Apro gli occhi di colpo, una luce forte colpisce il mio viso.
"Buongiorno Lady Meredith." mi saluta la mia cameriera, mio padre, il re, chiama queste dolci donne 'serve', odio quando lo fa, loro non hanno niente in meno di noi, infatti Juliette è la mia migliore amica.
"Buongiorno Juliette." le sorrido, è davvero dolce con me. Purtroppo la mia espressione di felicità si interrompe, non riesco più a stare serena a lungo, non ne ho motivo.
Quando passeggio per le vie di Londra sento sempre dire alle persone: "Lei è la figlia del re! Chissà che bella vita che fa." e invece no, è vero, non devo mai fare nulla, sono ricca e privilegiata ma non per questo devo essere felice.
Mi alzo con calma dal letto e raggiungo subito la grande vetrata che si trova davanti al mio pianoforte, spalanco le ante e mi godo l'aria fresca di primavera. Poi prendo dall'armadio un vestito bianco e rosa con la gonna fatta su misura per me.
"Juliette!" la chiamo per aiutarmi a vestirmi, è un'abitudine per le 'privilegiate'. Qualche volta mi immagino vivere da povera, abitare in una piccola capanna in legno e godermi gli attimi della vita, ma so che non succederà mai, almeno finché sarò sotto il controllo di mio padre.
"Come state oggi Lady?" mi domanda quella dolce ragazza.
"Bene, grazie." non è vero, non sto mai bene, a parte in due momenti della giornata: l'ora del thè e- be' alle 10 del mattino, quando mi metto a suonare il pianoforte guardando attraverso la mia enorme vetrata.
Juliette mi sistema la mia folta chioma bionda e io la ringrazio. Apro la porta posta a lato del mio armadio ed esco da camera mia. Scendo le maestose scale di marmo pregiato e cammino verso la sala da pranzo.
"Buongiorno padre." mi rivolgo a lui fissandolo negli occhi.
"Hai fatto tardi oggi." sbotta con tono freddo, come sempre. Non mi scuso e mi siedo per fare colazione. "Ho detto: hai fatto tardi oggi." ripete come se volesse una mia risposta. Io annuisco fissandolo ancora. "Hai fatto tardi oggi!" mi urla contro, sbatto le mani sul tavolo e mi alzo in piedi.
"Mia madre non avrebbe detto nulla!" e vado via, mi rifugio in camera mia. Sento dei rumori forti e sobbalzo, poi un miagolio.
"Ah, sei tu Kira." e apro la porta per farla entrare, si sdraia sul mio letto accanto a me ed inizio a coccolarla. Bel risveglio, non ho neanche fatto colazione. Le mie guance iniziano a rigarsi di lacrime, mi manca tanto mia madre, era sempre dolce e comprensiva nei miei confronti. Mi alzo di botto e mi siedo sullo sgabello del pianoforte. Con l'indice sfioro uno dei tasti, poi lo premo ed infine le altre dita lo seguono, creando una sinfonia inventata al momento, è molto rilassante e lieve.
Alzo lo sguardo e sorrido nel vedere attraverso a questa gande vetrata, sorge una chioma mora in cima alla collina posta proprio davanti la villa reale. Questo è decisamente un sollievo. Ogni volta che lo vedo mi sento più leggera. Ho potuto notare solo poche cose di lui perché è sempre un po' lontano: ha i capelli mori, gli occhi color nocciola ed ha una lieve barba che gli sta da dio, inoltre ha un fisico stupendo. Mi domando se lui mi ha mai notata. Credo di no.
La mia gattina si posa sulle mie cosce mentre continuo a suonare. Chiudo gli occhi e mi faccio avvolgere dalla musica.
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Ho deciso, scendo in sala da pranzo per mangiare, d'altronde mica posso digiunare per una litigata famigliare.
"Quindi ti sei fatta viva." commenta. Non lo sopporto e mai lo farò.
"Si, padre." e gli sorrido per fargli capire che non mi interessa di lui e di quello che è successo.
Mi siedo a tavola e prendo in mano la forchetta argentata per addentare un po' di spaghetti. Sono molto saporiti, adoro la nostra cuoca. Mia madre non ne voleva sapere di una persona che cucinava al posto suo.
"Il trenta maggio verrai incoronata principessa." annuncia con un bicchiere di vino in mano, poi alza il braccio e sorride. Principessa? Io non voglio essere una principessa. Cioè l'idea mi piace ma mi spaventa.
"Perfetto." dico con un sorriso falso.
"Lo dovremmo annunciare a tutta la famiglia e alla stampa." mi si ferma il cuore, odio il resto della mia famiglia e- e la stampa!
"O-ok." rispondo titubante, ma lui fortunatamente non se ne accorge e si alza da tavola, lo seguo con il gesto e decido di uscire un po'. Mi metto delle scarpette comode e avviso mio padre della mia futura assenza.
Passeggio fino ad arrivare in centro Londra, mi guardo intorno e noto subito un'insegna con un fiore. E' da tanto tempo che devo comprarne uno per camera mia. Ce ne sono tanti ma il mio occhio cade solo su uno.
"E' un ciclamino." mi informa il fioraio. Lo prendo, gli porgo delle monete e lui mi fa un mazzo maestoso.
"Ecco per la futura principessa." cosa! Ha già informato tutti! Non è possibile.
Vado via di fretta, nel camminare sobbalzo, sento delle urla assordanti provenire dalla mia destra, mi volto e vedo due uomini litigare pesantemente. Mi nascondo dietro un albero per ascoltare la discussione senza dare nell'occhio.
"Non provare ad andarmi contro! Te l'ho detto sei licenziato." sbraita un uomo di mezz'età.
"Per favore capo! Ho bisogno di un lavoro!" risponde l'altro, ma l'altro lo conosco già. Ma certo non si può confondere la sua chioma spettinata. Indossa degli stracci: una maglietta con due buchi all'altezza della pancia, si possono intravedere i muscoli addominali, poi dei pantaloni della tuta sporchi di erba e terra. Ha delle labbra sottili ma con una forma particolare e marcata, il naso è all'insù e questa caratteristica dona a pochi uomini, ha pochissima barba e quando urla gli si formano le rughette sulla sua fronte sudata.
"Non chiamarmi più capo! E ora vattene." finisce il suo ex capo, alzo lo sguardo e capisco dove lavorava: una macelleria.
Il giovane sbatte uno straccio che ha in mano e se ne va senza accorgersi di me, per fortuna. Sospiro di sollievo, è molto più affascinante di quanto immaginassi.
Ecco il primo capitolo! Spero vi piaccia <3. Continuate a leggere (:
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My only sunrise || Dylan O'Brien
FanfictionLondra, 1902. Lady Meredith, figlia del re Albert Edward, oltre alle sue passioni per il pianoforte e la lettura, ha un hobby particolare: osservare dalla grande vetrata della sua camera un giovane pastore. La Belle Epoque dovrebbe essere un period...