Torno alla villa reale sorridendo, sorrido perché finalmente sono riuscita a vedere da più vicino l'uomo che ogni giorno, senza saperlo, mi fa scappare dalla realtà, dalla terribile realtà.
Ho ancora in mano il mazzo di ciclamini, profumano tantissimo. Entro in casa e riempio il vaso che ho conservato per questo momento. E' rosa, abbinato alla stanza, con dei rilievi eleganti di colore bianco. L'acqua arriva fino a metà recipiente e salgo le scale. Lo poso accuratamente sopra una mensola di camera mia, di fianco alla fotografia della mia amata madre.
Non ho fame questa sera, quindi decido di mettermi a letto. Chiudo gli occhi coccolando Kira e mi perdo nei meandri dei miei sogni.
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"Ricevuto, re!" socchiudo gli occhi difficilmente a causa della forte luce. Quella voce mi ha svegliata. Non so chi sia, anche se la trovo famigliare e sicuramente si stava rivolgendo a mio padre.
"Siete già sveglia, Lady." dice Juliette entrando nella mia stanza. E' sempre così solare e radiosa, porta serenità.
"Si, mi ha svegliata una voce dal nostro giardino." le comunico e lei fa un'espressione confusa.
"Anche io l'ho sentita, ma non so chi sia." e fa spallucce, inizia a pettinarmi accuratamente. Senza perdere tempo scendo di corsa le scale, pur non essendo neanche vestita come una futura principessa.
"Buongiorno, figlia." mi saluta radioso mio padre, stranamente è felice. Appena alzo lo sguardo per ricambiare il saluto mi blocco, spalanco gli occhi e poi li strabuzzo. Credo sia solo la mia immaginazione, sto diventando pazza.
"B-buongiorno, p-padre." ma mentre dico questo, fisso ancora sorpresa l'uomo che si trova alla sua destra.
"Ti presento Dylan, è il nostro nuovo contadino, per premiarlo del suo già ottimo lavoro l'ho invitato a colazione." mi comunica a trentadue denti. Rimango impalata e provo a sorridergli. Non ci credo ancora che lui lavora qui.
Lo dovrò vedere ogni giorno! E-e in ogni caso è magnifico.
"Buongiorno, Lady Meredith." e mi porge la mano, a scatti gli do la mia e poi mi viene in mente il mio stato! Non sono neanche vestita seriamente. Che figuraccia.
Ci sediamo a tavola e io tengo lo sguardo basso senza dire una parola.
"Bene, Dylan, raccontaci la tua storia." dice mio padre, e lui sospira ed il sorriso che aveva in volto svanisce.
"Solo se ti va." intervengo per farlo sentire a suo agio. Lui si alza in piedi e fa ritornare la sua espressione serena di sempre.
"Scusatemi, ora vado a lavoro, si è fatto tardi." e io con mio padre lo salutiamo. Lo ha veramente messo a disagio, forse non si crede all'altezza di mio padre.
"E' veramente un ragazzo fantastico, ed è strano che io lo dica essendo uno schiavo." e fa un risolino.
"Padre!" esclamo per quel termine di cui sa che mi da fastidio. Poi mi alzo in piedi e raggiungo camera mia. Viene con me la mia gattina. Con la mia delicata mano scosto l'elegante tenda ricavata a mano della mia enorme vetrata e, provando a coprirmi gli occhi dalla forte luce solare con il dorso della mano, vedo subito quel ragazzo che, ora, sta lavorando.
Dalla sua maglietta di cotone bianca si intravedono i suoi pettorali e le sue possenti braccia di cui i loro muscoli si tendono per lo sforzo. Sta zappando la terra. Inoltre gli ricadono sul volto alcune gocce di sudore, non so come facciano questi poveri uomini a lavorare con tutto questo caldo.
Ad un certo punto si volta verso la mia finestra e io, sobbalzando, chiudo la tenda e mi sdraio sul letto con braccia aperte. E' veramente stupendo.
4 giorni dopo
In tutto questo tempo non ho mai avuto coraggio di andare a salutare il cosiddetto Dylan, mi concedevo solo di guardarlo dalla finestra, ma ora è la fine della me timida ed insicura. Sono pronta e bellissima per scendere nei campi.
Esco da camera mia e fortunatamente mio padre non sembra esserci, quindi vado tranquilla verso quel giovane ragazzo.
"Buongiorno, Lady." e fa un piccolo cenno col capo, togliendosi il cappello di feltro che ha addosso.
"Buongiorno." e gli sorrido, penso di avere le guance rosse! Continua a lavorare e io provo ad andare verso di lui, ma mentre faccio questo mi sento il piede impigliato in qualcosa, poi faccio un altro passo e- e mi ritrovo senza equilibrio con le braccia per aria! Però, prima ancora di sentire la terra sui miei vestiti e sulla mia pelle, qualcuno mi sorregge, questo qualcuno tiene un suo braccio sotto al mio e una mano poggiata sul mio fianco.
Alzo lo sguardo e finalmente capisco chi è che mi ha salvato i costosi abiti: Dylan. Ci guardiamo negli occhi per un po' e provo per la prima volta la sensazione magica di cui parlano sempre i romanzi: le farfalle nello stomaco. Riabbasso il volto.
"O-oh, grazie." esclamo imbarazzata, iniziamo bene.
"Tranquilla, però devi stare più attenta." e mi sorride per farmi sentire un po' meno in soggezione.
Però a farmi sentire in soggezione è un'altra cosa, è come se sono osservata. Mi volto di colpo e attraverso alla finestra del salotto della villa reale scorgo mio padre. Spero non si sia fatto strane idee.
Ho paura di quello che potrebbe fare o dire a Dylan se vede in lui un comportamento strano verso di me. E' troppo geloso e vuole decidere l'uomo con cui sposarmi, cosa che io, ovviamente, gli ripeto che non se ne deve occupare lui dato che è la mia vita e tra poco diventerò principessa. Si è così, non riesco ancora a crederci. Il mio futuro sembra così bello, ma io penso sia il contrario.
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My only sunrise || Dylan O'Brien
FanficLondra, 1902. Lady Meredith, figlia del re Albert Edward, oltre alle sue passioni per il pianoforte e la lettura, ha un hobby particolare: osservare dalla grande vetrata della sua camera un giovane pastore. La Belle Epoque dovrebbe essere un period...