Intro.

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San.

«Perché dovrei spiare un soggetto simile...?» San proprio non capiva.
Per quale strano motivo lo stavano incaricando di spiare un ragazzino che probabilmente non aveva neanche 18 anni?!
Lui era una spia di alto livello, (o almeno così gli piaceva definirsi), lui seguiva, spiava e hackerava persone importanti, non di certo un ragazzino qualsiasi!

Ora, San non ha mai spiato seriamente qualcuno in vita sua...(neanche quando si parla di stalkerare le proprie crush, dato che non ne ha mai avuta una vera e propria).
Lui ha una mente geniale: a 5 anni già sapeva leggere e scrivere, e ha hackerato il telefono di sua madre a soli 8 anni, perché voleva mandare un messaggio alla mamma di un suo amichetto, per chiedergli di far giocare con lui suo figlio. I suoi se ne accorsero leggendo il messaggio "perché noi due mamme non facciamo giocare insieme i nostri adorati figli?".

Crescendo, si è portato sempre più avanti, iniziando ad hackerare molto più che semplici telefoni.
Nonostante sapesse fare molto, San non aveva mai invaso la privacy di nessuno.
A volte aveva seguito suo padre a lavoro, curiosato un po' in giro, perché quello di suo padre era un lavoro che davvero ammirava. Ma mai si era spinto oltre.

Suo padre è un poliziotto. Un grande poliziotto, dice San. Ha una grande stima di lui, e da piccolo diceva sempre "quando sarò grande sarò proprio come te, papà".
Gli piace vederlo in azione, e andare a trovarlo sul posto di lavoro.
Quando è a casa, non desidera altro che aiutarlo.
Molte volte ha spiato tra i suoi documenti, volendo essere partecipe del caso che il padre stava seguendo, appuntandosi tutto su un quaderno senza farsi scoprire, per poi tornare in camera e cercare di risolvere il caso come se fosse un problema di matematica.

Queste cose gli piacciono così tanto, che un giorno non riuscì a frenare la troppa curiosità.
Era andato a trovare suo padre nel suo ufficio, portandogli caffè e ciambelle.
Quando poi un collega era entrato di corsa, avvertendo l'agente Choi di recarsi nella sala riunioni perché il Capo Polizia stava aspettando, San non era rimasto fermo lì come gli aveva ordinato suo padre.
Seguendo i due agenti era riuscito ad intrufolarsi nella sala, nascondendosi dietro l'ultima grossa poltrona.
Aveva ascoltato tutta la conversazione, tutte le informazioni che l'agente aveva fornito al Capo.

Parlavano di un criminale che era stato avvistato in un quartiere della città, ed erano venuti a conoscenza del piano del criminale di scappare fuori paese. Dovevano trovarlo prima che riuscisse nel suo intento, ma non sapevano come fare.
San aveva sentito anche qualche informazione riguardo a come fosse stato avvistato, da chi e come.
Così, mentre nella sua testa gli ingranaggi del suo cervello si mettevano in moto, non fece caso ad un agente appena entrato dalla porta che, notandolo, lo aveva tirato fuori dal suo nascondiglio.

Non appena suo padre lo vide, la sua espressione preoccupata si trasformò pian piano in una più arrabbiata.
San cercò subito di giustificarsi e chiedere scusa, ma venne zittito dal padre, che chiese al collega che aveva afferrato San per un braccio, di portarlo fuori.
San si ribellò e le provò di tutte, e quando pronunciò l'ultima frase "aspettate, so come acciuffarlo!" qualcosa scattò in qualcuno.
"Lui è tuo figlio?" chiese il Capo al signor Choi, mentre lui annuì mortificato.
"Facciamolo parlare." ascoltò tutto il ragionamento complesso di San, mentre parlava di come riuscire a catturare il malvivente.
"Sei intelligente, ragazzo. Ma dimmi, saresti capace di mettere in pratica tutto ciò che hai detto?"
San non ci pensò due volte, annuendo freneticamente "sì, signore".

Così si mise all'opera, smanettando su un computer che gli era stato dato, molto più avanzato e tecnologico del suo.
Gli agenti non riuscirono a spiegarsi come avesse fatto quel ragazzino a trovare il criminale prima di tutti loro.
Il capo della polizia era stupefatto, e suo padre era sicuramente molto fiero.

"Che ne dice di far entrare in polizia suo figlio, Choi?" aveva chiesto il capo, e subito dopo aveva aggiunto "Non in maniera ufficiale, ovviamente. Vediamo come se la cava, ci serve un hacker come lui. Gli daremo piccoli incarichi, e non correrà rischi di alcun tipo, te l'assicuro".
San aveva persuaso suo padre in tutti i modi, e alla fine era riuscito a convincerlo.

Il capo gli aveva sempre dato incarichi semplici, che non prevedevano di agire sul campo, o venire a stretto contatto con criminali.
Era facile per San. Gli piaceva poter essere d'aiuto e lavorare con suo padre.
Affrontava ogni sfida con serietà, senza distrarsi un attimo.
Hackerare un telefono, un computer, un intero sistema elettrico, o spiare dei sospettati, questi erano gli incarichi che riceveva.
Non aspettava altro di ricevere nuove indicazioni dal capo.

Ma non si sarebbe di sicuro aspettato una missione del genere, questa volta. Spiare un ragazzino. Per cosa poi?
Non gli era dato sapere che tipo di crimine questo ragazzino abbia compiuto, doveva solo spiarlo.
Ma proprio non capiva.
Cos'aveva di tanto speciale?
Neanche riusciva ad immaginarlo.
Sapeva solo che avrebbe portato a termine anche questo compito, in un modo o nell'atro.

«Lascia stare tutti gli incarichi che ti ho affidato precedentemente, San. Questo ragazzo dev'essere la tua unica priorità.» e con quell'ultima frase, il capo aveva lasciato la stanza, o meglio, quella specie di ufficio che avevano dato a San.

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