Capitolo 4

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Me ne stavo seduto qua.

Pensando a me stesso. A quanto stupido e vulnerabile sono stato per accettare di venire a questo party. Davvero Harry? Dopo una settimana dall'inizio del college già mi ribellavo alle mie morali?

La mia follia.

Fissavo continuamente i miei guanti e il tappeto nello sfondo della mia visuale, il quale era di un bianco sfocato, quasi sporco.

Perché mi hai lasciato solo, Louis?

Venni interrotto dal mio stato di trance quando Louis si sedetti vicino a me.

"Ti stai divertendo?" rise Louis, notando il mio sconforto, "Tieni, ti ho portato un drink." 

"Mi hai portato a un party e mi stai dando un alcolico? Bella merda." mormorai tra me e me, e lui rise di nuovo. 

"C'è solo un po' di alcol." sorrise, gesticolando con il, classico bicchiere di plastica rosso che deve esserci in ogni festa tra adolescenti che si rispetti.

"Sto bene così," lo interruppi prima che potesse darmi il bicchiere e cambiando visuale, "Probabilmente è appiccicoso."

"Hey, cos'hai che non va? Sto solo cercando di farti entrare nel mood." disse scattante.

"Quale mood? Il 'mood sesso' o quello 'ubriaco' oppure quello 'io passo'? No grazie Louis."

"Sei venuto alla festa." rispose lui, intelligentemente.

"Sono venuto perché, " completai la frase per conto mio, "perché mi avevi detto che mi avresti comprato un paio di guanti nuovi. E sai cosa? non erano nemmeno quelli a convincermi, ma la tua gentilezza." guardai nei suoi occhi.

Ma quello che disse dopo mi spezzò il cuore.

"Ma a chi cazzo importa dei tuoi guanti." si alzò in piedi mentre pronunciò quelle parole. Si fermò come se avesse capito di aver sbagliato, ma ormai l'errore era fatto.

Mi ruppe ancora un po', un po' più in profondità di quanto già non ero. Perché i ragazzi con la faccia da angeli, non lo erano nel profondo. Me lo meritavo tutto questo?

Me ne stavo seduto qua. Silenziosamente; come se non mi avesse rotto l'anima quando in realtà doveva aiutarmi a ripararla. Chiamatemi stupido e ingenuo, ma questo succede quando non sei abituato alla gentilezza e loro pian piano si tolgono quella maschera fatta di bravura e inganno.

Il posto vicino a me era vuoto. L'ubriacone Louis era ancora qua, ma si trovava tra le nuvole. Volevo essere da qualche altra parte, ma non potevo.

Iniziai a piangere. Perché, perché- pensavo fosse l'inizio di qualcosa di nuovo, come lo sbocciare di un fiore mai visto. Una fioritura. No, quello che avevo io erano petali secchi e foglie stropicciate.

Me ne stavo seduto qua, con una lacrima a percorrermi il viso e lo sguardo basso. con il dorso del guanto la asciugai. Stupido Harry.

Mi alzai e andai via. Il luogo della festa non era tanto lontano dalla casa della confraternita. Mi ringraziai mentalmente per essermi ricordato la piantina del luogo.

Camminai lentamente, tirando su col naso di tanto in tanto. Il freddo che si mischiava con le mie lacrime non era dei migliori; tutto ciò che avevo era un po' di moccio. I capelli nascondevano il disastro che era il mio volto. Speravo solo che Louis se la stesse passando bene, anzi, benissimo. Quanto è veloce affezionarsi a qualcuno che ti distrugge; è tanto difficile ignorare quello che ti ha fatto e andare avanti?

Mi buttai sul letto a fissare le ore che non passavano mai, finché non mi addormentai.

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Erano le nove di mattina quando iniziò a 'comportarsi'. Magari era grazie a quelle lezioni di recitazione.

Mi sedetti sul letto e strofinai gli occhi verdi, un po' rossi e gonfi per il pianto della sera prima. Sentii l'acqua scorrere e dei pettini pettinare dei capelli. Louis. Ecco quando si girò, mi fronteggiò, e il suo cipiglio fece la sua parte nell'aria di recitazione che vagava nel vuoto.

La sua espressione era coperta del rimpianto e dai postumi di una sbornia. Non sapevo di preciso quale delle due occupasse maggiore posto; in entrambi i casi, era anche pieno di stronzate.

"Scusami, Harry." disse lui.

Non volevo ascoltare quelle due parole.

"E' ok." forzai un sorriso.

"No, non lo è," rimarcò la frase, "non lo è. Mi faccio schifo da solo." si potrebbe immaginare come io mi senta ora, Wow.

Lo  guardai, e volevo ferirlo a mia volta, o almeno volevo provarci, "Non ti preoccupare, ci sono abituato". Mi sentii orgoglioso di me stesso quando si girò e nella sua faccia c'era chiaro disprezzo e disgusto verso di sé.

Tentò, "No Har-"

"Non mi parlare. Non peggiorare la situazione.", sussurrai, "Non lo fare." camminai verso la porta e finalmente me ne andai in cerca delle classi.

Una settimana. Una fottuta settimana. E stavo già ricadendo dentro quel tunnel buio soprannominato 'depressione'.

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