XVII. Lille

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Canzone consigliata: Transmission, Joy Division.

Lasciavo dietro a me solo una scia di amarezza e profondo rancore.
In quel momento niente più, per me, era una certezza.
Sarei voluta correre tra le braccia di Turner.
Sentirmi chiamare ancora Moreau.
Sapere cosa fare.
Ma ero sola, in un vicolo cieco.
L'asfalto scorreva veloce mentre piccole gocce di pianto venivano timidamente spazzate via.
Avevo bisogno di riflettere. Ascoltare la mia tristezza più da vicino. Trovare una risposta.
Il parco di Clapham Common fu il primo posto a cui pensai, per trovare un po' di pace.
Mi sedetti su una panchina e stetti immobile, ascoltando il vento soffiare tra le fronde degli alberi mentre mi sforzavo di trattenere le lacrime, facendo bruciare sempre di più gli occhi.
Un ragazzo e una ragazza, mano nella mano, passarono davanti a me, con i loro visi pacati, la loro spensieratezza nella confidenza che nutrivano l'una nei confronti dell'altro. E fu così che scoppiai in un pianto liberatorio, che aspettava di divampare da molto: era l'unico modo che avevo per sfogarmi, per cercare di evadere da quella gabbia di pensieri. Cercavo conforto in quella mia costernazione, anche se l'unica cosa che avrebbe potuto consolarmi in quel momento era un frutto proibito.
"Cosa succede, tesoro?" Disse una voce.
Notai una signora anziana sulla novantina, seduta vicino a me: in testa aveva un cappellino di lana con qualche fiorellino ricamato sopra, e davanti a lei, il suo fedele girello.
Asciugai rapidamente le gote umide.
"Oh, niente... sciocchezze, davvero." Ammisi, mostrando un piccolo e falso sorriso.
"Cara, sarò anche vecchia ma di certo non sono stupida. Le conosco bene quelle lacrime e non vengono versate per sciocchezze. Di chi si tratta?"
Sospirai, portandomi qualche capello dietro l'orecchio. La signora continuava a guardarmi.
"Si chiama Alex...Alexander." Mormorai, con voce soffocata.
"Ti ha spezzato il cuore?"
"...No, anche se credevo che quello a dare problemi sarebbe stato lui."
"L'hai perso?" Mi chiese.
"No...non ancora." Riflettei.
"Allora cosa mai potrebbe impedire ad un così giovane amore di crescere?"
"Una decisione."
"Che tipo di decisione?"
" Scegliere tra lavoro a cui aspiro e ambisco da quando sono bambina e la persona che credo di amare."
Distolse lo sguardo da me per qualche secondo, guardando prima in basso e poi verso l'orizzonte. 
"Lo senti?"
"Cosa?" Le domandai, placidamente.
"Questo rumore. Sai cos'è?"
"Mhh, non penso."
Inspirò, riempiendo i suoi vecchi polmoni di giovane aria.
"È il tempo."
Mi guardai un po' attorno, leggermente confusa: in quel momento pensai di essermi imbattuta in una sorta di sciamano, o robe simili.
"I-il tempo?"
Lei sorrise.
"È normale che tu non lo senta, sei una bellissima e giovane ragazza. Hai ancora tutto il tempo di sbagliare, rialzarti ed andare avanti quante volte vuoi..." Sospirò, per poi riprendere "...il mio tempo invece sta per scadere e ogni giorno il suo scorrere ininterrottamente mi tormenta, ma di per sé la morte non mi spaventa..."
Io forse un po' di paura per quel discorso ce l'avevo, non capivo dove volesse arrivare.
"... Non rimpiango l'amore che ho provato, non lo rimpiangerei mai. Anche perché prova tu a passare sessant'anni con una persona che non ami, poi mi fai sapere."
Increspai le labbra, in quello che sembrò essere un sorriso vero.
"Quello che voglio dirti è che...nonostante un lavoro ti piaccia, ti farà sempre tornare a casa stanca e talmente frustata da non voler vedere nessuno se non una bottiglia di vino. Ma è proprio quando torni e vedi quella persona, che ti completa, che ti fa dimenticare del capo, dei colleghi e di ogni problema al di fuori di quelle quattro mura, che capisci l'importanza di avere una persona che ti aspetta a casa."
Rimasi in silenzio guardando il cielo, mentre le parole della signora mi accarezzavano dolcemente le orecchie.
"Vorrei non dover rinunciare."
"E infatti non devi. Vedi, è proprio la combinazione di queste due cose che ti darà la risposta."
"In che modo?"
"Vivendo, cara, vivendo."
Ero ancora più confusa di prima; quelle parole anche se così vissute, non mi aiutarono più di tanto. Per me, solo una voce poteva rendere più limpido quell'enorme rompicapo.
"Cosa devo fare?" Mormorai, con gli occhi nuovamente inumiditi.
"Seguire il tuo cuore."

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