- 𝘤𝘩𝘢𝘱𝘵𝘦𝘳 𝘧𝘰𝘶𝘳𝘵𝘦𝘦𝘯

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„𝙻𝚎 𝙵𝚊𝚒𝚍𝚎 𝙵𝚒𝚗𝚒𝚜𝚌𝚘𝚗𝚘 𝙲𝚘𝚖𝚎 𝚂𝚘𝚗𝚘 𝙸𝚗𝚒𝚣𝚒𝚊𝚝𝚎"

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„𝙻𝚎 𝙵𝚊𝚒𝚍𝚎 𝙵𝚒𝚗𝚒𝚜𝚌𝚘𝚗𝚘 𝙲𝚘𝚖𝚎 𝚂𝚘𝚗𝚘 𝙸𝚗𝚒𝚣𝚒𝚊𝚝𝚎"

«Sembra morto»

«Per la trentesima volta, Sam. Non lo è» insistetti trascinandolo dall'altra parte della stanza, poiché si era avvicinato troppo al corpo di Bucky, incatenato ad un macchinario curioso.

Dopo averlo steso, io e Steve eravamo corsi da Sam. Il nostro piano non era così accurato ma a tutti e tre venne in mente una sola cosa. Proteggere Bucky. Quindi, lo portammo in una vecchia fabbrica che nessuno aveva intenzione di visitare durante il giorno, e lo bloccammo per non ritrovarci qualche sorpresa da parte sua.
Erano ore, ormai, che aspettavamo che si risvegliasse ed ero stanca di sentire battute sul fatto di averlo quasi ucciso con quella mossa.
Sapevo quello che facevo... più o meno.

Sam si dilettava a punzecchiarlo proprio per ricevere una sua reazione, che non arrivò mai. Soltanto dopo che decisi di alzarmi e andare a fare una passeggiata per i corridoi sudici dell'edificio, che il nostro amico aprì gli occhi.
Non lo avevo mai visto così... stremato. Sembrava veramente un morto; pelle pallida e sporca, l'intero fisico abbandonato a se stesso e i capelli che avevano un modo tutto loro di partecipare alla combo.

«Steve» chiamò la sua voce debole.
Il diretto interessato corse verso la stanza in cui ci trovavamo e subito porse la domanda che entrambi io e Sam ci eravamo chiesti, ma che non avevamo abbastanza coraggio da sollecitare.

«Con quale Bucky sto parlando?»

Con molta difficoltà nell'alzare il suo viso, rispose lo stesso guardandolo negli occhi. «Tua madre si chiamava Sarah. E tu ti riempivi le scarpe di fogli di giornale» rise rimembrando i tempi che furono.

Lo imitai sorridendo e pensando a uno Steve adolescente che tentava di essere uguale a tutti gli altri, ma che non sapeva quanto fosse speciale così com'era.

«Questo non si legge nei musei» ribatté Steve, anche lui allargando le labbra in un sorriso.

«All'improvviso, adesso è tutto a posto?» chiese Sam retoricamente, annientando la magia che si era creata tra i due migliori amici che non parlavano seriamente da anni.

Infatti, gli diedi uno schiaffo sul braccio. In tutta risposta mi lanciò uno sguardo infastidito e ricambiò il gesto.

«Questa è violenza sulle le donne, Wilson» sussurrai schernendolo, facendo un passo in avanti.

Sapevo, anche se non lo vedevo, che aveva alzato gli occhi e incrociato le sue braccia nervoso, dopo aver sospirato rumorosamente.

Age Of Caos » Steve RogersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora