XVIII. French lady

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Canzone consigliata: Lullaby, The Cure.

'La paracusia, è una forma di allucinazione che consiste nella percezione di suoni senza uno stimolo uditivo. Questo può essere associato a disturbi psicotici come la schizofrenia, le manie, o anche la depressione maggiore, e riveste un significato particolare nella diagnosi di queste patologie.'

"Sono messa peggio di quanto pensassi."
Stavo lì, sul divano in soggiorno in preda a mille pensieri; una tazza di tè bollente in una mano, diluito con un po' di latte e nell'altra il telefono, che sosteneva però il peso di ben oltre 250 ricerche, tutte sullo stesso argomento: sentire la voce di qualcuno che ti manca.

'È comunque possibile udire voci senza soffrire di una malattia mentale diagnosticabile.'

"Ah beh, allora sono più tranquilla."
Non avevo fame, avevo solo un buco allo stomaco. Ormai era quasi mezzanotte e l'unica cosa che regnava in casa mia era il silenzio, accompagnato da un leggero ronzio di motori che veniva dalla strada.
Fu quiete fino a quando non mi squillò il cellulare tra le mani. Non avevo nessuna voglia di rispondere, ma mi sembrò il minimo dato che ero scomparsa senza dire niente a nessuno.
"Ehi, Cecille." La voce roca e stanca di Violet, si fece strada nelle mie orecchie.
"Ehi."
"Mi rendo conto che è praticamente mezzanotte ma, volevo assicurarmi che stessi bene. Non ti vedo da quando te ne sei andata oggi e non ho più saputo niente. Eravamo parecchio in pensiero per te."
"Sto bene Vi, avevo solo bisogno di staccare un attimo. Mi dispiace di essere scappata così, senza preavviso; avevo troppe cose per la testa e rifugiarmi a casa mi sembrava la soluzione più adatta per non dare altri problemi."
"Sai che per qualsiasi cosa ci sono, vero?"
"Grazie, ti voglio bene. E non ti preoccupare, mi faccio sentire io."
"Abbi cura di te."
"Riposati. A presto."
"Buonanotte."
Mi sentivo un vero schifo.
Mentre lasciavo che i saluti di Violet si affievolissero in quel tempo contato dai centesimi di credito sprecato, riflettevo sul fatto che le avevo fatte comunque preoccupare, e per quanto quell'atto di andarmene non volesse creare problemi, ne creò inconsciamente un altro.
Perché non parlavo con loro del problema?
Era insostenibile persino per me, dovevo ancora digerirla, assimilare quella parole così taglienti. Violet e le altre avevano ben altro a cui pensare, non avevo intenzione di fare la disperata un'altra volta, o perlomeno di fare la disperata collettiva, quella volta me la sarei gestita individualmente.
D'un tratto si illuminò lo schermo: 3 notifiche da 'Alex'.
"Ti prego, non rendere le cose più difficili di quanto già non siano." Dissi, come se in qualche modo potesse sentirmi.
Decisi di aprire i messaggi, non potevo far finta di niente.
A: Domani ti posso rapire? (18:30)
A: Ho bisogno di vederti. (18:30)
A: Moreau, mi tormenti i pensieri. (23:45)
Lui non mi tormentava solo i pensieri, mi tormentava l'anima. Ero in un turbine di emozioni e non avevo la minima idea di come agire o peggio, se agire.
Continuavo a chiedermi perché. Perché dovevo perdere la persona che aveva rimesso insieme tutti i miei pezzi? Perché stava succedendo proprio a me?
Avevo già perso la persona che amavo in passato, non poteva finire di nuovo così; questa volta per mano mia.
Per me, quel gesto equivaleva un po' come all'autolesionismo: soffrivo, pensando di fare un qualcosa che mi avrebbe fatta stare bene in futuro, ma mi stavo solo rovinando, un'altra volta.
L'occhio si inumidì, sfocandomi la vista; ed in quel momento capii che l'unico modo che avevo per farla durare ancora per un po' di tempo, era mentire, inventarmi delle scuse.
Il mio non era un tentativo di fuga o di imbroglio, bensì il mio ultimo tentativo di salvataggio.
Non volevo dire addio alla persona che amavo.
C: Purtroppo il tuo ostaggio si è preso un bel febbrone, e tra le raccomandazioni del medico sfortunatamente non ci sono rapimenti. (00:50)
Dopo neanche venti secondi, la sua risposta non tardò ad arrivare.
A: Allora sono ancora nei tuoi pensieri. (00:50)

C: Giornata impegnativa :( (00:51)

Rispondevo come se quella fosse una normale chiacchierata, tranne per il fatto che non c'era nessun febbrone e l'unica cosa che c'era in me, era un senso di malinconia inappagabile. Volevo mi rapisse, mi portasse in un posto lontano, lontano da qualsiasi cosa. Volevo che l'unica cosa a sentirsi fossero i nostri respiri, le nostre risate, il suono delle nostre labbra che si rincontravano: questo desideravo più di qualsiasi altra cosa.

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