non sarebbero serviti a nulla se non a spaventarmi maggiormente.

Forse era la stanchezza che mi stava facendo delirare e stava portando i miei pensieri in sentieri bui e contorti, ma l'idea che potesse realmente vedermi aveva messo radici nella mia mente. Poteva vedere anche gli altri? E perché si era avvicinata a me? Cosa voleva?

Sospirai continuando a stringere il cuscino. Se fossi soffocata almeno il mio cervello avrebbe smesso di elaborare tali scemenze, ma il ricordo della veggente si parò di fronte ai miei occhi come se fosse ancora lì davanti a me. Le sue parole e le sue avvertenze. Secondo lei la mia anima aveva viaggiato per anni e ora mi trovavo qui con uno scopo ben preciso. Ma perché proprio io? Mille domande continuavano a vorticare nella mia testa. E infine quella sua dannata frase.

''Non ti innamorare'' Amore. Amore. Amore. Che cosa stupidissima. Di chi avrei dovuto innamorarmi? Dei sassi sul nostro cammino? Persino loro, se avessero potuto parlare, mi avrebbero raccontato più di quanto stiano facendo le persone che mi ritrovavo attorno.

Poi ripensai a loro. Alle persone che avevo incontrato.
Sembravano essere passati mesi, ma in realtà non era così.

Aspettavo impaziente il ritorno di Althea, Gabriel e Idris che per ora sembravano gli unici ad essere disposti a dialogare con la sottoscritta in maniera civile.

Basta. Se volevo cambiare dovevo sapere cosa stava succedendo intorno a me. E avrei trovato un modo per far parlare Gerard, a costo di tirargli fuori le parole con le pinze.
Dovevo solo capire come.

Tolsi il cuscino dal mio viso forse con troppa veemenza, tanto che questo andò a scontrarsi con il viso del ragazzo che accanto a me stava dormendo.

Mi voltai di scatto verso di lui che in men che non si dica spalancò gli occhi puntandomi un pugnale alla gola.

«Ma che cazzo fai?» imprecò adirato, risistemando la lama sul comodino accanto e tornando a darmi le spalle.

«Non l'ho fatto apposta» sbuffai.

Neanche il tempo di verificare che si fosse riaddormentato che un cuscino mi volò in faccia.

«Ho detto che non l'ho fatto apposta» ripetei con voce stridula, colpendolo nuovamente con lo stesso cuscino che prontamente mi ritornò in faccia.

«Smettila Gerard» e lo colpii di nuovo.

«Hai iniziato tu» mi rimbecco imitando il mio stesso gesto.

«Non era voluto, smettila di fare il bambino» ormai era diventata una guerra. E ad ogni frase corrispondeva un colpo ben assestato con il cuscino.

«Nulla è mai voluto con te, vero?» rispose ironico.

«Questo sì» tenni il guanciale fra le mani iniziando a colpirlo più volte. Quanto avrei voluto fosse stato un mattone e non una federa ripiena di materiale morbido.

Le sue mani finirono sulla mia vita e in pochi secondi mi ritrovai in una posizione di svantaggio con lui a torreggiare sulla mia figura. Mi strappò il cuscino dalle mani gettandolo in un angolo della stanza. I suoi capelli scuri erano scompigliati, ma la sua voce rimase ferma: «Hai terminato con questo teatrino?»

La mia espressione mutò in poco tempo in rabbia: «Tu. Non hai idea di quanto ti fai odiare» scandii bene le parole in modo che gli rimanessero impresse.

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