San.
Sapevo che non avrei dovuto lasciare che Wooyoung restasse con me per tutto quel tempo, tantomeno che dormisse con me.
Lui era la mia missione, e io non potevo comportarmi così con lui. Dovevo agire in modo più distaccato, non farmi coinvolgere nella sua vita.
Questo era quello che pensavo di dover fare finché il capo, mio padre e un suo collega di lavoro non erano entrati nella stanza d'ospedale.
Mi ero svegliato con calma, non ricordandomi che accanto a me ci fosse Wooyoung, quindi avevo aperto gli occhi, realizzando poco dopo chi fosse davanti a me, e nel guaio in cui probabilmente mi ero cacciato.
Dopo che Wooyoung fu uscito dalla stanza, chiesi perché i tre agenti fossero lì davanti a me.
«Sbaglio o la tua missione è appena uscita dalla porta?» chiese il capo, con tono ironico. Già, era tutto molto ironico.
«Sì, ma posso spiegare.» cercai di restare calmo e non agitarmi, nonostante nella mia testa avevo già pensato alla possibilità di essere licenziato, o di avere una qualche punizione.
«Oh no, non vogliamo sapere i dettagli della tua vita amorosa. Siamo venuti a portarti i tuoi giochi, e per aggiornarti riguardo la missione.» la mia che?
Nonostante avessi qualche domanda da porre, cercai di concentrarmi sull'ultima parte del discorso.
«Falli entrare.» aggiunse il capo, rivolgendosi all'agente, che subito corse alla porta, chiamando altri agenti che portarono i miei "giochi".
«C'è un cambio di programma. Non dovrai più solo seguire e spiare il ragazzo, ma avvicinarti il più possibile a lui...e vedo che lo stai facendo bene.» tutte quelle informazioni...ed io mi ero appena svegliato.
«Signore, con tutto il rispetto, ma non crede che io sarei più in grado di portare a termine la missione, se sapessi almeno qual è il suo fine? Perché devo spiare Wooyoung, e quali informazioni devo ricavare?» cercai forse per la millesima volta di convincerlo a spiegarmi qualcosa, ma quell'uomo era un sasso.
«Tutto, devi informare i tuoi superiori di tutto ciò che fa, che ti rivela, tutte le cose che ti sembrano sospette. Ti abbiamo già dato troppi dettagli in precedenza. Segui gli ordini, San, sei un ragazzo intelligente.» e detto questo, si congedò. Le sue parole non erano state dure, il capo aveva sempre quell'aria da "so tutto io" e ironica.
Mio padre restò con me dopo che gli agenti ci lasciarono da soli, dicendo di voler parlare un po' da solo con me.
«La senti anche tu, eh?» mi chiese, ed io non capii.
«Cosa?»
«Quella puzza di bruciato. Qualcuno non ce la dice giusta.» sorride per rendere il discorso più leggero.
«Tu sai qualcosa, papà?» sperai che potesse dirmi qualcosa in più rispetto a ciò che aveva detto il capo poco prima, che almeno lui mi spiegasse come stavano andando le cose, dato che ero suo figlio.
Il suo sospirare ed abbassare lo sguardo, mi fecero capire che qualcosa in realtà sapeva.
«Ti prego, papà. Io devo sapere. Voglio essere un ottimo agente, proprio come lo sei tu.» cercai ancora di convincerlo a parlarmi, e lui sorrise, scuotendo la testa.
«Tu non devi essere come me, San. Tu devi essere migliore di me.» mi passò una mano tra i capelli, spettinandoli più di quanto già non fossero.
Non dissi niente, semplicemente aspettai che continuasse lui la conversazione. Dalla sua espressione sembrava che stesse cedendo, stava per parlare. E così fece.