Piano piano apro gli occhi, finalmente un nuovo giorno è arrivato, dico finalmente perché oggi lo rivedrò. Come ogni mattina la mia migliore amica mi saluta e mi pettina alla perfezione.
"Grazie ancora." e le sorrido abbracciandola. Scendo le grandi scale e mi siedo a tavola.
"Buongiorno." mi saluta mio padre, poco cordiale, come sempre.
"Buongiorno, padre, come state?" chiedo tutto d'un fiato, aspettandomi una sua risposta scortese.
"Sto pensando a mia moglie." afferma abbassando lo guardo, di colpo rattristisco e faccio scivolare la mia mano sopra al tavolo per accarezzargli la sua.
Manca tanto anche a me, era una donna d'oro.
"Io penso a lei sempre." mi chiedo perché le cose peggiori succedono alle persone buone, la morte è giunta su lei senza alcun motivo. A dire il vero non so neanche come sia successo, mio padre omette sempre questo dettaglio. Ho perso mia madre e sono all'oscuro di tutto.
Mi alzo da tavola ed esco subito dalla grande villa per incontrare il nostro famoso lavoratore, spero solo che mio padre lo paghi bene. Faccio il giro del posto e lo osservo attentamente mentre usa l'aratro sul suolo fertile.
"Buongiorno Lady!" esclama senza fermare il suo duro lavoro, i lisci capelli gli ricadono bagnati sulla fronte sudata.
"Buongiorno, come prosegue il lavoro?" gli chiedo, lui mi sorride e poi prosegue: "Bene, grazie!" come fa ad essere sempre felice? Però amo vedere quel sorriso, gli si formano delle piccolissime rughette al termine degli occhi che lo rendono adorabile.
"Faresti bene a prenderti una pausa." gli consiglio con secondo fine, lui fa un risolino.
"No, tranquilla, Lady, devo terminare." e si volta.
"Dovresti obbedire alla futura principessa." termino vedendolo arrivare verso di me. Passa le sue dita fra i capelli provando a sistemarli, però li ha resi molto più scombinati.
Si siede su una panchina color rosso e sospira. Io mi avvicino un po' e lo guardo.
"Ho notato dalla vostra grande vetrata che voi avete un pianoforte." mi comunica facendomi arrossire. Ha il braccio posato sullo schienale della panchina.
"E perché guardi la mia finestra?" mi metto a ridere e lui arrossisce, forse più di me.
"In ogni caso, si, amo suonare il pianoforte." annuncio. Lui fa un'espressione sorpresa e poi si congratula.
"Siete felice di diventare principessa?" mi domanda con aria curiosa. Non so se dirgli la verità o mentirgli, sì non avrebbe senso ma almeno non faccio la scena della drammatica.
"Si, molto." affermo poco convinta, lui sembra notarlo, perfetto.
"Ditemi la verità." aggiunge guardandomi comprensivo mentre si gratta il mento. Abbasso lo sguardo e senza accorgermene mi scende una lacrima.
"Tranquilla, potete dirmi tutto a me, so mantenere i segreti." annuncia fiero di se, ma pieno di compassione per me. Mi afferra la mano e la stringe delicatamente, dopodiché sorrido. Ha le braccia piene di vene che lo rendono ancora più ammaliante.
"Penso che, quando diventerò principessa, sarò chiusa in una sorta di gabbia, non potrò essere libera e dovrò attenermi a tutto quello che mi dirà o ordinerà mio padre." dico tutto d'un fiato mentre sento le mie guance rigarsi di lacrime.
"Può darsi, ma ricordatevi una cosa: quando vi sentirete sola, potrete venire da me, sono un buon ascoltatore e vi potete fidare. Comunque io so che voi supererete tutti gli ostacoli, ne sono sicuro, siete una donna forte, si vede." e io accenno un sorriso. Quest'uomo mi riscalda il cuore con le sue dolci parole. Ma si alza di colpo e sospira.
"Scusatemi, ora devo mettermi a lavoro, o vostro padre mi licenzierà." e se ne va, lasciandomi sola con i miei pensieri. Vorrei sapere di più su lui, ma non sembra volerne parlare, in fondo lo capisco, neanche a me piacerebbe confessargli di mia madre.
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Entro in casa e noto mio padre seduto sul grande divano del nostro salotto.
"Buon pomeriggio, figlia. Per favore accomodati." ed io eseguo i suoi 'ordini'.
"Mi devi parlare, padre?" chiedo svogliata, non ho proprio voglia di ascoltare quest'uomo noioso.
"Si." esita. "Devo preoccuparmi?" chiede con tono arrabbiato, ma di cosa parla?
"Di cosa, padre?" e lui sospira battendo un pugno sul fianco del divano, che sclerato.
"Mi chiedi pure il motivo? Quell'insignificante pastore!" sbraita, non ci credo, è geloso del nostro contadino Dylan.
"Ma padre, secondo te io potrei mai provare qualcosa per un uomo del genere? Povero, senza un valore sociale?" chiedo, mentendo. Certo che potrei amare un ragazzo del genere.
"Scusami, figlia, ho esagerato. Hai ragione." conclude dandomi la buonanotte. Corro su verso camera mia e mi rifugio nel mio letto, scoppiando in lacrime. Non sopporto più questa vita.
Ho paura che mio padre faccia qualcosa a Dylan, lo so, forse sono paranoica, ma me lo posso aspettare da lui. Devo dire a Dylan di andarsene, anche se non vorrei.
Non so neanche dove vive, quindi lo avviserò domani mattina, appena arriverà.
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My only sunrise || Dylan O'Brien
Fiksi PenggemarLondra, 1902. Lady Meredith, figlia del re Albert Edward, oltre alle sue passioni per il pianoforte e la lettura, ha un hobby particolare: osservare dalla grande vetrata della sua camera un giovane pastore. La Belle Epoque dovrebbe essere un period...