Capitolo 4

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Era una giornata nuvolosa e Kaz era seduto su una morbida sedia, la gamba bloccata stesa davanti a lui. Inej era semidistesa davanti a lui su un triclinio a mangiare qualche chicco di uva.

Kaz si era sempre ritenuto uno difficile da distrarre, ma quel giorno la giovane padrona e il suo corpo lo attraevano come un sacco pieno di denari. Non era affatto formoso come quello di Nina, ma lo preferiva.

«Allora, Kaz. Qua dentro non schiavizzo seriamente nessuno, ma mi interessa sapere il più possibile su chi compro. Questo vuol dire che ora vorrei tu mi spiegassi chi eri prima e cosa ti è successo da renderti così.»

L'attenzione di Kaz si rivolse tutta al tavolino che c'era tra loro. Quindi era quella “la chiacchierata”.

La ragazza si sollevò e si mise seduta, le gambe piegate alla sua sinistra. «So che non tolleri di essere toccato, ma che riesci a toccare gli altri. So che sei bravo a sgraffignare oggetti, visto che un pugnale è sparito. So molte cose, ma voglio il complessivo… E voglio capire il tuo comportamento quando non eri in te.»

«Non ne voglio parlare… Non oggi.» disse Kaz fissandola e riabbassando poi lo sguardo.

«Non è una richiesta, Kaz. È un ordine. E poi, come si suol dire, tolto il dente, tolto il dolore.»

Il corvino guardò Inej per un lungo istante. Dover rivivere ciò che era successo era l'ultima cosa che voleva fare.

«Può andare un riassunto?» fece alla fine. Avrebbe potuto rifiutarsi, ma cosa sarebbe successo allora? Forse non l'avrebbe sbattuto fuori, ma chissà che avrebbe fatto.

«Dipende da quanto è sintetico.»

«Da giovane la mia famiglia è morta per una pestilenza. Ho fatto il ladro da allora, avevo il mio gruppo, le cose andavano bene… Ma vengo da un territorio che avete appena conquistato. I ribelli c’erano e ci sono ancora, e noi ci siamo andati di mezzo.»

Anche lui aveva collaborato con i ribelli. Era un ladro e in quanto tale forniva i soldi, ma meglio non dire il vero. Non ad una nobile romana.

«Ci hanno beccato di notte ed è stata battaglia. Ci sono voluti una ventina di uomini per prendermi, una quarantina per fermarci tutti. Dopodiché sono stato sbattuto in una cella per essere venduto.»

Aveva ucciso almeno dieci soldati prima che riuscissero a fermarlo. Era uno dei pochi ricordi recenti che ricordava con piacere: l'adrenalina che aveva provato, il sangue sulle sue mani, la vista di quei cadaveri.

«E dopo?» chiese Inej.

«Non so quanto mi hanno tenuto prigioniero. So che ho mangiato poco e che ho visto il sole a stento prima di essere venduto...»

Dovette fermarsi prima di pronunciare le parole successive: «E le guardie hanno abusato di me.»

«Abusato come?»

«Percussioni e violenza sessuale.» disse secco Kaz, lievemente sollevato che quei termini così tecnici suonassero meno realistici. Nulla di tutto quello era visibile in quel momento: le ferite erano state fatte guarire per essere presentabili all'asta, ma al ragazzo bastava chiudere gli occhi per ricordare ogni ferita, ogni botta presa, ogni violenza subita.

Mandò giù un boccone amaro e aggiunse: «Non chiedermi i dettagli, non te li darò neanche se me lo ordini.»

«Non servono… Quel che è successo è orribile e spiega ciò che ho sentito il primo giorno.»

«E... cos'è che hai sentito?»

«Hai urlato parecchio quando ti hanno riaggiustato la gamba. Hai urlato "Vi prego basta" almeno una ventina di volte e quando sei riuscito a liberarti dalla stretta di Jesper hai cercato di proteggerti le parti basse… E hai pianto quando non sei riuscito a liberarti di me e di Jesper.»

Mea Domina || Sei di CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora